Le avventure in musica di Sounds & Grooves continuano con il 13° Episodio della 12° Stagione di RadioRock.to The Original
Un podcast registrato in una Roma innevata
La Radio Rock in FM come la intendiamo noi è sparita da due decenni, ma in questi 12 anni stiamo tenendo accesa una fiammella, cercando di raddoppiarla, moltiplicarla, farla diventare un faro di emozioni e qualità musicale con tutta la passione e la voglia di fare radio che nonostante tutto non ci è mai passata.
Questa è la spinta che ha sempre animato noi di radiorock.to, che per celebrare la 12° stagione abbiamo messo in campo alcune novità. A partire dall’atteso restyling del sito, al nuovo hashtag #everydaypodcast che ci caratterizza, per finire (last but not least) alla qualità della musica e del parlato che speriamo sempre sia all’altezza della situazione e soprattutto delle vostre aspettative.
Tra le suggestioni etniche dei Dirtmusic, le meraviglie italiche di Calibro 35 e Lovexpress, la magia di Alvarius B, il punk di Richard Hell e Alternative TV e molto altro si snodano i quasi 90 minuti di questo podcast registrato in un’ambientazione curiosa, non siamo abituati a vedere Roma ricoperta di neve.
Download, listen, enjoy!!!
Prima di partire con questo viaggio in musica potete effettuare il download del podcast anche nella versione a 320 kb/s semplicemente cliccando sul banner qui sotto.
Alla fine degli anni ’60 due adolescenti, Thomas Miller e Richard Lester Meyers, si incontrano alla Sanford School di Hockessin, Delaware, diventando presto ottimi amici e condividendo la passione per la poesia e la musica. Nei primi anni ’70 si trasferiscono a New York, cambiano il loro nome in Tom Verlaine e Richard Hell, e formano una band proto-punk chiamata Neon Boys insieme al batterista Billy Ficca. Chiusa l’avventura Neon Boys i tre non si perdono d’animo, accolgono in formazione il secondo chitarrista Richard Lloyd, e cambiano il nome della ragione sociale in Televison. La band diede l’avvio alla scena punk di New York suonando la domenica al leggendario CBGB. Nel 1975 Richard Hell lasciò la band dopo alcuni dissidi sulla leadership del gruppo con Verlaine per fondare gli Heartbreakers con Johnny Thunder.
Un anno dopo 1976, Hell lasciò anche gli Heartbreakers per dare vita alla sua band personale, i Richard Hell & the Voidoids con Robert Quine, Ivan Julian e Marc Bell (che poco dopo entrò a far parte dei Ramones, adottando lo pseudonimo di Marky Ramone). Il loro album di esordio Blank Generation, marchiò davvero a fuoco un’intera generazione. Alcune canzoni come “Love Comes in Spurts” e la title track che potete ascoltare nel podcast erano già state scritte durante la prima fase dei Television. Il brano, uno degli inni e dei brani fondamentali di tutto il punk USA, è un’aperta accusa ad una generazione che sembra non avere più alcun ideale da perseguire. Il “blank” è da indicarsi come uno spazio vuoto in cui ognuno può aggiungere la propria definizione. Conclusasi la parabola dei Voidoids, Hell si ritirò completamente dal mondo della musica dandosi alla letteratura.
Nel 1976 Mark Perry era un semplice impiegato di banca londinese. Folgorato da un’esibizione dei Ramones, Perry lasciò il lavoro per diventare il motore principale del movimento punk in GB. Iniziò fondando nel luglio del 1976 Sniffin’ Glue, la prima fanzine punk che divenne presto il punto di riferimento del punk londinese e non solo. Agli inizi del 1977 Perry, assieme a Miles Copeland (fratello del batterista Stewart e successivamente fondatore della I.R.S. Records), creò l’etichetta discografica Step Forward Records, che pubblicò molti album di gruppi importanti nell’ambiente punk come The Fall e Sham 69. Tutto questo proiettò Perry in un mondo totalmente diverso, che lo portò in maniera naturale allo step successivo: formare una band propria. L’incontro con il chitarrista Alex Fergusson fu determinante per la formazione degli Alternative TV.
