Ecco il momento tanto atteso e temuto dell’anno, quello della compilazione dei migliori album del 2017. Le modalità di ascolto della musica sono cambiate in maniera drastica, adesso possiamo trovare letteralmente tutto a disposizione, in qualsiasi momento ed in qualsiasi modo. I servizi di streaming hanno giorno dopo giorno soppiantato sia la vendita dei cd che quella del download della musica “liquida”, lasciando la vendita del supporto fisico ai (quasi) soli appassionati, che sempre più spesso prediligono il caro vecchio vinile. Anche se alle volte il metodo barbaro di trasferire in vinile i master digitali rendono il formato in 12″ purtroppo di scarsa qualità.
Fare una classifica dei migliori album del 2017, visto il numero gigantesco di uscite annuali, è un’impresa ardua, e da alcuni viene considerato anche un inutile esercizio di stile: difficile stabilire gerarchie, e soprattutto, fissare i “giusti” parametri da usare. Quali sarebbero? In base a cosa?
Impossibile ascoltare tutto, troppe le pubblicazioni e troppo poco il tempo quotidiano a disposizione per ascoltare nuova musica con l’attenzione che spesso meriterebbe. Ad esempio anche quest’anno ho compilato un elenco dei migliori album del 2017 che arriva alle 90 unità, ma mi rendo conto che magari alcuni album messi in fondo hanno avuto meno ascolti a disposizione e meno possibilità di essere apprezzati. Ma il tempo è tiranno e la realtà di Sounds & Grooves è davvero pochissima cosa (visto che sono l’unico a gestirla nella sua totalità) se paragonata a corazzate del mondo delle webzines musicali come OndaRock (di cui sono un orgoglioso collaboratore), SentireAscoltare dello stimatissimo Stefano Pifferi, Distorsioni, o gli splendidi blog personali di autentici giornalisti professionisti ed enormi conoscitori di musica come Eddy Cilìa, Carlo Bordone e Federico Guglielmi, tanto per citare i primi che mi vengono in mente. I limitati ascolti poi vengono filtrati attraverso la nostra particolare sensibilità, assecondando i gusti personali e la nostra attitudine musicale. In questo spazio ho voluto semplicemente buttare giù, come appuntandoli su un taccuino, i migliori album del 2017, quelli che ho ascoltato di più e che sono riusciti maggiormente a coinvolgermi tra quelli usciti in questi ultimi 12 mesi, e condividere con voi la mia interpretazione, il mio modo di sentire. Nonostante ci siano un milione di classifiche sparse nel web, sia quelle compilate dalla varie (più o meno trendy) music webzines e magazines, che quelle postate sui vari profili personali dei social networks, credo che da ognuna di queste ci sia sempre da qualcosa da imparare, uno o più nomi da annotarsi per approfondire con curiosità.
In calce ai 50 migliori album del 2017 che più hanno segnato la mia annata musicale, troverete un’altra lista composta da outsiders, album che non sono entrati nella Top 50, sfiorando la mia personale eccellenza, ma che per molti di voi potrebbero invece essere degni della portata principale. Nei 90 titoli che formano questa lunga lista, ce n’è per tutti i gusti. La mia particolare preferenza quest’anno è andata a chi ha saputo coniugare il rabbioso spirito punk con una struttura musicale completamente diversa, ma nella playlist c’è spazio per la classicità, per l’indie-rock, il songwriting, i tradizionalisti, il rock classico, le musiche avant-qualchecosa. C’è sempre un oceano di musica da scoprire, e molti (me compreso) non sono riusciti a rinunciare al fascino irresistibile dei tesori (o presunti tali) sommersi, avendo come risultato un’enorme varietà di nomi all’interno delle singole playlist.
Discorso a parte meritano le ristampe e quelle etichette (Light In The Attic, Superior Viaduct, Numero Group, Cherry Red tanto per citarne alcune) che hanno riportato alla luce o ampliato in maniera scintillante autentici capolavori, alcuni ripescati dall’oblio, altri semplicemente tirati a lucido. Ho compilato una piccolissima classifica anche delle mie preferenze in tal senso.
Ogni classifica dei migliori album del 2017 porta una scintilla per rinvigorire quella fiamma appassionata dentro ognuno di noi. Da parte mia, per questo anno appena trascorso, un ringraziamento particolare va a Emanuela Bonetti e a Claudio Fabretti che mi hanno voluto nelle splendide famiglie di Oca Nera Rock e di Onda Rock. Un abbraccio speciale va sempre a quella che è la mia “famiglia” da sempre, prima in FM e poi sul web, ovverosia quella splendida podradio chiamata Radiorock.TO The Original che quest’anno festeggia la 12° Stagione online.
