Tornano dopo nove anni i siciliani Long Hair In Three Stages
Con “The Oak Within The Acorn” il quartetto ci conduce in un vulcanico territorio post-hardcore
Photo Cover: Long Hair In Three Stages
C’è un ponte invisibile lungo circa 8200 km che il nostro attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti può solo sognare. Le prime pietre del ponte che unisce Catania a Chicago sono state posizionate durante il primo incontro tra Steve Albini e gli Uzeda nel 1992 e tutt’ora rimane ben saldo. Nel 2006, sulle pendici dell’Etna, Fabio Corsaro (chitarra) e Giuseppe Iacobaci (voce) insieme a Roberto Risicato (basso) e Emanuele Finocchiaro (batteria) avevano rinforzato ulteriormente questa imponente costruzione scegliendo come ragione sociale il titolo dello storico esordio degli U.S. Maple: Long Hair In Three Stages.
Un nome così non poteva che rendere palesi le influenze post-punk, noise rock e indie americano anni novanta del quartetto, declinate in modo personale e potente. I primi due album Like A Fire In A Cave (2012) e Burn/Smother (2014) avevano ricevuto un notevole riscontro di critica, conquistando meritatamente l’attenzione di un pubblico particolarmente attento e affezionato. Stavolta i siciliani si sono presi il loro tempo per far sedimentare la loro evoluzione sonora continuando imperterriti ad incontrarsi in sala prove ogni settimana per comporre nuovi brani registrati poi negli studi Zen Arcade (nomen omen) di Catania con la nuova (si fa per dire visto che sono nel gruppo da anni) sezione ritmica formata da Santi Zappalà (basso) e Giovanni Piccinini (batteria).
Il nuovo album appena uscito (uno splendido libro di settantadue pagine a tiratura numerata ma non limitata) è la fotografia mossa di questo percorso, ma soprattutto l’immagine nitida di ciò che il gruppo è diventato oggi. The Oak Within The Acorn è composto da undici brani incisi in presa diretta e con un suono fedele alle loro infuocate esibizioni live, con la chitarra di Fabio Corsaro pronta ad insinuarsi prepotente in ogni spiraglio lasciato libero da una sezione ritmica tanto spigolosa quanto precisa per evidenziare al meglio i testi di Iacobaci che parlano della confusione comunicativa e dell’emotività esasperata e rabbiosa del mondo attuale. Un album di visioni, oscure come questa nostra epoca, con la rabbia affiorante per questo senso di impotenza che (troppo spesso) sembra pervaderci.
La stridente “Dunning-Kruger-Voight-Kampff” irrompe nei nostri padiglioni auricolari parlando di teorie del complotto, tra Qanon e Piano Kalergi, mentre “The Blue Frontier” racconta della tragedia di 10 anni fa al largo di Lampedusa che fece 388 vittime, ricordandoci del fatto che la politica italiana (e internazionale) continua a osservare impotente nuove tragedie, accusando i migranti, minacciando azioni inutili e attaccando chi salva vite umane, senza fare nulla per impedire queste morti.
All’interno troviamo gli strappi e i saliscendi di “The Cult Of Nature” e “Echo Chamber” insieme a momenti più “leggeri” come la “Pornest Song Ever” che fa comunque riflettere (e dovrebbe suscitare domande piuttosto che ciechi schieramenti) su un sistema, quello della pornografia, che è diventato per qualcuno fonte di reddito. Il basso anni ’80 e la chitarra sferragliante di “Tired”, il sentirsi in qualche modo escluso ma in pace con se stessi e con la propria maglietta degli Hüsker Dü di “1991”, per poi trovarsi di fronte ad uno degli episodi più intriganti dell’album. Eh sì, perché “Nunzio Frajunco”, introdotta da una chitarra che fa il verso ad uno scacciapensieri, non è altro che il racconto di una pagina importante della nostra storia come l’arrivo dei Mille in Sicilia nel 1860, vista dalla parte degli ultimi e dei perdenti. Il noise-post-hardcore del gruppo si mette al servizio della narrazione storica di un’ingiustizia realmente accaduta, narrata da Iacobaci in dialetto brontese. Se volete approfondire il tema, potete partire dal film “Bronte – cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato” di Florestano Vancini.
“… A Bronte, mentre il popolo covava la rivolta, un contadino a tutti noto come pazzo, certo Nunzio Ciraldo Frajunco, la testa cinta da un fazzoletto tricolore, andava gridando per le strade, e soprattutto davanti al circolo dei civili: «Cappelli, guardatevi, l’ora del giudizio si avvicina; popolo, non mancare all’appello».
Di ciò i galantuomini si ricordarono all’arrivo di Bixio: e il pazzo fu condannato a morte e fucilato.” (Leonardo Sciascia)
E se l’affilata “Mysogynocyde” tocca un tema diventato (purtroppo) di nuovo attuale una settimana prima dell’uscita del disco, “How Charming The Beauty Of An Impending Extinction”, sensibilizzandoci sul cambiamento climatico, ci rimanda alla tradizione di un’etichetta gloriosa come la Touch And Go prima che la dolente ed intensa “Acorn” possa chiudere il disco come meglio non si potrebbe.
The Oak Within The Acorn è un album che, come dice il cantante ed autore dei testi Giuseppe Iacobaci, “condensa in trentaquattro minuti immagini e pensieri di quattro anni. Non parla di covid né di guerra, ma parla di molte cose che stanno intorno al modo in cui ci siamo raccontati le guerre e il covid. Parla di caos e della disumanizzazione, di perdita di pietà; del bisogno di stare soli per parlare con sé stessi, per ascoltare musica o per autodistruggersi, e di rabbia, di natura, di malattia, di ansie e illusioni impossibili.” Un disco volutamente pubblicato solo in CD, dove il supporto fisico è posizionato all’interno di una busta numerata posizionata alla fine di un lussuoso libretto di 72 pagine ricco di splendide foto ed illustrazioni, impaginato da Salvo Senia e impreziosito dalla splendida copertina di Ambra Garlaschelli.
L’album è ambizioso, ricco, imperfetto, specchio di un’ispirazione importante che il quartetto siciliano ha messo a frutto nel modo migliore possibile. 34 minuti dove il post hardcore statunitense di ispirazione 90’s si incontra con la tradizione italiana a metà strada di un ponte splendido, invisibile ma sempre più saldo.
“I’m not gone, dissolved in smoke
I am the acorn from the oak
I’m not hurt, see, I don’t bleed
I was tree and now I’m seed”
TRACKLIST
1. Dunning-Kruger-Voight-Kampff 3:10
2. The Blue Frontier 3:17
3. The Cult Of Nature 3:35
4. Tired 3:03
5. Pornest Song Ever 3:37
6. Nunzio Frajunco 2:34
7. 1991 3:27
8. Echo Chamber 2:59
9. Mysogynocyde 2:32
10. How Charming The Beauty Of An Impending Extinction 2:56
11. Acorn 2:48