I The Numbers festeggiano i 50 anni di attività
Endure è l’ennesimo disco straordinario di una band che tiene alta la tradizione del blues
A pensarci bene è una sorta di cosciente e lucida follia. La pazzia meravigliosa di una band che in 50 anni di attività ha pubblicato una decina scarsa di album senza mai avere un vero contratto discografico. I The Numbers da mezzo secolo tengono alto nella notte il fuoco sacro del blues di cui si vantano (a ragione) di conoscere a menadito la mappa, compresi quegli angoli più nascosti che comunicano con i ripostigli jazz. I fratelli Kidney (Robert, chitarra e voce e Jack, tastiere e armonica) insieme a Terry Hynde al sax, Bill Watson al basso e Clint Alguire alla batteria, dal loro nascosto angolo di Kent nell’Ohio hanno sempre prodotto musica, anche senza inflazionare il mercato. In questo mezzo secolo la band ha dato spettacolo sul palco, collaborato con personaggi del calibro di David Thomas, Anton Fier e partecipato ad alcune delle varie incarnazioni dei Golden Palominos.
La loro è una visione singolare ma vera del blues, un’immagine reale dell’America proletaria, interpretata senza inutili tecnicismi e fronzoli (Robert Kidney non è certo un guitar hero), forti di avere dalla loro parte l’ausilio fondamentale del sax di Terry Hynde (fratello della più nota Chrissie dei Pretenders) che, nelle vesti del perfetto guastatore, spazia in ogni angolo creando un memorabile scompiglio. La loro intenzione nel festeggiare il mezzo secolo di attività era di registrare la loro musica in un modo che potesse mettere in risalto il rischio e la vulnerabilità dell’esecuzione. La band ha quindi registrato il nuovo lavoro tutto o quasi in presa diretta, lasciando che la tecnologia avesse il minor impatto possibile. Il risultato, Endure: Outliers On Water Street, è l’ennesimo album autoprodotto (e per questo non di facilissima reperibilità) capace di raggiungere un livello di eccellenza. Non bastasse l’enorme esperienza accumulata in 50 anni sul campo, ritroviamo in piena forma la voce del fondatore Robert Kidney, profonda, potente, espressiva, capace di raccontare storie con straordinaria autorevolezza ed empatia.
Non c’è David Thomas dietro al mixer come nel precedente, splendido, The Inward City, ma i lunghi anni di silenzio non sembrano aver arrugginito l’impatto sonoro della band che già dall’avvio di “Back To Disaster” mostra di essere in forma strepitosa. Un inizio fluido tra pennate classiche su cui l’armonica ricama cerchi deliziosi, un intermezzo febbrile e dissonante, un esaltante call and response voce-cassa-charleston che confluisce in un finale dove la voce di Robert è sempre grande protagonista. La seguente “Railroad Runs” è un bel 4/4 fluido, ideale per l’ascolto in macchina, mentre “Wolf” è un perfetto sottofondo per un noir in bianco e nero, con l’organo capace di creare una atmosfera ombrosa prima che il sax si prenda il centro del palcoscenico per una cavalcata tanto imbizzarrita quanto seducente, senza dubbio una delle tracce migliori del lotto.
C’è una specie di alternanza tra le tracce più distese come “Red Stick”, un vero e proprio classico dove trova spazio anche il piano, e i brani più scuri come la lenta discesa all’inferno di “Blue Collar”, dove un andamento spezzato e sincopato diventa via via più cupo e dissonante. “Rosalie” e “In Stride”, poste appena dopo la metà del guado, riescono a farci rilassare un attimo. La prima è una suadente ballad condotta con stile e classe, mentre la seconda è una soundtrack da film anni ’50 ambientata in un fumoso locale con il piano elettrico a menare le danze. Provate a resistere alla tentazione di schioccare le dita a tempo, io non ce l’ho fatta. Ancora il piano elettrico ad introdurre la jazzata “Getting By”, prima che arrivi la lunga e stratificata “And Whirl Around” a farci fare il giro del blues in 9 minuti, con un prolungato inciso strumentale a metà del brano ed un incrocio sax-armonica che vorremmo non finisse mai. “Crazed And Restless” conclude il programma lasciando andare i musicisti a briglie sciolte sulla strada d’acqua illustrata in copertina.
Si definiscono “outliers”, ed in effetti i The Numbers sono una splendida anomalia. Mai rassegnati, seducenti ma crudi, perfetti messaggeri di una musica che (speriamo) non tramonterà mai. Fieri eredi di una tradizione ed una passione che è sempre più difficile riscontrare in questi difficili anni di musica liquida (per me una sorta di terribile ossimoro) governata dalle playlist dei servizi di streaming. Endure è un disco straordinario, con tanto sudore, sangue, passione, onestà e perfino sofferenza, mai ostentata ma udibile in ogni singola nota suonata da questi splendidi musicisti. Lunga vita ai fratelli Kidney e ai loro straordinari compagni di avventura.
“Questa registrazione segna mezzo secolo ed è dedicata al pubblico che ci ha portato fino a qui. Il nostro pubblico ha supportato la nostra musica così com’è e si aspetta solo il nostro impegno nella performance. Questo album è un tentativo di onorare questa aspettativa. Il nostro impegno si concretizza nell’essere creativi, unici e originali. Definiamo il nostro suono. Non ci sono regole perché non giochiamo. Non ci siamo per il gioco, ci siamo per la musica.” (Robert Kidney)
TRACKLIST
1. Back To Disaster 8:06
2. That’s The Way The Railroad Runs 5:25
3. Wolf 6:22
4. Red Stick 6:54
5. Blue Collar 7:25
6. Rosalie 6:29
7. In Stride 4:05
8. Getting By 6:16
9. And Whirl Around 9:13
10. Crazed And Restless 4:40