#everydaypodcast
#1
SLEAFORD MODS English Tapas (Rough Trade)
Sulla forza rabbiosa degli Sleaford Mods già mi sono espresso più di una volta, dopo la recente uscita dell’EP intitolato T.C.R. era molto atteso il loro esordio sulla lunga distanza per la storica etichetta britannica Rough Trade. Il primo disco dopo Brexit del duo punk-hop di Nottingham formato da Jason Williamson e Andrew Fearn, è al solito devastante, il solito concentrato di invettive feroci condite da una base musicale sempre all’altezza della situazione. English Tapas descrive in maniera rabbiosa il declino di una nazione che si sente superiore alle altre, che Williamson sputa fuori in un flusso inarrestabile e non facile da capire per noi italiani. I due spiattellano con cruda onestà le piaghe non solo inglesi ma sociali in generale, lanciando frecciate avvelenate agli appassionati della cucina biologica, ai cultori del fitness, alla dipendenza da droga e alcool, al tessuto sociale in un flusso ininterrotto. La loro formula è ormai facilmente identificabile, ma la semplicità con cui i due la fanno evolvere rimanendo fedeli a loro stessi è meravigliosamente spaventosa. Nessun gruppo incarna meglio di loro la vera essenza del punk, nessuno rimane a livelli così qualitativamente alti al giorno d’oggi. Sleaford Mods: in assoluto i #1. (Leggi la recensione)
Listen: B.H.S.
#2
THE DREAM SYNDICATE How Did I Find Myself Here? (Anti-)
Cinque anni dopo essersi riuniti esclusivamente per alcuni concerti, i The Dream Syndicate, una delle band cardine del Paisley Underground hanno pubblicato il loro primo album dopo ben 29 anni di silenzio, How Did I Find Myself Here? infatti è il primo disco della band di Steve Wynn dopo Ghost Stories uscito nel 1988. La band che vede oltre a Wynn il batterista originale Dennis Duck, il bassista Mark Walton (che si unì al gruppo dopo l’uscita di Medicine Show) e il chitarrista Jason Victor, che suona nei The Miracle 3, l’altra band di Steve Wynn, aveva iniziato a registrare l’album nel 2016. Ed è un album incredibilmente bello, che suona allo stesso tempo attuale e classico, con il cameo finale di Kendra Smith, bassista originaria della band che decise di lasciare nel 1983 dopo lo splendido debutto di The Days of Wine and Roses. La title track è un’assoluta meraviglia di oltre 11 minuti, prodotta da Chris Cacavas che suona anche l’organo, dove si accavallano energia e sogno, chitarre che duellano e momenti di sperimentazione, il tutto con una scrittura ispirata e riconoscibile.
Listen: How Did I Find Myself Here
#3
MELANIE DE BIASIO Lilies (PIAS)
Una narrazione che nasce dal buio di uno studio dove l’italo-belga Melanie De Biasio si è rinchiusa per ritrovare le sue origini, capace di interagire con l’ascoltatore in modo empatico, costruendo microcosmi perfetti musicalmente e liricamente. La magia di una voce e il profumo dei pochi strumenti usati e la perfezione del saperli dosare sapientemente mostrata in Lilies la conferma senza dubbio come una delle migliori e più ispirate interpreti contemporanee. (Leggi la recensione)
Listen: Your Freedom Is the End of Me
#4
MAN FOREVER Play What They Want (Thrill Jockey)
John Colpitts abbandona momentaneamente il moniker di Kid Millions con cui pesta forte i tamburi degli avant-rockers Oneida tornando a vestire per la quarta volta i panni di Man Forever. Play What They Want è uno straordinario mutaforma dalle sfumature cangianti, un luogo dove ci si può smarrire felici anche nei vicoli più stretti, spinti dalla forza propulsiva della sua instancabile e avventurosa batteria. Il disco è assolutamente a consigliato, un must have per chi è costantemente alla ricerca di cose nuove, e di suoni inconsueti ed imprevedibili. (Leggi la recensione)
Listen: Twin Torches (feat. Laurie Anderson)
#5
ARTO LINDSAY Cuidado Madame (Ponderosa Music & Art)
Chitarrista, sperimentatore, nato a Richmond, Virginia ma cresciuto in Brasile al seguito dei genitori, missionari presbiteriani, Arto Lindsay è sempre stato un artista dallo stile unico, in perfetto equilibrio tra le sue due diverse anime. Con Cuidado Madame, il suo primo album solista da 13 anni a questa parte, si dimostra ancora una volta capace di attraversare sia i pericoli della foresta amazzonica che i dedali della tentacolare New York City con elegante sicurezza. Leggere ed ascoltare per credere. (Leggi la recensione)
Listen: Ilha Dos Prazeres
#6
GOLD DIME Nerves (Fire Talk)
Andrya Ambro torna dopo l’esperienza Talk Normal con un nuovo progetto chiamato Gold Dime. La batterista-cantante con il suo nuovo progetto ha deciso di portare avanti quanto prodotto con Talk Normal, riducendo l’aggressività della proposta ma aumentandone l’approccio scuro ed industriale. Il disco si intitola Nerves, e sono proprio le terminazioni nervose a fare da scheletro ad otto tracce intime ed aggressive che si muovono in maniera oscura, con un drumming che sembra essere sempre sul punto di esplodere, intrusioni elettroniche e scudisciate chitarristiche che sanno come far male viaggiando perennemente sospese sul filo del rasoio. (Leggi la recensione)