L’album di debutto, intitolato The Image Has Cracked, vede una band che ha già avuto diversi cambi di formazione e che è in bilico tra il punk classico di inizio carriera e le varie contaminazioni sperimentali messe in atto da Perry. Questo percorso ondivago sarà la causa di frequenti litigi tra i componenti del gruppo e tra lo stesso leader ed il suo pubblico. “Still-Life” rimane come uno dei cavalli di battaglia di una band che è ancora orgogliosamente in attività. Un’istantanea meravigliosa e trascinante di quello che era il primo punk in Gran Bretagna.
Il songwriter americano Tim Presley è un personaggio davvero interessante Dopo aver formato e sciolto i Darker My Love, il cantautore ha fatto parte di una delle innumerevoli line-up dei The Fall del compianto Mark E. Smith registrando con la band l’album Reformation Post TLC pubblicato nel 2007. Dopo una serie di album a nome White Fence, di cui uno in coabitazione con Ty Segall, Presley ha iniziato a collaborare con la cantautrice gallese Cate Le Bon, formando i Drinks. The Wink è il primo album ad essere pubblicato a suo nome, ed è uno splendido zibaldone che racchiude tutte sue le differenti influenze sonore.
Una psichedelia declinata in maniera inusuale e deforme interpretata con una scrittura decisa e una forte personalità. I rimandi a vari personaggi “particolari” del pop rock psichedelico come Julian Cope o Kevin Coyne sono li in bella vista, come nel gioiellino che porta il nome dell’intero lavoro. The Wink è un disco suonato in collaborazione proprio con Cate Le Bon e con la batterista Stella Mozgawa che mette in evidenza un artista da tenere d’occhio. Non bastasse, sembra che il secondo album dei Drinks sia dietro l’angolo.
I Brainiac sono stati una band fuori dagli schemi e dall’immenso potenziale che sfortunatamente non ha mai fatto in tempo ad esplodere in tutto il suo goliardico genio. Come troppo spesso accade, è stata una tragedia a porre fine alla loro storia nel momento in cui stavano raccogliendo i frutti di un duro lavoro e diventare una stella del firmamento musicale. Dopo aver limato il loro suono nei primi due lavori facendo viaggiare i brani con un’alternanza di pause e accelerazioni ricca di pathos e di tensione emotiva, la firma con la prestigiosa Touch And Go aveva dato finalmente alla band di Dayton, Ohio, la visibilità che meritava. La struttura delle canzoni di Hissing Prigs in Static Couture è sempre più isterica e psicotica, le tracce sembrano respirare e contorcersi vivendo di vita propria, abbandonando quasi completamente la tradizionale struttura almeno per una buona metà dell’album.
Lo stridulo falsetto di Tim Taylor sbraita raddoppiandosi, le nevrotiche linee di synth lanciano la chitarra in orbita, il basso pulsa vigoroso. Il disco viene chiuso dalla tensione garage di “I Am A Cracked Machine”, dove il cantato di Taylor supera sempre il livello rosso in una veemente interpretazione, degno finale di un album fondamentale per ogni fan che si rispetti dell’Indie Rock anni ’90. Ma il loro quarto album non vedrà mai la luce. La notte del 23 maggio 1997 Tim Taylor perde la vita in un incidente automobilistico mentre stava tornando a casa dallo studio di registrazione. I Brainiac si sciolgono con effetto immediato. Auto-ironici, stravaganti, geniali. Chissà cosa sarebbe successo se la loro storia non si fosse così drammaticamente interrotta.
