90's Post-Rock
Questa sezione del sito è nata originariamente per far riemergere dall’oblio alcuni artisti o bands che nel passato sono state particolarmente sfortunate e non hanno mai ottenuto l’attenzione mediatica che avrebbero meritato. In questo caso voglio fare una sorta di eccezione, perché la band di cui parlo è stata molto attiva e vitale negli anni ’90, si è sciolta e riformata, e solo dopo una serie incredibile di traversie nel corso del 2021 è riuscita finalmente a pubblicare il proprio album di debutto.
Per raccontare questa storia (fortunatamente a lieto fine) occorre tornare indietro nel tempo fino al maggio 1994, quando sul numero di maggio del noto magazine inglese The Wire venne pubblicato un articolo scritto da Simon Reynolds che cercava di codificare in qualche modo un nuovo approccio al suono, un’estetica che sanciva il taglio del cordone ombelicale che la legava al punk (che invece l’embrione del grunge si teneva ben stretto), per abbracciare una serie di mutazioni che ripescavano aggiornandole una sequenza di generi che sembravano essere stati ormai messi in cantina: psichedelia, canterbury sound, krautrock. Di questa nuova progenie, secondo l’eminente critico, facevano parte una serie di gruppi (naturalmente britannici) che pur suonando con la classica strumentazione del rock, ne rivoluzionavano la grammatica in nome di una libertà sperimentale del tutto nuova. Dunque il concetto iniziale di post rock partiva dalle formazioni provenienti dalla Gran Bretagna, e da quello che è stato il suono dell’etichetta di riferimento, ovverosia la Too Pure, fondata a Londra nel 1990 da Richard Roberts e Paul Cox, salita improvvisamente alla ribalta grazie alla pubblicazione dell’album di esordio di PJ Harvey. La label londinese era diventata in breve tempo il punto di riferimento per gli ascoltatori e gli addetti ai lavori meno allineati e usuali. Le band che incidevano per l’etichetta (Th’ Faith Healers, Pram, Stereolab, Seefeel, Mouse On Mars, Laika e Moonshake, da una parte non si somigliavano affatto, ma allo stesso tempo erano pervase dalla stessa comune voglia di sperimentare, rifacendosi a band come Pop Group o Rip Rig + Panic, ripercorrendo le strade del krautrock, usando lo studio di registrazione come nuovo strumento e delegittimando di fatto il simbolo principe del rock: la chitarra.
Primi passi
Contemporaneamente a quanto avveniva in Gran Bretagna, dall’altra parte della Manica Rose-Laure Daniel (basso e voce), Isabelle Vigier (chitarra) e Marine Laclavère (batteria) davano vita nel 1992 a Parigi al progetto One Arm prendendo il nome da un racconto del drammaturgo e poeta americano Tennessee Williams. Le tre ragazze facevano parte senza sosta della scena musicale post-punk e no wave parigina e francese fino al 1996. In quei quattro anni le tre “minimaliste isteriche”, come amavano definirsi, avevano condiviso i palchi di mezza Europa proprio con alcune delle band della Too Pure come Pram e Moonshake, oltre agli olandesi di culto The Ex, Dog Faced Hermans e Pond (band statunitense che incideva per Sub Pop, non gli attuali indie-rockers australiani). Inltre avevano anche trovato il tempo tra un concerto e l’altro di autoprodursi una cassetta composta da 9 tracce, un singolo (recentemente ristampato solo digitalmente dalla Atypeek Music e disponibile sul loro Bandcamp) e di apparire in numerose compilations prima di sciogliersi definitivamente nel 1997.
Secondo tentativo
Ma non tutto era perduto. Un anno dopo, digerito l’abbandono della Vigier, la sezione ritmica della band decise di riprendere il progetto facendolo partire di nuovo con due nuovi compagni di avventura. Una strada apparentemente folle visto che i nuovi arrivati componevano anche loro la sezione ritmica di un gruppo appena sciolto, La Mâchoire. Ma l’azzardo ha dato i suoi (forse insperati) frutti. L’innesto della batteria di Dilip Magnifique e del basso di Rico Herry ha trasformato la band in un ibrido e simmetrico quartetto: due donne, due uomini, due bassi e due batterie. I quattro hanno iniziato a creare canzoni totalmente nuove, prendendo in prestito dal vecchio repertorio solo “Hitch-Raping” e “Space Is The Place” che faceva parte di un loro side project chiamato Mysore Pak. Dopo alcuni concerti (di cui uno memorabile all’Elysées-Montmartre di Parigi nel 2000 di supporto ai Sonic Youth) e un demo, l’album stava finalmente per essere pubblicato da un’etichetta belga, la FBWL. Ma il destino aveva deciso ancora una volta di voltargli le spalle. L’etichetta fallì, nessun’altra label si fece avanti e i componenti della band si salutarono tornando ad essere geograficamente distanti. Bisognerà aspettare altri 15 anni per far si che qualcosa si muovesse di nuovo sul fronte One Arm. Prima un tentativo con un’altra etichetta fallito per motivi logistici, poi l’interesse della Atypeek Music che ha portato la band a riprendere i vecchi demo, arricchirli, remixarli e trasformarli nella versione definitiva che troviamo nella loro prima uscita sulla lunga distanza, finalmente pubblicata ad inizio 2021, che prende il nome proprio dal loro antico progetto alternativo.