Listen: Easy
#7
IDLES Brutalism (Balley Records)
Gli Idles nascono a Bristol nel 2010 con una spiccata attitudine punk e uno sguardo a 360 gradi verso l’evolversi della situazione sociale e politica in Gran Bretagna. Il cantante Joseph Talbot, i chitarristi Mark Bowen e Lee Kiernan, il bassista Adam Devonshire e il batterista Jon Beavis, assorbono mano mano rabbia ed urgenza facendola poi defluire lentamente, scandendo le uscite e preparandole con grande meticolosità. Dopo tre EP, il devastante esordio sulla lunga distanza fra post-punk e post-hardcore della formazione di Bristol si è materializzato nel 2017 e si intitola Brutalism. Il disco è stato registrato dopo la morte della madre di Talbot, citata da par suo nella fragorosa “Mother”, brano in cui stavolta il bersaglio dichiarato è il partito Conservatore britannico: “My mother worked 15 hours 5 days a week. My mother worked 16 hours 6 days a week. My mother worked 17 hours 7 days a week. The best way to scare a Tory is to read and get rich”. Come a dire che l’unico modo possibile per spaventare un Conservatore è diventare ricco in modo da essere visto come un possibile avversario. La sezione ritmica è un rullo compressore, le chitarre sono adrenaliniche nel loro liberatorio lasciarsi andare. Il tagliente realismo delle tematiche sociali viene raccontato con pathos e refrain travolgenti. Joseph Talbot e compagni sanno perfettamente come raggiungere e coinvolgere emotivamente gli ascoltatori, riuscendo a scuotere tutti dall’apatia con il loro messaggio tanto sgradevole e brutale quanto reale. Carne e sangue, naked truth, francamente non riesco a chiedere di meglio. (Leggi la recensione)
Listen: Mother
#8
KING KRULE The Ooz (XL Recordings)
Notevolissimo il processo di crescita di Archy Marshall aka King Krule. Il giovanissimo prodotto della working class britannica già aveva colpito moltissimo pubblico e addetti ai lavori nel 2013 con lo splendido 6 Feet Beneath the Moon, ma riesce a fare ancora meglio con questo The Ooz. Marshall agisce come un mutaforma schizoide tra cantautorato classico, modernità, post-punk, swing e jazz con una maturità compositiva clamorosa per i suoi ventitre anni. Un interprete multiforme, un talento che fortunatamente non sembra essersi perso per strada e che (spero) ci regalerà ancora moltissime cose negli anni a seguire. Il tempo e il talento sono dalla sua parte.
Listen: Dum Surfer
#9
RICHARD DAWSON Peasant (Weird World)
In un clima bucolico e pastorale, da qualche parte tra il medioevo e oggi, se ne sta Richard Dawson con la sua chitarra a raccontare le sue storie strampalate che parlano di famiglie di contadini che affrontano i problemi quotidiani intrecciando legami che spesso, inevitabilmente, si spezzano. Non è mai facile ascoltare il bardo di Newcastle, e se talvolta il percorso sembra perdere ogni filo logico, c’è sempre un coro (quello di commensali ubriachi in “Ogre” è strepitoso), un arpeggio, un verso permeato di humour britannico, a tenere tutto saldamente in pugno e a consegnarci un album appagante, trascinante ed incredibilmente “nuovo” pur nella sua (apparente) classicità. Ascoltare per credere. (Leggi la recensione)
Listen: Ogre
#10
PROTOMARTYR Relatives In Descent (Domino)
Con il quarto lavoro in studio (il primo per la Domino), pur mantenendo inalterati i riferimenti storici (The Fall, Birthday Party), i Protomartyr da Detroit sembrano voler attenuare l’impeto violento dei primi lavori per andare di pari passo con le liriche del proprio frontman che raccontano con crescente malinconia e preoccupazione della situazione sociale in generale e degli Stati Uniti in particolare. Joe Casey e compagni ci consegnano il loro album migliore, tanto impegnato intellettualmente quanto viscerale nel suo schietto espressionismo. Difficile scegliere un brano che si eleva al di sopra media, impossibile non lasciarsi coinvolgere dalla voce baritonale di un leader che è capace di creare scenari straordinari sia nell’incedere recitativo che nei refrain ossessivi. (Leggi la recensione)
Listen: A Private Understanding
#11
THE MAGNETIC FIELDS 50 Song Memoir (Nonesuch)
Che personaggio Stephin Merritt!! Fondatore e leader dei The Magnetic Fields, fine conoscitore di pop e dell’animo umano. Merritt ha fatto uscire nel corso del 2017 l’ennesimo progetto ambizioso della sua carriera. Per celebrare degnamente i suoi 50 anni ha pubblicato il monumentale 50 Song Memoir, dedicando una canzone ad ogni anno della sua vita. Cinque dischi, pagine di diario da sfogliare e rivivere insieme ad uno degli autori pop più talentuosi della nostra epoca. Un’intera autobiografia scritta con passione e con la forza appassionata dei ricordi, tra delusioni, euforie, scoperte, preoccupazioni, problemi. Uno sguardo disincantato e maturo, un disco da sfogliare ogni giorno con estremo piacere.
