Oggi, 40 anni fa, ci lasciava Terry Kath, uno dei musicisti più talentuosi della sua epoca
Riscopriamo insieme Terry Kath e i suoi Chicago, band troppo spesso ricordata solo per la loro triste deriva mainstream
E’ il 23 gennaio 1978, siamo a Woodland Hills, a sud della San Fernando Valley. In questo sobborgo di Los Angeles abita Don Johnson, uno dei roadie più fidati e di lunga data della jazz-rock band Chicago. Johnson aveva invitato molti amici ad un party quel pomeriggio, e tra i presenti non poteva mancare Terry Kath, talentuoso chitarrista e occasionalmente cantante della band. Kath stava attraversando un periodo di profonda inquietudine, tra una dipendenza da droghe/alcool e una crescente passione per le armi da fuoco.
Questi fattori avevano portato molte delle persone a lui più vicine ad esprimere una sincera preoccupazione. I più allarmati dalla deriva presa da Kath erano il bassista della band Peter Cetera, il batterista e amico dai tempi della scuola Danny Seraphine e lo storico produttore James William Guercio. Ma il pomeriggio sembra andare più che bene, Kath è sorridente e di ottimo umore, la band festeggia il successo dell’undicesimo album in studio e nulla lascia presagire quello che sta per succedere.
Sono circa le 17 quando Kath prende in mano una P38, si dondola sullo schienale di una sedia ed inizia a giocare con la pistola. Johnson è visibilmente preoccupato e gli chiede di metterla via, ma Kath sfodera uno dei suoi sorrisi più convincenti e lo rassicura “Hey Don, lo vedi che il caricatore è vuoto?” mostrandogli la pistola aperta, mettendosela poi alla tempia e premendo più volte il grilletto a vuoto.
Il gioco sembra finito qui, ma Kath ha un’altra pistola, una 9 mm semiautomatica, ed inizia a giocare anche con quella. Johnson gli chiede di posarla, ma Kath con una risata gli fa vedere che anche questa pistola ha il caricatore vuoto e sorridendo se la punta alla tempia. Ma il chitarrista non sa che un maledetto proiettile è rimasto nella camera di scoppio, e appena preme il grilletto il mondo perde uno dei più straordinari chitarristi e cantanti della storia del rock.
Se non avete mai sentito parlare di Terry Kath probabilmente è a causa della cattiva fama della sua band di appartenenza. Effettivamente i Chicago da molti sono ricordati quasi esclusivamente per aver inciso ballate e hit-singles come “If You Leave Me Now” o “Hard To Say I’m Sorry”. Ma in realtà i Chicago, nati nel 1967 in un’epoca straordinariamente creativa e prolifica, sono stati un gruppo di assoluto valore. Impegnati politicamente e di grande impatto musicale, con una solida e fantasiosa sezione di fiati ed un fantastico impianto jazz rock.
Terry Kath aveva formato il primo nucleo della band insieme a due inseparabili amici: il batterista Danny Seraphine ed il sassofonista Walter Parazaider. Con l’innesto dei due compagni di Parazaider alla DePaul University di Chicago, James Pankow (trombone) e Lee Loughnane (tromba) si forma una solida e fantastiosa sezione fiati. A questo si aggiunge il talento del tastierista Robert Lamm e del bassista Peter Cetera ed ecco formati i Chicago Transit Authority.
James William Guercio è un giovane produttore appena approdato alla Columbia Records e si accorge subito del talento della band. Prende i sette sotto la sua ala protettrice, li fa trasferire in California e li mette subito sotto contratto. Appena arrivati a Hollywood, iniziano a suonare regolarmente nello storico locale Whisky a Go Go. I Chicago Transit Authority abbandonano le cover iniziando a comporre brani originali e aprono concerti di artisti come Janis Joplin e Jimi Hendrix. Proprio Hendrix è il primo a rimanere sconvolto dall’enorme talento di Terry Kath, e dopo un concerto si rivolge a Parazaider esclamando la famosa frase: “Hey man, your guitar player is better than me!!!”.
Il primo eponimo album del gruppo esce nell’aprile del 1969, ed è una vera bomba. Un album doppio che trasuda energia, jazz, rock, in composizioni di altissima levatura. Lamm, Kath e Cetera si alternano alle parti vocali, con Lamm come principale compositore. Kath è torrenziale nel suo lavoro alla sei corde e riconoscibile nel suo timbro vocale, baritonale e ricco di soul. Brani come “Introduction”, “Does Anybody Really Know What Time It Is?”, “Beginnings”, “Questions 67 and 68” e “I’m A Man” diventano dei veri e propri classici jazz-rock. Guardate qui sotto l’esibizione della band a Tanglewood nel 1970 per capire il potenziale anche on stage del gruppo.
