Il duo australiano certifica una crescita importante con il terzo album in studio
“The Real Work” è un impressionante atto di forza dove i Party Dozen trovano la definitiva quadratura delle loro improvvisazioni noise
Qualcuno potrà obiettare che il disco di cui mi sto accingendo a scrivere la recensione è uscito ormai cinque mesi fa. Obiezione accolta. Però, Vostro Onore, a mia discolpa, posso solo dire di essere rimasto molto sorpreso dall’assoluta mancanza di italico inchiostro virtuale versato per uno dei gruppi che più mi ha colpito nel corso dell’anno: i Party Dozen. Gli australiani Kirsty Tickle (sassofono) e Jonathan Boulet (batteria, percussioni, campionamenti) uniscono le loro forze come duo nel 2017 a Sidney, spinti da un amore viscerale per l’improvvisazione, il noise e l’attitudine punk, diventando famosi in patria per i loro incendiari spettacoli dal vivo, andando in tour e suonando con artisti come Liars, Tropical Fuck Storm e Viagra Boys. L’attitudine DIY (il duo scrive, esegue e registra tutto da solo) ha fatto il resto portandoli a creare una propria etichetta discografica, la Grupo, e la pubblicazione di due album tra il 2017 ed il 2020 che ne hanno affinato la fase compositiva e l’amalgama tra la modalità più melodica di Kirsty e quella più sperimentale di Jonathan.
Il loro terzo lavoro, The Real Work, è la definitiva quadratura del cerchio. Un perfetto calderone dove possiamo trovare noise, doom, jazz, hardcore, psichedelia, punk, no-wave. Una furia iconoclasta che parte da un’impalcatura percussiva ma che è capace di svilupparsi in maniera deflagrante come dimostra l’iniziale “The Iron Boot” che inizia con un riff quasi doom prima di essere graffiata a sangue dal sax sotto un ritmo forsennato. La traccia successiva, “Macca the Mutt”, inizia con l’inconfondibile “stile canoro” di Kirsty che urla nel corno del suo sassofono. Ma la sorpresa è dietro l’angolo, e mentre il ritmo si fa sempre più incandescente, ecco arrivare il cameo di un sogghignante Nick Cave a rendere memorabile il tutto con il verso reiterato: “I’ve got a mutt, I’ve got a mutt, I’ve got a mutt called Macca”. E se ci si chiede se sia davvero una chitarra lo strumento sincopato che accompagna il sax nell’incipit della trascinante “Fruits Of Labour”, la successiva “The Worker” è un tornado che spazza via tutto nei suoi selvaggi cambi di tempo. Il brano è nato come improvvisazione live nella deserta galleria d’arte di Sydney Phoenix Central Park lo scorso anno, ad esprimere tutta la frustrazione del duo per non essere andato in tour causa pandemia dopo il loro secondo album.
La quiete dopo la tempesta è rappresentata dalla notturna “Earthly Times”, ipotetica soundtrack jazzata di un fumoso thriller in bianco e nero. Un brano che mostra come i due riescano a controllare e contenere entro i limiti una palpabile tensione sonora. Ancora il sax a barrire imperioso in una cadenzata “The Big Quit” che mostra il loro lato più soul, esplorato in modo viscerale come ideale colonna sonora di un film di John Cassavetes. E a proposito di ideali soundtracks, ascoltate come i due improvvisano su uno scuro loop di tastiere rendendolo ora dirompente, ora giocoso, ora doom fino all’ultimo colpo di rullante che spiana la strada alla successiva, devastante “Balance” condotta da una Kirsty Tickle che si diverte con il suo Morley Power Fuzz Wah pedal che, collegato al sassofono, crea adrenalinici diversivi raddoppiati dal drumming senza freni del suo compagno di avventure soniche.
E quando pensavamo di aver esplorato quasi tutto il mondo sonoro del duo ecco che la conclusiva “Risky Behaviour” in qualche modo riesce a stupirci ancora con il suo andamento misterioso, cadenzato e malinconico. Una lenta e avvolgente dissolvenza tra jazz, psichedelia e post-rock di enorme fascino e maturità. The Real Work è una foschia allucinatoria tra spasmi di improvvisazione, echi di Stooges, doom, noise, jazz. Un treno che più volte rischia di deragliare e che per pura magia rimane sempre ben saldo sui binari, condotto con maestria da due musicisti capaci di sperimentare tracciando una strada adrenalinica di notevole impatto che, speriamo, non rimarrà limitata ad una fama sotterranea.
TRACKLIST
1. The Iron Boot 3:36
2. Macca The Mutt (feat. Nick Cave) 4:01
3. Fruits Of Labour 4:24
4. The Worker 3:41
5. Earthly Times 4:36
6. The Big Quit 3:45
7. Major Beef 3:07
8. Balance 3:28
9. Risky Behaviour 4:26