Listen: A Cat Called Dionysus
#12
THE HELIOCENTRICS A World Of Masks (Soundway)
È sempre un viaggio emozionante quello del collettivo britannico guidato dal batterista Malcom Catto. I The Heliocentrics continuano nel loro percorso evolutivo, un flusso estatico, ipnotico, che li ha portati ad unire in uno straordinario melting pot jazz, prichedelia, funk, afro, dub e musica etnica. Nel nuovo A World Of Masks gli innesti del violino di Raven Rush, della chitarra di Dan Smith ma soprattutto della voce della cantante d’origine slovacca Barbora Patkova hanno dato un’ulteriore spinta al suono del gruppo. Soprattutto la voce della Patkova è una nuova base su cui costruire le alchimie sonore del gruppo, sempre più multiformi, in un groove trascendente che abbraccia tutte le possibili latitudini.
Listen: Made Of The Sun
#13
THE BLACK ANGELS Death Songs (Partisan Records)
La tradizione psichedelica di Austin, Texas risale alla metà degli anni ’60 e alla formazione che prima di tutte ha inserito il flusso lisergico nel proprio DNA: i 13th Floor Elevators. Ma questa attitudine è stata tramandata fino giorni nostri ed espressa nel modo migliore possibile dai The Black Angels. La band con il nuovo Death Song sprigiona una forza dirompente, padroneggiando la materia psych-rock con grande maestria, un passo avanti rispetto all’ultimo Indigo Meadow, rispetto al quale suona più cupo e maturo sia nei brani più tirati che in quelli più lenti, fino ad avvolgerci un un catartico abbraccio.
Listen: Currency
#14
AUDIAC So Waltz (Klangbad)
Quattordici anni fa un album intitolato Thank You For Not Discussing The Outside World faceva capolino nei negozi di dischi intrigando per il suo modo di intendere la melodia scura ed affascinante tra post rock, pop cameristico e suggestioni elettroniche. Autore dell’album era un quartetto tedesco che si chiamava Audiac, un progetto che credevo disperso nel nulla fino a quando i due superstiti della sigla non sono tornati con un nuovo album intitolato So Waltz, condotti in sala d’incisione da Hans-Joachim Irmler dei Faust. Alex Wiemer Van Veem e Niklas David non hanno perso un grammo della loro forza espressiva, e il loro album di ritorno è uno dei più interessanti usciti nel 2017, tra teatralità mitteleuropea, suoni analogici, scrittura raffinata, pop da camera e grande raffinatezza. Un disco meraviglioso e fuori dal tempo.
Listen: Gospels Unreal
#15
PISSED JEANS Why Love Now (Sub Pop)
Era in qualche modo atteso il ritorno delle eterne promesse dell’hardcore/noise Pissed Jeans. Il loro quinto disco intitolato Why Love Now li consacra ai livelli più alti. L’album, co-prodotto dalla regina della no wave Lydia Lunch, è una continua e mastodontica esplosione: dodici tracce che mostrano una rabbia controllata a stento e convogliata nei giusti binari dalla voce di un sempre più convincente Matt Korvette. Tanti i momenti immediati e coinvolgenti di un disco (e di un gruppo) che stupisce una volta di più per potenza muscolare, autoironia e scrittura raffinata. Tra l’altro in alcuni brani c’è da segnalare anche la presenza della voce narrante della scrittrice Lindsay Hunter.
Listen: The Bar Is Low
#16
ALGIERS The Underside of Power (Matador)
Due anni fa aveva particolarmente colpito l’album di esordio degli Algiers, un trio formato ad Atlanta, Georgia dal cantante Franklin James Fisher, insieme al chitarrista Lee Tesche e al bassista Ryan Mahan. In realtà i tre si dividevano diversi altri strumenti infilando nelle 11 tracce del disco una serie di suoni estremamente interessanti tra battiti di mani e chitarre sferzanti, tra ritmi industrial ipnotici e scuri arricchiti da un incedere vocale gospel e un impianto new wave. L’atteso seguito intitolato The Underside Of Power fortunatamente ha confermato tutto quello che di buono si era detto della band, che ha reso il suo suono ancora più poderoso grazie all’inserimento in pianta stabile del batterista Matt Tong, ex Bloc Party. Difficile scegliere un brano tra i tanti dove si può davvero toccare con mano l’incredibile manifesto rabbioso, potente e impegnato della band. La voce soul dello splendido Fisher sa essere allo stesso tempo per l’ennesima volta tanto dirompente quanto emozionale.
Listen: The Underside Of Power
#17
RYUICHI SAKAMOTO Async (Milan Records)
Gli ultimi anni non sono stati affatto facili per Ryuichi Sakamoto. Prima il terremoto e lo tsunami che hanno colpito il Giappone nel 2011 provocando più di 15.000 morti e 5.000 dispersi, poi, tre anni dopo, la diagnosi di un tumore alla faringe che lo tiene per qualche tempo fuori dal mondo musicale. La remissione del brutto male lo ha fatto tornare in pista insieme ad Alva Noto per la colonna sonora di The Revenant. Async è il primo album in studio dopo otto anni, dove il pioniere della fusione tra la musica etnica orientale e le sonorità elettroniche occidentali disegna uno scenario meraviglioso di grande serenità, tra pianoforte, droni, archi e field recordings. Uno dei suoi album più evocativi e belli di sempre.
