Dopo dodici anni di silenzio torna Pat Gubler aka P.G. Six
“Murmurs & Whispers” ci porta in uno straordinario mondo psych-folk fuori dal tempo
Photo Cover: Mayuko Fujino
Qualche mese fa la Amish Records, etichetta discografica di Brooklyn che opera dal 1996 in diversi ambiti musicali, dall’avant rock all’outsider folk, dal free jazz all’elettronica sperimentale, ha ristampato Parlor Tricks And Porch Favorites, album che nel 2001 aveva rivelato al pubblico il talento di Pat Gubler, nascosto dietro al moniker di P.G. Six. Un folk psichedelico che si inseriva perfettamente in una sorta di revival dell’epoca (che portò alla ribalta artisti come Devendra Banhart), e che si affacciava spesso e volentieri sulle coste britanniche (Fairport Convention, Bert Jansch, Anne Briggs). A seguire, Gubler, che aveva fatto parte del collettivo di folk psichedelico The Tower Recordings, aveva inciso un secondo lavoro anch’esso ottimo (The Well Of Memory). La sua passione per l’arpa lo aveva poi portato ad incidere Music From The Sherman Box Series And Other Works, lavoro che mostrava il suo profondo amore per uno strumento inusuale. Tra il 2007 e il 2011 ecco arrivare due album incisi per la Drag City che mostrano la voglia dell’artista newyorkese di provare a “normalizzare” il proprio suono. Slightly Sorry e Starry Mind cercano di strizzare l’occhio ad un certo folk-rock di maniera, risultando però piuttosto deboli nell’ispirazione. Gubler farà molto molto meglio con il progetto Metal Mountains insieme all’ex sodale nei The Tower Recordings Helen Rush (voce, chitarra e synth) e al violino di Samara Lubelski ci aveva accompagnato dolcemente in un viaggio visionario tanto breve quanto meravigliosamente intenso intitolato Golden Trees .
Ma quello di Gubler è e rimane il talento di chi sa vedere la musica folk oltre i confini del tempo e dei territori. In fondo, come abbiamo detto, è stato una sorta di apripista, nella scena weird folk, di una serie di artisti a venire i cui altri satelliti hanno in qualche modo eclissato la sua stella. Quasi inaspettatamente. ben 12 anni dopo il suo ultimo lavoro solista, ecco che il polistrumentista ritira fuori la sigla P.G. Six che appare in bella vista sulla bucolica copertina di un nuovo album intitolato Murmurs & Whispers, appena uscito per la benemerita Drag City. I mormorii e sussurri di un artista tornato in punta di piedi, che apre le danze suonando un’arpa celtica Triplett 34 corde modello fine anni ’80 (che ha sostituito una bella arpa paraguaiana che aveva suonato per anni in precedenza) con un’ intensa sensibilità, facendoci capire già dalle prime note di “Leaves” che stiamo per entrare in un luogo completamente fuori dal tempo.
Dopo gli arrangiamenti elettrici dei precedenti album, Gubler fortunatamente ha deciso di tornare a comporre quello che gli riesce meglio: canzoni capaci di contenere silenzi evocativi, scelta confermata dalle successive “I Have Known Love” e “Tell Me Death”, commoventi e suggestive. Il disco si muove su panorami quasi interamente acustici se si eccettua una “I Have A House” posta a metà programma, dove l’hurdy gurdy in apertura e le scariche di chitarra elettrica, portano P.G. Six ad introdurre una tensione vibrante che si scioglie quasi subito nelle successive “Just Begun” e “Barley Wine”, due brevi tracce che sembrano quasi dei traditional corali che non sfigurerebbero affatto nel catalogo di Christy Moore o di Bert Jansch. Dopo gli eterei arpeggi della strumentale “Meandering” è la volta di uno dei vertici del disco, la lunga ed evocativa “I Don’t Want To Be Free”, impreziosita dalle evoluzioni quasi jazzistiche del sax di Wednesday Knudsen, con cui Pat suona nella Weeping Bong Band. Ed è il flauto dello stesso Knudsen ad accompagnare la chitarra ed il piano di Gubler per il delicato e suggestivo finale di “Foggy Hill”.
Il disco, registrato in un ambiente bucolico nelle campagne a nord di New York da Mike Fellows, ci fa ritrovare a distanza di tanti anni il talento speciale di Pat Gubler nel creare suoni terreni con aspirazioni trascendenti. Murmurs & Whispers è un album breve ma di grande intensità emotiva, così empatico e fuori da ogni rotta commerciale da risultare (paradossalmente) incredibilmente attuale.
TRACKLIST
1. Leaves 4:10
2. I Have Known Love 3:50
3. Tell Me Death 5:35
4. I Have A House 5:47
5. Just Begun 2:28
6. Barley Wine 2:21
7. Meandering 3:37
8. I Don’t Want To Be Free 7:51
9. Foggy Hill 1:46