Più di una volta abbiamo parlato dei Membranes sulla pagine di Sounds & Grooves, sia nella stesura dei podcast che in fase di recensione. John Robb, leader della band, parallelamente al suo ruolo di bassista-cantante è anche uno stimato giornalista e fondatore di una etichetta discografica, la Louder Than War, che ha un suo preciso ed interessante manifesto artistico. Nel 2012 lo stesso Robb aveva speso parole al miele per i demo di una band di Sheffield che esprimeva un notevole potenziale psych rock con passaggi di pop melodico dalle elevatissime potenzialità. I Faerground Accidents sembrava un gruppo ormai in rampa di lancio, visto anche l’appoggio di un personaggio importante per Sheffield e per la scena rock in GB come Jarvis Cocker dei Pulp. Robb aveva scritto che erano “incredibilmente originali e meravigliosamente strani … se questa band non avrà avuto successo entro la prossima estate, allora siete tutti sordi!”, definendo il cantante della band Bomar Faery come “uno psicotico borderline straordinariamente geniale”, mentre la band era apparsa nel film documentario “Pulp: A Film About Life, Death & Supermarkets” a sancirne l’importanza nella scena musicale di Sheffield.
Ma al leader della band, Bomar Faery viene diagnosticato un disturbo mentale e a seguito del Mental Health Act, è costretto ad una degenza in un ospedale psichiatrico per un lasso di tempo indeterminato. Il futuro di Faery e della band viene messo in discussione, ma fortunatamente John Robb e gli altri componenti della band aspettano con fiducia l’uscita del frontman dalla clinica. Faery viene dimesso dall’ospedale prima del previsto e l’attesa viene ripagata con la pubblicazione a fine 2017 dell’attesissimo album di esordio intitolato Co-Morbid. Il risultato rispecchia tutto quello che di buono si era detto sul talento di una band perfetta nell’interpretare un vitale rock psichedelico e capace di rivitalizzare il britpop con aperture melodiche e ritornelli memorabili. Ascoltate l’irresistibile “She Makes Me Want To Die” e mi darete ragione.
In Italia non ci sono (per fortuna) solo tristi fenomeni da baraccone o cariatidi che si ostinano ad andare in tour e che (incredibilmente e misteriosamente) registrano regolari ed aberranti sold-out. Esistono anche realtà piccole ma di enorme interesse artistico, come i Lovexpress di Pavia. Un trio formato da Luca Collivasone (voce, synth e chitarra preparata), Lorenzo Chiesa (synth e voce) e Daniele La Barbera (batteria e voce), capaci di stupire i nostri padiglioni auricolari con un album intrigante ed originale intitolato Stars. “Enfant Plastic” è il brano che da l’avvio a 35 minuti di musica che vi lasceranno senza fiato. Le composizioni spaziano da momenti orchestrati a suggestioni psichedeliche utilizzando suoni di deriva noise e industrial affiancati da suoni di chitarra e sintetizzatore limpidi e seducenti.
Ritmi solidi che spesso scivolano nel motorik teutonico, intrecci strumentali di chitarra e synth che fanno pensare a King Crimson e talvolta a This Heat. Prog, rock e wave ad alternarsi senza sosta, condotti dal talento dell’esperto Collivasone, musicista molto attivo non solo recentemente con progetti come Cranio o Maciste, ma anche in piena era wave insieme agli Aus Decline. Se vi piacciono gli intrecci mai banali e i ritmi allo stesso tempo solidi e fantasiosi non rimarrete delusi, anzi. Gran disco.
Gennaio 2016, Haley Fohr all’improvviso collassa durante la notte senza un motivo apparente e questo episodio in qualche modo la segna profondamente. La cantautrice dell’Indiana ma residente a Chicago, più conosciuta con il moniker di Circuit Des Yeux, da quel momento cambia approccio alla sua vita vedendo le cose sotto una luce diversa. Non sapremo mai se è una storia vera o inventata, sta di fatto che dopo la parentesi quasi country sotto il nome di Jackie Lynn, questo evento è stata la scintilla e l’ispirazione per la composizione dell’album Reaching For Indigo, sesto lavoro in studio che vede l’artista accasarsi presso la Drag City. L’album è più scuro ed intimista rispetto al precedente. Il pathos che va a braccetto con la melodia, un intrigante e surreale modo di vedere il mondo, come dimostra la lunga ed affascinante “Black Fly”, uno dei vertici assoluti del disco.