Listen: Life, Life
#18
DEAD RIDER Crew Licks (Drag City)
Uno dei due chitarristi degli U.S. Maple (autori di 5 pregevoli album dal 1995 al 2003 e perfetta incarnazione di quel fenomeno che andava sotto il nome di “Now Wave”), Todd Rittmann, nel 2009 ha creato i Dead Rider, un nuovo progetto con cui portare a compimento la sua missione di scomporre e ricomporre vari generi musicali. Rittmann con i suoi nuovi compagni di avventura: Matthew Espy, batteria, Andrea Faugh, tromba e tastiere, e Thymme Jones, elettronica, tastiere, fiati e batteria (questi ultimi due anche nei Cheer-Accident) aveva già convinto tre anni fa con un album intitolato Chills On Glass, che aveva incantato per il gioco degli incastri, e per l’abilità di Rittmann e compagni di creare un’equilibrata alchimia tra ingredienti apparentemente molto diversi. A tre anni di distanza la band ci riprova, cambiando riferimenti stilistici ma facendo di nuovo centro. Con Crew Licks l’obiettivo del restauro diventa la black music, e il dipanarsi delle nove tracce diventa presto come il gioco della pentolaccia, con i quattro che mettono nella famosa pignatta di terracotta soul, funk, psichedelia anni’70, e poi a turno la colpiscono con violente mazzate. Uno di quei dischi che per qualità e varietà stilistica (merce rara al giorno d’oggi) non mi stancherei mai di ascoltare. (Leggi la recensione)
Listen: The Ideal
#19
JIM WHITE Waffles, Triangles & Jesus (Loose)
Un disco arrivato alla fine dell’anno ma che ha saputo colpirmi al cuore. Jim White incide dal 1997 canzoni estremamente classiche, peccatore folgorato sulla via di Damasco che rielabora in chiave moderna le sue radici country e hillbilly. Waffles Triangles and Jesus è composto da dodici canzoni scintillanti che sanno essere tanto tradizionali quanto moderne. Talvolta White si è divertito a creare questi ibridi di musiche antiche con testi moderni, e le sue storie di peccati e redenzioni, di dolori e di rinascite sono sempre in grado di coinvolgere e commuovere.
Listen: Drift Away
#20
ENTRANCE Book Of Changes (Thrill Jockey)
La lunga e affannosa ricerca di un’identità di songwriter capace di scrivere canzoni perfette da parte di Guy Blakeslee sembra davvero essere arrivata a compimento. La sua inquietudine lo ha portato ad incidere anche un paio di album con il suo vero nome, una sorta di sghembo indie rock cantautorale con il quale però non è mai riuscito ad incidere davvero e ad innalzarsi sopra ad una stiracchiata sufficienza. Cosa sia successo nel frattempo non lo sapremo mai. Se non tutto, molto sembra essere cambiato dopo un decennio durante il quale la sigla Entrance è rimasta ferma ai box. Nei poco più di 40 minuti del suo nuovo album Book Of Changes c’è la vera rinascita di un artista che, inoltrandosi nella profondità dell’anima, riesce a dimostrare prima a se stesso e poi agli altri di essere un vero, grande songwriter. L’artista del Maryland snocciola un parlare d’amore scevro di banalità e di faciloneria. Un’urgenza emotiva che fa trovare spazio anche all’amore non corrisposto. Un amore cantato con un ispirato vibrato su un tappeto di acustica psichedelia ai limiti del flamenco, i cui arrangiamenti ricordano da vicino i mai dimenticati Love di Arthur Lee. Book Of Changes è un disco intimo dall’equilibrio agrodolce e travolgente, un gioiello di scrittura solido e raffinato. (Leggi la recensione)
Listen: Always The Right Time
#21
PERE UBU 20 Years in a Montana Missile Silo (Cherry Red)
David Thomas è il fondatore dei leggendari Pere Ubu, band di Cleveland cardine del post punk lacerato da incubi industriali. Ex Rockets From The Tombs e critico musicale sotto lo pseudonimo di Crocus Behemoth, Thomas è personaggio introverso, solitario al limite della paranoia. Le sue nevrosi urbane e pulsioni schizofreniche lo hanno portato ad essere un un profondo innovatore nello stile di canto, stridulo e disperato, con cui ha espresso il suo sentimento di alienazione. Parallelamente ai Pere Ubu, ha fondato nel 1994, il progetto David Thomas & Two Pale Boys, e ha riformato i RFTT. Ma non ha mai abbandonato la sua prima sigla e i Pere Ubu trovano il modo di stupire e di suonare ancora attuali con il nuovo 20 Years In A Montana Missile Silo, un disco che attualizza le nevrosi tipiche della band di Cleveland. Il modo e la maniera di un uomo e di una band che a distanza di decenni non smettono mai di stupire.
