Chitarrista, sperimentatore, nato a Richmond, Virginia ma cresciuto in Brasile al seguito dei genitori, missionari presbiteriani, Arto Lindsay è sempre stato un artista dallo stile unico, sempre in perfetto equilibrio tra le sue due diverse anime. Sono passati ben 13 anni da Salt, la sua ultima fatica solista, ma il nostro non è mai stato davvero con le mani in mano. Negli ultimi anni al suo attivo ci sono state molte collaborazioni come gregario di lusso, tra cui quella davvero intrigante con gli Anarchist Republic of Bzz, e la pubblicazione lo scorso anno della retrospettiva Encyclopedia Of Arto che vedeva sul primo disco il meglio della sua produzione solista, mentre il secondo era dedicato ad un live set di materiale inedito suonato con la sua scorbutica chitarra. Quella sei corde che ha marchiato a fuoco con i DNA l’epoca della no wave mirabilmente dipinta da Brian Eno sulla fondamentale compilation “No New York”.
Cuidado Madame è il titolo scelto per rappresentare le sue nuovo composizioni, titolo preso dall’omonimo film diretto nel 1970 dal regista brasiliano Júlio Bressane e che già ci mette in guardia da eventuali pericoli e trabocchetti che potremo incontrare durante il cammino, il film in realtà era poco rassicurante visto che parlava di una cameriera che uccideva allegramente e brutalmente una dopo l’altra tutte le sue padrone. Allegro e brutale, sensuale e radicale, orecchiabile e atonale, americano e brasiliano, tutte le sfaccettature e le apparenti contraddizioni di Lindsay si ritrovano in queste nuove 11 tracce che mostrano un’unione di diverse suggestioni come quella per il culto candomblé, le cui percussioni sono state la primaria ispirazione per l’ideazione e lo sviluppo del disco. Arto vive a Rio, ha una passionaccia per la musica black e hip-hop, per Kendrick Lamar, James Blake e Frank Ocean più che per l’attualità strettamente rock, e queste influenze mischiate alla sua sensibilità da tropicalismo brasiliano sono apertamente riconoscibili già dall’apertura di “Grain By Grain”. Le sue passate esperienze newyorchesi tra Dna e Lounge Lizards sono ristrette al maltrattamento abrasivo della breve “Arto Vs. Arto”.
Il “possesso palla” è di poco favorevole all’idioma inglese rispetto al portoghese (60%/40%) ma davvero poco importa, perché la lingua comune del disco è ricercata, forbita, accessibile, di grande eleganza come nella splendida “Each To Each” e nella lenta ballata “Seu Pai”. E se “Uncrossed” è tanto dolce nei suoi tratteggi di chitarra quanto abrasiva nei rumorismi elettronici che ne supportano la spina dorsale, il funk-salsa di “Tangles” risulta fisico e sensuale nel suo incedere, come far scorrere le dita su un lungo abito di seta. “Deck” mostra tutto l’amore per l’hip-hop, e solo lui può permettersi di graffiare con la sua chitarra noise l’incedere tribale di “Vao Queimar Ou Botando Pra Dançar” senza sembrare blasfemo, anzi, rendendolo più elegante che straniante. I tamburi candomblé rimangono sullo sfondo della melodia mai banale per voce e Hammond di “Unpair”, che si conclude con un tripudio noise in salsa carioca. Il gran finale è appannaggio di “Pele De Perto”, una dolce ballata scritta a quattro mani con Marisa Monte tra jazz e bossanova, nel solco della classica tradizione brasiliana.
I collaboratori sono di alta classe, dal basso di Melvin Gibbs alle tastiere di Paul Wilson, passando per la batteria di Kassa Overall e l’altra chitarra di Patrick Higgins, e la duplice anima di Arto Lindsay si dimostra ancora una volta capace di attraversare con elegante sicurezza sia i pericoli della foresta amazzonica che i dedali della tentacolare New York City senza perdersi mai.
TRACKLIST
1. Grain By Grain 3:30
2. Each To Each 3:06
3. Ilha Dos Prazeres 3:46
4. Tangles 3:52
5. Deck 3:22
6. Vão Queimar Ou Botando Pra Dançar 3:31
7. Seu Pai 4:05
8. Arto vs. Arto 2:12
9. Uncrossed 4:04
10. Unpair 3:54
11. Pele De Perto 2:30