Ogni tanto capita di riscoprire dischi che per una ragione o per l’altra sono finiti nel dimenticatoio. I Celebration sono un trio formato a Baltimora, Maryland dalla cantante Katrina Ford insieme al chitarrista/tastierista Sean Antanaitis e al batterista David Bergander. La band ha sempre diluito le proprie uscite fin dall’esordio autointitolato, prodotto da David Sitek dei TV On The Radio e pubblicato nel 2005 dalla 4AD. Una psichedelia che affonda le proprie radici persino nel soul, una vibrante e dilatata proposta che graffia spesso e volentieri, squarciando la patina dream rock tipica della label britannica fondata da Ivo Watts-Russell e Peter Kent. Lo stesso Sitek ha contribuito alla registrazione di questo splendido esordio da cui ho estratto la trascinante “Ancient Animals”.
Alan Bishop è un contrabbassista, chitarrista e sassofonista americano, grande appassionato di tradizioni mediorientali e fondatore di una meravigliosa ed indimenticabile band chiamata Sun City Girls. La morte del percussionista Charles Gocher aveva interrotto bruscamente la strada del gruppo ma non la voglia di sperimentare e di fare musica di Alan Bishop e di suo fratello Richard. Due anni fa insieme all’egiziano Maurice Louca ed al canadese Sam Shalabi ha dato vita ai Dwarfs of East Agouza, un progetto estremamente interessante che andava a contaminare gli strumenti e i suoni della tradizione araba con l’elettronica europea. Dietro al moniker di Alvarius B. i fratelli Bishop hanno registrato in Egitto insieme a molti collaboratori locali e non, 35 nuove canzoni spalmate su tre singoli LP o un doppio CD.
With A Beaker In The Burner And An Otter In The Oven è una meraviglia assoluta, ad ascoltarla ripetutamente non riesco a comprendere come sia sfuggita alla mia Playlist 2017 e come non sia stata recensita da alcuna delle più importanti webzine italiane. Tanti anni di tradizioni americane rivisitate al meglio, sensibilità mediorientale, alcuni maestri di musica italiana (Morricone e Piccioni) citati esplicitamente, tutto contribuisce a fare di questo album una piccola-grande meraviglia. Elettrico, acustico, melodia e qualche dissonanza, tutto si miscela perfettamente, un disco suonato con passione e perizia. Difficile trovare un brano che possa rappresentare un disco così variegato, alla fine la scelta è caduta sulla classica “Zion The Rocket Ship”.
Il 18 novembre 1993, Kurt Cobain, Dave Grohl e Krist Novoselic salivano sul palco dei Sony Studios di New York per registrare un concerto acustico della fortunata serie MTV Unplugged. Il trio per l’occasione veniva accompagnato dal secondo chitarrista Pat Smear (ex Germs e on stage con la band dal tour di In Utero) e dalla violoncellista Lori Goldston. Nei 14 brani in scaletta quella sera oltre ad alcuni classici dei Nirvana, la band eseguì numerose cover di alcuni degli artisti preferiti da Cobain, come i Meat Puppets (con i fratelli Kirkwood ad accompagnarlo on stage), David Bowie, i Vaselines, ed i Leadbelly. Cobain si tolse la vita 4 mesi e mezzo dopo, e l’emittente MTV mandò ripetutamente in onda l’esibizione acustica dei Nirvana di quel novembre 1993. Vista l’onda emotiva ed il dilagare di bootleg non ufficiali, i due superstiti insieme all’etichetta DGC decisero di far uscire un album che comprendeva l’intero concerto.
MTV Unplugged In New York uscì il 1 novembre 1994 diventando il primo disco postumo di una band che di fatto non esisteva più dopo la tragica morte del suo leader. Un disco intenso, che naturalmente dopo il suicidio di Cobain assume una valenza ancora maggiore. Chiudere gli occhi ascoltandolo e visualizzare l’arredamento a base di candele nere, lampadari di cristallo e gigli orientali che faceva da contorno alla band è un’esperienza di grande intensità emotiva tutt’oggi. La mia scelta è caduta su una delle migliori canzoni di questo disco, quella “Dumb” tratta da In Utero, interpretata da Cobain con una straordinaria ed intensa sofferenza.