Listen: Monkey Bizness
#22
IN ZAIRE Visions Of The Age To Come (Sound Of Cobra)
Nel 2013 Claudio Rocchetti, Stefano Pilia, Ricky Biondetti e Alessandro De Zan ci avevano piacevolmente sconvolto con un album fantastico uscito a nome In Zaire ed intitolato White Sun Black Sun prima di immergersi di nuovo nei loro mille progetti diversi. Claudio Rocchetti e Stefano Pilia hanno fatto parte degli indimenticati 3/4HadBeenEliminated per poi passare nel caso di Rocchetti principalmente alla carriera solista tra ambient e noise, mentre Pilia, da annoverare senza dubbio tra i migliori chitarristi italiani, fa parte della nuova formazione degli Afterhours, ha formato un trio con Andrea Belfi e il grande Mike Watt chiamato Il Sogno del Marinaio, ed è entrato in pianta stabile ad arricchire anche la formazione dei Massimo Volume. Non bastasse lo scorso anno ha pubblicato un album solista, Blind Sun New Century Christology, pubblicato dalla Sound of Cobra, etichetta fondata proprio dal batterista degli In Zaire, Ricky Biondetti. Il nuovo Visions of the Age to Come è un altro disco enorme, che mostra un’evoluzione stilistica rispetto al disco precedente. Ci sono cose nuove, stili e generi diversi. La band si è avvicinata di più alla forma canzone senza per questo rinunciare alla loro grande voglia di sperimentare. La voce ha una sua parte importante anche se non centrale, e i quattro hanno un modo unico di presentare la loro personale forma di rock psichedelico mescolato al kraut-rock, al metal, alla musica nera africana e addirittura alla new wave come si può leggere talvolta tra le righe. Ascoltatelo e perdetevi tra le note di quella che è senza dubbio una delle migliori band italiane in senso assoluto.
Listen: Synchronicity
#23
RANDY NEWMAN Dark Matter (Nonesuch)
Ci mancava molto il sarcasmo, il talento di uno dei più grandi autori e musicisti americani. Randy Newman torna a far sentire la sua voce con un album regolare abbandonando per un attimo le colonne sonore che lo hanno portato a conquistare due Oscar per le colonne sonore di Monsters & Co. e Toys 3. Dark Matter ci fa ritrovare il caro vecchio amico che negli ultimi nove anni non ha perso lo smalto, il piacere di scrivere. Il ritorno di un vecchio amico, una musica senza tempo, che lascia quel piacevole gusto dolceamaro in bocca, una dedica al fratello, una al grande bluesman Sonny Boy Williamson, senza mai tralasciare il suo intelligente e proverbiale sarcasmo che lo ha portato a dedicare una canzone a Putin. Il vecchio leone ruggisce ancora.
Listen: Putin
#24
JLIN Black Origami (Planet Mu)
Chi mi segue sa bene che il settore elettronica e altri ritmi non è propriamente il mio pane quotidiano. Ma il sentiero di sperimentazione e ricerca di Jerrilynn Patton aka Jlin è approdato sin dall’esordio Dark Energy (celebratissimo a tutto tondo da The Wire a Pitchfork) ad un’opera personale di superamento dei confini di quel genere nato a Chicago negli anni ’90 chiamato footwork. Un disco di oscura bellezza, composto da un’anima in perenne ricerca, sonora, concettuale e visuale. Tra campionamenti originali ed un ritmo tribale capace di coinvolgere e stordire fino ad un lieve ma intenso flirt con un certo tipo di jazz, con Black Origami Jlin da prova di essere un’artista matura dotata di una fantasia e di un talento enorme.
Listen: Black Origami
#25
MICAH P.HINSON presents The Holy Strangers (Rough Trade)
Micah P. Hinson, folksinger nato a Memphis ma texano d’adozione, è ormai da anni una delle voci più interessanti del songwriting americano. Le sue liriche autobiografiche, sarcastiche e profonde, si sposano perfettamente con la sua visione cinematica e il suo modo dolcemente violento di interpretare la tradizione americana. Micah si è sempre confermato anche live come grande intrattenitore, raccontando storie della sua vita personale e della grande periferia americana, quella dove il massimo della vita è andarsi a sbronzare al bar o trangugiare un six pack davanti alla tv. Stavolta per il suo nuovo Micah P.Hinson presents The Holy Strangers, il songwriter ha voluto creare una «moderna opera folk» dove raccontare la storia di una famiglia in tempo di guerra, andando a scandagliare i vari momenti dei vari componenti, dalla nascita ai primi amori, passando per matrimoni, figli, conflitti, morte e suicidi. «Viviamo con loro e moriamo con loro» ha aggiunto in un comunicato stampa, «seguendone le decisioni, gli errori e le bellezze attraverso tutti gli strani e gloriosi luoghi in cui la vita ci porta». Una storia ambiziosa ma raccontata quasi come fosse una colonna sonora con splendidi affreschi sonori in gran parte strumentali, che ci fanno visualizzare perfettamente la storia tra ballate country e suggestioni folk, raccontati da Micah con la sua inconfondibile voce bassa ed emozionale.