Mysore Pak
Come si evince dai capitoli precedenti, i brani di Mysore Pak sono stati composti e registrati in un lungo lasso di tempo, un concentrato di stili e scrittura assolutamente sorprendente per qualità e peso specifico che risulta incredibilmente coeso nonostante la differenza temporale. Due bassi, due batterie, samples, field recordings capaci di shakerare proprio quel post-rock britannico anni ’90 che faceva capo all’etichetta Too Pure, funk, krautrock, new wave e musica industriale in un calderone febbrile di grande effetto. La partenza è con il botto, visto che le trascinanti “Real” e “ESG” spingono subito il piede sull’acceleratore, ma i diabolici quattro trovano il modo di rallentare subito i ritmi prima con la splendida e ondeggiante “Space Is The Place” (unico brano dove è presente una chitarra) dove fa capolino il cameo di Little Annie, poi con i riflessi di specchi ed echi della sinuosa “Figure”, mentre le voci che sembrano arrivare da una lontana moschea di “Fiddle” vanno a planare su una sorta di giga lenta e scura. Con la trascinante “City” si torna a rilasciare nervi e muscoli, e quella che sembra una chitarra che sbuffa e si impenna non sono altro che gli effetti e i pedali di Rico in uno dei loro migliori travestimenti; le voci e i suoni che si avvicendano nei nostri padiglioni auricolari rendono gli strumentali “B.O.” e “Change” inquietanti e avvincenti allo stesso tempo, il basso super dub di “Hitch-Raping” ci fa ciondolare la testa prima che le percussioni accelerino febbrilmente il ritmo per portarci diretti nel mondo trascinante di “Top Tone”, il brano più lungo del lotto, quasi 8 superlativi minuti dove la voce di Laure, samples, ritmi tribali, bassi, echi mediorientali e dub, si intrecciano in uno stratificato microcosmo emozionale. Con ogni probabilità il brano migliore di un album superlativo. A chiudere il disco ci pensa una “Step 3” che alterna pause seducenti a oscillazioni di suoni e voci e la propulsione wave dello strumentale “Virgule”.
Epilogo
Il gruppo francese ci ha messo tanto tempo per pubblicare il proprio manifesto sonoro, ma sento di poter dire senza timore di smentita che non è stata un’attesa vana. I quattro musicisti hanno messo su un album di sicura suggestione, capace di colpire con complesse trame ritmiche che vengono costantemente trafitte dagli inserimenti ispiratissimi degli effetti e dalle bordate di suoni meravigliosamente organizzati. Lo stesso Dave Callahan dei Moonshake aveva dichiarato con orgoglio che The Sound Your Eyes Can Follow era un disco “guaranteed guitar-free”, e gli One Arm, che con Callahan e compagni hanno diviso molte volte il palco negli anni ’90, hanno saputo rinfrescare e rinverdire quel suono coraggioso in maniera assolutamente perfetta. A questo punto non ci resta altro che ascoltare di nuovo il disco e sperare che non ci facciano aspettare altri 20 anni per un seguito.
DISCOGRAFIA
Singles:
- Treat/Brilliant 7″ (1994, Zoorganization)
Albums:
- Mysore Pak (20121, Atypeek Music)
Compilation appearances:
- Stream, Dr. Slump (1993, V/A “Fat Butt Without Love Volume One”, FBWL)
- Grit (1993, V/A “Tape A L’ogue Vol. 1 – Just Press Play… Do The Shrimp!”, Ubu Tapes)
- Dread Fred, One Arm (1994, V/A “Ah!… Quelle Belle Journée” – Amanita)