Per la sua creatura Giant Sand, Howe Gelb ha riunito intorno a se moltissimi musicisti negli oltre 30 anni di storia. La sua visione permeata dalla tipica visione psichedelica, ha via via acquistato diversi altri elementi tra cui il country e la musica di frontiera. Nel 1996 la sezione ritmica del gruppo formata da Joey Burns e John Convertino, ha voluto esplorare soprattutto quest’ultima parte formando i Calexico. I tre, pur intraprendendo strade diverse, sono rimasti sempre amici, e appena 12 mesi dopo eccoli insieme di nuovo a creare un trio che durerà lo spazio di un solo disco, gli OP8. La band si unisce ad un talento incredibile come Lisa Germano, straordinaria cantautrice e violinista che da poco aveva pubblicato il suo capolavoro: Geek The Girl, registrando un album davvero meraviglioso.
Slush rimarrà (purtroppo) figlio unico di un’alchimia sonora che si dimostra meravigliosamente ispirata, un disco che andrebbe riscoperto e riascoltato per assaporarne ogni dettaglio. Una perfetta miscela di folk, country, tex-mex, blues, rock e canzone d’autore come dimostra la splendida “Lost In Space”.
A proposito di viaggi, contaminazioni ed alchimie sonore. Prosegue senza sosta anche nel 2018 il viaggio dei chitarristi Chris Eckman (Walkabouts) e Hugo Race (Birthday Party, Bad Seeds, Fatalists), che perdono per strada Chris Brokaw (Codeine, Come), ma non la loro voglia di esplorare strade nuove e culture diverse. Il viaggio dei Dirtmusic prosegue dal Mali fino alla Turchia, altro paese in crisi sociale e politica. Qui i due hanno fatto comunella con una vecchia conoscenza come Murat Ertel, che con il suo saz elettrificato ha reso unico ed intrigante il suono del gruppo psych-dub Baba Zula. Inevitabilmente l’umore del nuovo album Bu Bir Ruya risente dell’atmosfera incontrata dai musicisti in studio ad Istanbul proprio quando parte dell’esercito tenta un colpo di stato per rovesciare il governo del presidente Erdogan.
Il risultato è un disco evocativo, più scuro e meno blues, arricchito da altri splendidi ospiti come la voce della canadese Brenda McCrimmon e le percussioni tribali di Ümit Adakale. “The Border Crossing” è una delle tracce più ipnotiche ed evocative del lotto, impreziosita da un recitato programmatico come “I Need You To Help To Get Across The Border” a renderlo più attuale ed urgente. Non perdeteli live se potete, Eckman, Race ed Ertel saranno on stage insieme alle percussioni di Ümit Adakale e alla batteria di Milan Cimfe il 30 giugno a Firenze ed il 1 luglio al IndieRocket Festival di Pescara, pronti ad ammaliarvi e a portarvi in un sognante altrove che affonda le radici in una dura realtà.
L’elogio della lentezza, il fascino della malinconia, la perfezione formale. Mimi Parker, Alan Sparhawk, e Zak Sally, ovverosia i Low da Duluth, Minnesota, riescono ad esercitare un fascino difficile da spiegare a parole, sensazioni che rimangono appiccicate addosso, una forza evocativa emanata da rintocchi spettrali di batteria, accordi di chitarra sospesi nell’aria, ballate scandite lentamente come ad accentuare un pathos che non cala mai di tono. Trust esce nel 2002 e si impone subito come uno degli ascolti dell’anno e uno degli album migliori del gruppo. “Candy Girl” è uno dei vertici assoluti del disco, una gemma di folk scuro, costruita alla perfezione tra ombre (molte) e luci (poche) che ne aumentano il potere onirico. Un disco ed una band che entrano nel cuore e nell’anima per non uscirne più.
