Il regno britannico di Bryneich (Bernicia) nacque attorno al 420 d.C. dalla divisione del grande reame nordico di re Coel Hen e comprendeva inizialmente il territorio immediatamente a sud del vallo di Adriano, con le città di Corstopitum (Corbridge) e Cataractonium (Catterick), tra i fiumi Tweed e Tees. La collocazione geografica è quella posta all’estremo nord dell’Inghilterra, quasi al confine con la Scozia. In seguito la Bernicia si unirà al regno di Deira dando vita alla Northumbria, uno dei sette regni dell’eptarchia anglosassone. Sto divagando, lo so, ma è tanto per farvi capire le ambientazioni messe in campo da questo chitarrista e songwriter. Guardate ad esempio il video di “Ogre” qui sotto, e vi troverete davvero immersi in un’ambientazione medievale, una dissociazione temporale simile a quella provata dalla coppia Benigni/Troisi a Frittole. In questo clima bucolico e pastorale, da qualche parte tra il medioevo e oggi, se ne sta Richard Dawson con la sua chitarra a raccontare le sue storie strampalate che parlano di famiglie di contadini che affrontano i problemi quotidiani intrecciando legami che spesso, inevitabilmente, si spezzano.
Il Richard Dawson che affronta il suo sesto capitolo solista chiamato Peasant appartiene ad una categoria molto particolare e quasi in via di estinzione, quella dei songwriters un po’ stralunati, poco convenzionali. Basti pensare ad un Richard Youngs, o ad un Kevin Coyne, senza voler scomodare l’enorme talento di Kevin Ayers (Dawson potrebbe montarsi la testa), tanto per farvi capire come poter inquadrare un personaggio come il chitarrista di stanza a Newcastle, città dell’Inghilterra settentrionale non troppo distante dal terreno dove sorgeva Bryneich. Il folk classico della terra di Albione è solo il fil rouge cui si legano, a volte più a volte meno, le undici spiazzanti tracce che compongono il disco.
Non è mai facile ascoltare il bardo inglese. Quando inizi finalmente a sentirti a tuo agio ti sorprende sempre lasciandoti sulla poltrona con una postura poco confortevole. Basti pensare ai delicati arpeggi di “Soldier” contrapposti a quelli atonali e psichedelici di “Weaver”, oppure alle dissonanze elettroniche infilati nella splendida “Prostitute”. E che dire dello sghembo fingerpicking che introdure “Shapeshifter”, splendida lunga ballata mutaforma già nel titolo dove Dawson sembra quasi divertirsi a stonare per aumentare il pathos. E se “Scientist” ci riporta per un attimo al medioevo britannico e alla tradizione dei jigs & reels, “Hob” gioca con gli arpeggi di chitarra sovrapposti ad un violino apparentemente scordato con altre fugaci e stranianti incursioni elettroniche.
Richard Dawson se ne frega di quello che possiamo pensare, racconta le sue storie con una scrittura tanto potente e affascinante quanto oscura e poetica. Il dramma è spesso dietro l’angolo, come nella splendente melodia di “Beggar”, usata per narrare la triste storia di un mendicante e del suo amato cane. I titoli delle canzoni rappresentano chi narra le storie in prima persona: tra orchi e mendicanti, prostitute e soldati, tessitori e scienziati si dipanano le storie di questo ipotetico villaggio in decadenza, mentre l’Impero Romano arretra spostandosi sempre più verso est.
Se tre anni fa nel suo ultimo album Nothing Important, Richard Dawson aveva chiuso due lunghissime composizioni tra un paio di strumentali bislacchi, in Peasant, anche se l’apertura è dedicata ad un Messaggero che sfodera tutto il suo arsenale di strumenti a fiato, sono i demoni della vita reale a prendere il sopravvento. Se talvolta il percorso sembra perdere ogni filo logico, c’è sempre un coro (quello di commensali ubriachi in “Ogre” è francamente strepitoso), un arpeggio, un verso permeato di humour britannico, a tenere tutto saldamente in pugno e a consegnarci un album appagante, trascinante ed incredibilmente “nuovo” pur nella sua (apparente) classicità. Ascoltare per credere.
TRACKLIST
01. Herald 2:18
02. Ogre 6:56
03. Soldier 4:52
04. Weaver 5:58
05. Prostitute 4:00
06. Shapeshifter 4:30
07. Scientist 4:48
08. Hob 5:57
09. Beggar 7:24
10. No-One 1:20
11. Masseuse 10:49