Esordio per i FYEAR di Jason Sharp
Un’unione trascinante tra jazz, spoken word, rock e impegno sociale
Photo Cover: Frank Schemmann
Jason Sharp è da anni una colonna portante della comunità musicale avant-jazz, sperimentale e improvvisata di Montréal. Sassofonista e compositore elettroacustico, il suo lavoro da solista ha prodotto un insieme unico di musica unendo la padronanza della tecnica estesa del sassofono con microfoni personalizzati, elettronica e sintesi modulare per creare opere di musica elettroacustica formidabili ed espressive, tracciando mondi sonori singolari in tre album pubblicati da un’importante etichetta di musica sperimentale come la canadese Constellation.
Kaie Kellough è un’acclamato poeta e scrittore, la cui raccolta di poesie Magnetic Equator ha ricevuto il Griffin Poetry Prize 2020 (il principale premio di poesia canadese). Oltre alla scrittura, negli ultimi due decenni la sua pratica principale sono stati lavoro sonoro e le performance dal vivo in innumerevoli manifestazioni di spoken word e multi-media, sperimentazioni e collaborazioni.
Dopo diversi anni di collaborazione, sviluppo, workshop, commissioni ed esibizioni in configurazioni minori, i due artisti hanno creato e perfezionato il progetto FYEAR che, nella sua definitiva configurazione, vede la partecipazione della poetessa/scrittrice Tawhida Tanya Evanson (voce) e dei musicisti Jesse Zubot (violino), Joshua Zubot (violino), Joe Grass (pedal steel), Stefan Schneider (batteria), Tommy Crane (batteria) oltre all’artista/designer Kevin Yuen Kit Lo (video performance e visual design).
Il risultato è un album tanto sorprendente quanto complicato da definire e raccontare, dove il collettivo unisce improvvisazione e composizione, strumentazione elettronica e acustica, recitazione vigorosa e vocalizzazione astratta, bilanciando una struttura intensiva con un un intenso spirito esplorativo. Spinto dalle interazioni vocali di Kellough ed Evanson, FYEAR interroga la nostra policrisi post-capitalista presente e futura, invocando ansie, emozioni e critiche collettive.
Per entrare in questo vortice di suoni e voci basta mettere la puntina sui solchi e venire catturati dai violini di “Trajectory” che si rincorrono rapidi in una giga forsennata mentre le due voci sembrano sbucare da ogni dove, prima rapide e taglienti per poi placarsi in un’oasi di calmo ma insistente spoken word che lascia il posto ai barriti del sax di Sharp che apre languido anche la straordinaria successiva “Mercury Looms”. Sono quasi 8 minuti di magia dove le due voci, il sax e tutta la strumentazione si inseguono a volte in maniera forsennata a volte più estatica in una sorta di caos controllato ed incredibilmente coeso che ci trascina tra alt-jazz e post-rock in un personale ed inedito microcosmo musicale.
le due parti successive, “Counter Clock” e “Degrees” rallentano i ritmi e dilatano le atmosfere, con archi e fiati a creare un universo avventuroso dove anche le due voci vanno di pari passo con i ritmi rallentati portandoci per mano in un percorso di suono e ritmo, di riflessione, di inquietudine e di lettura viscerale delle nostre lotte, delle nostre illusioni, delle nostre costrizioni e delle nostre libertà. I ritmi diventano sempre più ansiogeni nel finale fino a sublimarsi nelle ambientazioni planetarie di “Misconception” dove violini, voci e batterie sono una cosa sola, suono e ritmo di incredibile e fresca vitalità creativa.
“Precipice” è introdotta da un hip-hop urgente su patterns digitali con la voce di Kaie Kellough che si fa via via più lenta e rilassata, permettendo a violino e sax di entrare prepotentemente creando un’atmosfera estatica che si fa di nuovo più urgente per introdurre la conclusiva vertigine chiamata “Pure Pursuit” calderone dove spoken word, droni, alt-jazz, post-rock, impegno sociale e suggestioni elettroniche si sublimano in una miscela sperimentale tanto nuova quanto esaltante.
Accelerazioni nervose e risacche di quiete, voci che spuntano ovunque, spariscono, duettano con ritmica fiati e archi, sussurrano e urlano, comunicano energia in modo viscerale grazie ad un impianto sonoro straordinariamente efficace. Come detto, il disco rappresenta il culmine di diversi anni di sviluppo da parte di Sharp e Kellough e documenta il loro incessante lavoro, presentato per la prima volta durante la pandemia come performance audiovisiva in streaming commissionata da Jazz Ahead! nel 2021. L’album, registrato dopo due anni di ripetuti perfezionamenti, è diventato realtà grazie all’apporto del produttore Radwan Ghazi Moumneh (Matana Roberts, Sarah Davachi, Big|Brave), più conosciuto come Jerusalem In My Heart. Non ho idea di come il progetto possa evolversi, ma sicuramente FYEAR è uno dei dischi più coinvolgenti, innovativi, intriganti e originali ascoltati in questa prima metà di 2024.
TRACKLIST
1. Pt I Trajectory 5:00
2. Pt II Mercury Looms 7:45
3. Pt III Counter Clock 5:51
4. Pt IV Degrees 7:27
5. Pt V Misconception 3:26
6. Pt VI Precipice 8:32
7. Pt VII Pure Pursuit 5:43
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Su @Ondarock trovate la mia recensione ad uno dei dischi più interessanti usciti nei primi 5 mesi del 2024. Jason Sharp e Kaie Kellough insieme ai loro compagni di avventura hannofatto centro tra jazz, spoken word, rock e impegno sociale. https://t.co/w96hIV6B8K
— SoundsAndGrooves (@SoundsGrooves) May 30, 2024