Chiudiamo il podcast con una band italiana per cui ho davvero finito gli aggettivi. Senza ombra di dubbio i Calibro 35 non solo hanno deliziato i nostri padiglioni auricolari per anni con le loro scorribande sonore tra noir e polizieschi anni 70 dando una svolta cosmica al loro sound con l’ultimo S.P.A.C.E., ma restano una delle band italiane più divertenti e coinvolgenti on stage. Per festeggiare degnamente il loro 10° anno di attività, la band ha pubblicato ad inizio 2018 il loro sesto album in studio intitolato semplicemente Decade. La premiata ditta Gabrielli/Martellotta/Rondanini/Cavina con il loro turbinio cinematico funk/jazz/rock si sono fatti stavolta affiancare in studio dagli Esecutori di Metallo su Carta, una piccola orchestra composta da archi, fiati e percussioni che ha come fondatori proprio il polistrumentista Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro, e che hanno accompagnato anche i Fuzz Orchestra nel loro ultimo album in studio.
In quest’ultima fatica i Calibro 35 si confermano band dalle indubbie doti compositive e tecniche, risultando così uguali ma allo stesso tempo così diversi, mutando pelle così lentamente ed intelligentemente che la cosa potrebbe anche sfuggire ad un ascolto superficiale. Stavolta sono riusciti a dare ancora più profondità al loro suono, mantenendo il loro classico funk legato alle colonne sonore dei film poliziotteschi, ma andando a sfiorare galassie più psichedeliche, sperimentali, afro-jazz come fossero una Budos Band più eterogenea, fino a sfiorare la musica cosmica nella splendida “Modo” che chiude la mia scaletta. Una delle migliori band italiane di sempre.
Spero abbiate gradito l’atteso restyling del sito, per questo e molto altro, un grazie speciale va sempre a Franz Andreani. A cambiare non è solo la veste grafica, ma anche la “filosofia” della podradio, con le rubriche che vanno ad integrarsi nella programmazione regolare sotto l’hashtag #everydaypodcast. Tutte le novità le trovate sempre aggiornate in tempo reale sulla nostra pagina Facebook.
Nel prossimo episodio di Sounds & Grooves parleremo di una strana coincidenza. La macchina del tempo che si mette in moto tornando indietro di 8 anni. Siete pronti ad essere catapultati nel 2010 insieme a Grinderman, Vaselines, Swans, Gowns, Joanna Newsom e molti altri?
Intanto se volete potete sfruttare la parte riservata ai commenti qui sotto per darmi suggerimenti, criticare (perché no), o proporre nuove storie musicali. Mi farebbe estremamente piacere riuscire a coinvolgervi nella programmazione e nello sviluppo del mio sito web.
Se volete ascoltare o scaricare il podcast, potete farlo anche dal sito della stessa PodRadio cliccando sulla barra qui sotto. Buon Ascolto
TRACKLIST
01. RICHARD HELL & THE VOIDOIDS: Blank Generation da ‘Blank Generation’ (Step-Sire – 1977)
02. ALTERNATIVE TV: Still-Life da ‘The Image Has Cracked’ (Deptford Fun City Records – 1978)
03. TIM PRESLEY: The Wink da ‘The Wink’ (Drag City – 2016)
04. 3RA1N1AC: I Am A Cracked Machine da ‘Hissing Prigs In Static Couture’ (Touch And Go – 1996)
05. FAERGROUND ACCIDENTS: She Makes Me Want To Die da ‘Co-Morbid’ (Louder Than War – 2017)
06. LOVEXPRESS: Enfant Plastic da ‘Stars’ (Furry Heart Records – 2017)
07. CIRCUIT DES YEUX: Black Fly da ‘Reaching For Indigo’ (Drag City – 2017)
08. CELEBRATION: Ancient Animals da ‘Celebration’ (4AD – 2005)
09. ALVARIUS B: Zion The Rocket Ship da ‘With A Beaker In The Burner And An Otter In The Oven’ (Abduction – 2017)
10. NIRVANA: Dumb da ‘MTV Unplugged In New York’ (DGC – 1993)
11. OP8 Featuring The Ilk Of Lisa Germano: Lost In Space da ‘Slush’ (Thirsty Ear – 1997)
12. DIRTMUSIC: The Border Crossing da ‘Bu Bir Ruya’ (Glitterbeat – 2018)
13. LOW: Candy Girl da ‘Trust’ (Kranky – 2002)
14. CALIBRO 35: Modo da ‘Decade’ (Record Kicks – 2018)