Alessandro Bosetti è un compositore e artista sonoro nato a Milano ma affermatosi sulla scena della musica sperimentale a Berlino, dove nel decennio 2000-2010 è stato parte attiva di una profonda trasformazione dei linguaggi sonori (Ensemble Phosphor, composizioni per Kammerensemble Neue Musik, Die Maulwerker, Neuevocalsolisten Stuttgart). E’ anche uno dei più innovativi artisti radiofonici della sua generazione, avendo creato nell’ultimo decennio una serie di laboratori dove estetica relazionale e composizione elettroacustica dialogano e si confondono su un unico ed originale piano espressivo. Spiccano tra questi “Il Fiore della Bocca” (Rossbin/Deutschlandradio Kultur 2005), un lavoro sulla vocalità di persone con handicap fisici, “African Feedback” (Errant Bodies press, 2004), una ricerca a più voci sulla ricezione della musica sperimentale nei villaggi dell’Africa occidentale, e “Zwölfzungen” (Sedimental Records, 2010), “12 ritratti di linguaggi che non capisco” inizialmente pensato per una radio tedesca. Da sempre appassionato di letteratura e musica, Bosetti ha via via abbandonato il suo ruolo di sassofonista jazz per intraprendere un percorso che lo vede impegnato nel tentativo di elidere a vicenda i confini tra narrazione e musicalità, facendoli diventare due aspetti dello stesso fenomeno.
L’interesse per la polifonia vocale ha portato l’artista alla composizione delle due lunghe tracce che compongono il suo nuovo lavoro intitolato ‘Plane/Talea’. Usando le sue stesse parole, il disco “prospetta un ‘coro impossibile’ costruito attraverso il campionamento di migliaia di frammenti e particelle di voce, la mia e quella di altri, e la loro ricomposizione in ghirlande e tessiture polifoniche. Tale ciclo può venir inteso come la sonificazione utopica di una comunità impossibile, in cui voce è atomizzata in particelle primarie ed in seguito ricostituita in masse e nubi sonore. La musica di Plane/Talea è la proiezione sonora di tale comunità.”
Non sorprende quindi scoprire che gli strumenti che compongono questo album sono quasi esclusivamente voci, quella dello stesso Bosetti, di Georges Appaix, Sevrine Bauvais e dei sei membri del coro Die Maulwerker che “non vengono processate o alterate in alcun modo ma sono sottoposte ad una riorganizzazione molecolare”. La sua estetica sonora viene applicata mettendo in atto un serrato dialogo tra linguaggio, suono e rumore all’interno di complesse costruzioni vocali. Il modus operandi è quello di una sorta di scultura sociale, i due lunghi brani sono pervasi da una dinamica di gruppo, in cui ogni voce influenza l’altra, facendogli prendere strade diverse, siano esse parallele, convergenti o divergenti. I suoni cercano di raggruppare gli stormi di voci, ma non sempre le stesse voci hanno voglia di obbedire a questi ordini. Alcune si allontanano, altre si avvicinano, alcune salgono oltre le nubi, altre si posizionano in modo da vedere l’orizzonte, altre ancora si immergono nell’oceano profondo. “Solo poche restano sul pavimento a giocare con cubi di linguaggio costruendo grammatiche effimere”.
Difficile tentare di mettere su carta tutto quello che succede durante lo svolgimento delle due parti. Nella prima le voci gorgheggiano, successivamente sembrano inghiottire schegge di legno per poi finire preda di uno stormo di uccelli che le porta sempre più lontano. Nella seconda si uniscono in un coro polifonico dalla solennità liturgica, unendosi a vari suoni e andando in cerchio come le ruote Lulliane (le divine ruote concentriche che secondo il filosofo spagnolo garantivano di poter esprimere tutte le combinazioni dell’universo) citate dallo stesso autore, per poi planare a terra dolcemente tra scarni rintocchi di pianoforte.
Un album non certo di facile ascolto, 41 minuti che richiedono la vostra completa attenzione, un alternanza di chiaroscuri che può essere spaesante. La voce, l’uomo, si riafferma sulla macchina grazie a una commovente alternanza di sentimenti. Durante lo svolgersi del disco le voci si faranno di volta in volta impaurite e solenni, tranquille e nevrotiche, liturgiche e blasfeme, in una successione di sentimenti che rende l’ascolto del disco un’esperienza profondamente umana. Plane/Talea è stato concepito come un ciclo strutturale (composto da diversi e diversificati concerti/esibizioni in varie parti del mondo) in continua crescita di cui il disco (uscito per la Holidays Records in sole 300 copie viniliche), è solo una parte. L’album è stato registrato a Marsiglia, nella sede del GMEM – Centre National de Création Musicale di Marsiglia (con registrazioni addizionali di Attila Faravelli allo Spazio O’ di Milano), mentre il mastering è stato curato a Berlino da Rashad Becker. Con quest’ultimo lavoro Bosetti si conferma come una delle figure più affascinanti e anomale dell’intera scena musicale contemporanea.