Listen: Lover’s Lane
#26
YOWIE Synchromysticism (Skin Graft)
Lo yowie è una creatura leggendaria australiana, della cui esistenza non esistono prove, dalle sembianze umane ricoperto di pelo simile ad una grossa scimmia. Ma Yowie è anche il nome di una band creata a St.Louis nel 2000 che torna con il terzo album in studio intitolato Synchromysticism dopo cinque anni di silenzio. Un math rock codificato in maniera diversa dal solito con gli intrecci delle due chitarre di Jeremiah Wonsewitz e del nuovo Christopher Trull (ex Grand Ulena) con i complessi poliritmi del torrenziale batterista Shawn “Defenestrator” O’Connor. Se amate gli incastri perfetti di chitarra e una batteria che non sbaglia un colpo, se ricordate e ascoltate con passione gruppi come Blind Idiot God, Dazzling Killmen o Don Caballero, è un disco consigliatissimo che esce per un’ etichetta storica del genere come la Skin Graft in una splendida confezione completa di vinile colorato e poster. Sono solo 5 tracce, ma in poco più di trenta minuti saranno capaci di conquistarvi.
Listen: Mysterium Tremendum
#27
NICOLE MITCHELL Mandorla Awakening II: Emerging Worlds (FPE Records)
Nicole Mitchell è una nota flautista e compositrice, vincitrice del premio di miglior flautista dell’anno quattro anni di fila per la Jazz Journalists Association, presidente della Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM) di Chicago, e fondatrice di diversi gruppi come Black Earth Ensemble e del Black Earth Strings. Il suo nuovo nuovo progetto multimediale si intitola Mandorla Awakening II: Emerging Worlds. Commissionato dal Museum of Contemporay Art di Chicago, è sia un romanzo che un disco. Basato nel 2099, quando la Società dell’Unione Mondiale è in decadenza, il racconto segue una coppia mentre naviga intorno a due civiltà contrastanti – una molto più utopica dell’altra. L’album è potente sia nel concept sia nell’esecuzione, evocativo e viscerale, tra jazz, avanguardia e afro-futurismo.
Listen: TimeWrap
#28
PONTIAK Dialectic Of Ignorance (Thrill Jockey)
Tra le accidentate e nebbiose salite delle Blue Ridge Mountains, in Virginia, i fratelli Carney stavolta hanno fatto trascorrere tre anni per pubblicare il nuovo album a nome Pontiak. Un inconsueta lunga pausa se pensiamo al loro usuale modo di lavorare. Ma non sono stati certo con le mani in mano, hanno infatti creato un birrificio artigianale nella loro fattoria, riuscendo a rivalutare il loro processo creativo proprio attraverso la produzione della birra. Le lezioni apprese da questa sperimentazione hanno avuto un effetto estremamente creativo sia sulle idee di base che sul suono che è più lisergico e meno arrembante. Con Dialectic of Ignorance Van, Lain e Jennings Carney hanno fatto l’ennesimo centro, completando così una discografia quasi perfetta che li consacra come miglior band di rock psichedelico del nuovo millennio, capace di standard qualitativi elevatissimi. (Leggi la recensione)
Listen: Ignorance Makes Me High
#29
MICHAEL HEAD & THE RED ELASTIC BAND Adiós Señor Pussycat (Violette Records)
Michael Head è sempre stato uno dei talenti più cristallini del pop rock britannico, nato a Liverpool ma innamorato della musica statunitense, autore brillante sia con i The Pale Fountains che con gli Shack, gruppi che avrebbero meritato sicuramente più fortuna e considerazione. Pensavamo di averlo perso per strada, anche se qualche anno fa con la sua nuova formazione chiamata The Red Elastic Band aveva fatto uscire Artorius Revisited, un EP più che dignitoso. Ma non credevo mai di poterlo ritrovare così in forma. Adiós Señor Pussycat è uno splendido album, in cui Head allontana i suoi ultimi difficili anni, e ci mostra tutta la sua abilità nel costruire canzoni scintillanti e meravigliose, mirabilmente sospese tra rock, pop e folk.
Listen: Rumer
#30
VONNEUMANN NorN (Ammiratore Omonimo Records)
“NorN è un omaggio ad uno degli errori lessicografici più famosi della storia: la parola inesistente dord. Siccome vonneumann ha tante N nel suo nome, ci piaceva omaggiare dord sostituendo la simmetria delle D con le N.” Questa la spiegazione del titolo, ma per quanto riguarda la musica, beh, quella è tutta un’altra storia. NorN è un disco funk, anzi no, un disco elettronico, anzi no, un disco rock, anzi no. Forse è tutte queste cose insieme, forse è un ibrido tanto coraggioso quanto eccitante, soprattutto pensando che è stato prodotto in Italia. Una ricerca sonora in continua mutazione, un linguaggio sonoro nuovo, non perdeteli, sarebbe un delitto!
Listen: AntiEuclid
#31 - #50
31. THE FALL: New Facts Emerge (Cherry Red)
32. JULIE’S HAIRCUT: Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin (Rocket Recordings)
33. MARK EITZEL: Hey Mr Ferryman (Decor Records)
34. WHITE HILLS: Stop Mute Defeat (Thrill Jockey)
35. ANT LION: A Common Day Was Born (Ibexhouse)
36. CHILDREN OF ALICE: Children Of Alice (Warp Records)
37. HOUSE AND LAND: House And Land (Thrill Jockey)
38. CHRIS FORSYTH & THE SOLAR MOTEL BAND: Dreaming In The Non-Dream (No Quarter)
39. GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR: Luciferian Towers (Constellation)
40. OH! GUNQUIT: Lightning Likes Me (Decapitator Records)
41. KAITLYN AURELIA SMITH: The Kid (Western Vinyl)
42. JOSHUA ABRAMS & NATURAL INFORMATION SOCIETY: Simultonality (Tak:til)
43. JAIMIE BRANCH: Fly Or Die (International Anthem)
44. TALIBAM!: Endgame of the Anthropocene (ESP Disk)
45. JULIA HOLTER: In The Same Room (Domino)
46. FLETCHER TUCKER: Cold Spring (Gnome Life Records)
47. DON ANTONIO: Don Antonio (Santeria)
48. JANE WEAVER: Modern Kosmology (Fire Records)
49. PETER PERRETT: How The West Was Won (Domino)
50. CIRCUIT DES YEUX: Reaching For Indigo (Drag City)
OUTSIDERS:
- MOSTLY OTHER PEOPLE DO THE KILLING: Loafer’s Hollow (Hot Cup)
- THE NATIONAL: Sleep Well Beast (4AD)
- THE WEATHER STATION: The Weather Station (Paradise Of Bachelors)
- FLAVIO GIURATO: Le Promesse Del Mondo (Entry)
- BILL ORCUTT: Bill Orcutt (Palilalia Records)
- DARTO: Human Giving (Aagoo)
- THURSTON MOORE: Rock N Roll Consciousness (Caroline)
- KELELA – Take Me Apart (Warp Records)
- MERIDIAN BROTHERS: ¿Dónde Estás María? (Soundway)
- ALAN VEGA – It (Fader Label)
- BILLY BRAGG: Bridges Not Walls (Cooking Vinyl)
- GHOSTPOET: Dark Days + Canapés (Play It Again Sam)
- SHARON JONES & THE DAP-KINGS: Soul Of A Woman (Daptone Records)
- STEVE GUNN: Eyes On The Lines (Matador)
- KARKHANA: For Seun Matta (Holidays Records)
- 2HURT: Eat My Skin (Lostunes Records)
- BLACK GRAPE: Pop Voodoo (UMC)
- SLOWDIVE: Slowdive (Dead Oceans)
- SPARKS: Hippopotamus (BMG)
- SA YUU: Conversation (Yellow Label)
- THE FLAMING LIPS: Oczy Mlody (Warner Bros. / Bella Union)
- LCD Soundsystem: American Dream (Columbia / DFA)
- MOUNT KIMBIE: Love What Survives (Warp Records)
- NADAH EL SHAZLY: Ahwar (Nawa Recordings)
- KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD: Flying Microtonal Banana (Heavenly Recording)
- ANTHONY PATERAS: Blood Stretched Out (Immediata)
- GHOLD: Stoic (Crypt Of The Wizard)
- MOUNT EERIE: A Crow Looked At Me (P.W. Elverum & Sun, Ltd.)
- FÉLICIA ATKINSON: Hand In Hand (Shelter Press)
- LEE RANALDO: Electric Trim (Mute)
- IBEYI: Ash (XL Recordings)
- PAN DAIJING: Lack (Pan)
- VISIBLE CLOAKS: Reassemblage (Rvng Intl.)
- EKIN FIL: Ghosts Inside (Helen Scarsdale Agency)
- CIGARETTES AFTER SEX: Cigarettes After Sex (Partisan Records)
- NADINE SHAH: Holiday Destination (1965 Records)
- MARILLION: FEAR (Fuck Everyone And Run) (Intact Records)
- PAUL HEATON + JACQUI ABBOTT: Crooked Calypso (Virgin EMI Records)
- CESARE BASILE: U Fujutu Su Nesci Chi Fa? (Urtovox)
- CATERINA BARBIERI: Patterns Of Consciousness (Important Records)
RECUPERI 2016:
- 75 DOLLAR BILL: Wood/Metal/Plastic Pattern/Rhythm/Rock (Tak:til)
- ANARCHIST REPUBLIC OF BZZZ: United Diktatürs Of Europe (Atypeek Music)
- ALESSANDRO BOSETTI: Plane / Talea (Holidays Records)
- TERMINAL CHEESECAKE: Dandelion Sauce Of The Ancients (Box Records)
- VANISHING TWIN: Choose Your Own Adventure (Soundway)
RISTAMPE & ANTOLOGIE:
- HÜSKER DÜ: Savage Young Dü (Numero Group)
- THE MEMBRANES: Everyone’s Going Triple Bad Acid (Cherry Red)
- AA.VV.: Manchester North Of England – A Story Of Independent Music Greater Manchester 1977 – 1993 (Cherry Red)
- AA.VV.: Bob Stanley & Pete Wiggs Present English Weather (Ace)
- LUCIO BATTISTI: Masters (RCA)