L’album di esordio vende straordinariamente bene per essere il primo e addirittura un doppio LP. Posizione numero 17 nella classifica Billboard 200, oltre un milione di copie vendute e conseguente disco di platino. Il gruppo cambia il nome accorciandolo in Chicago per evitare controversie legali con l’azienda municipale dei trasporti della Windy City chiamata proprio Chicago Transit Authority e si lancia in una vorticosa carriera. Da li in poi gli album si chiameranno tutti semplicemente con il nome della band. Caratterizzati da un logo che è diventato il loro riconoscibile marchio di fabbrica, e un numero progressivo ad identificarli.
Chicago II esce nel 1970 ed è un successo ancora maggiore: numero 4 nella Billboard 200, numero 6 in Gran Bretagna, tre singoli nella top ten della Billboard Hot 100 (“25 or 6 to 4” al N°4, “Make Me Smile” al N°9 e “Colour My World” al N°7), e tre nominations ai Grammy Award. Chicago III esce nel 1971 ed è un altro doppio. Risente del lungo periodo passato dal gruppo on the road, ma nonostante una stasi creativa raggiunge comunque il numero 2 in USA pur non piazzando alcun singolo nella top ten dei singoli. A suggellare questi straordinari primi anni di carriera arriva il mastodontico quadruplo album registrato dal vivo. In Chicago at Carnegie Hall i sette ripercorrono con magistrali esecuzioni on stage gli straordinari primi anni di carriera.
Con gli album seguenti il gruppo asciuga leggermente il proprio suono. Chicago V è il loro primo disco singolo. Nel 1973 arriva Chicago VI che vede per la prima volta come membro aggiuntivo il percussionista Laudir de Oliveira. Con il seguente Chicago VII (uscito nel marzo 1974), tornano al formato doppio facendo uscire un disco meno immediato e più legato al jazz con lunghe suites strumentali. L’autocelebrazione arriva con il nono volume della serie, Chicago IX: Chicago’s Greatest Hits. Mentre Chicago X (1976) regala alla band il primo numero 1 in classifica con la ballatona “If You Leave Me Now” scritta e cantata dal bassista Peter Cetera. Anche la copertina è entrata nella storia, con il logo del gruppo in rilievo su una tavoletta di cioccolata
E’ il brano che forse cambia per sempre la percezione della band nel mondo, e la lancia al tempo stesso nella stratosfera del mainstream. Un anno dopo esce Chicago XI, album che segna una profonda linea di demarcazione nella storia del gruppo. E’ l’ultimo album in cui suona Terry Kath, che con “Takin’ It on Uptown” firma il suo epitaffio sonoro come cantante e compositore. Il disco esce quattro mesi prima del tragico incidente che pone fine alla sua vita.
La morte di Kath pone fine ad un’era dei Chicago. L’album successivo, il primo senza il chitarrista, vede anche la fine della decennale collaborazione con Guercio. Addirittura (caso pressoché unico nella storia della band) si presenta sugli scaffali nell’ottobre del 1978 con un titolo: Hot Streets. Il sound della band cambia radicalmente, strizzando l’occhio alla moda imperante all’epoca della disco music. Da quel momento in poi ci sarà un lento declino delle loro fortune discografiche, anche se la band è tuttora in attività nel 2018.
Michelle Kath Sinclair ha ancora un vivido ricordo di suo padre Terry, morto quando lei aveva solo circa due anni. Lei e i suoi genitori stavano viaggiando su una barca vicino a una casetta del Wisconsin di proprietà dei suoi nonni. “Ero in braccio a mia mamma, mio padre guidava la barca e disse: ‘Oh, dobbiamo girarci perché la diga è qui vicino'”. L’episodio è apparentemente insignificante, ma occupa da sempre un posto rilevante nel cuore di Michelle. La ragazza ha vissuto la straordinaria carriera del padre solo dai ricordi delle persone che gli erano state vicine.
Per scoprire e capire meglio la vita e la musica del padre, Michelle ha raccolto dei fondi attraverso un crowdfunding per la realizzazione di un documentario sul padre dal titolo The Terry Kath Experience: A Daughter’s Journey. Il progetto è nato dalla frustrazione di Michelle nel vedere il talento e il lavoro del padre quasi totalmente dimenticato dal grande pubblico. Dopo aver trovato una serie di memorabilia, Michelle ha intrapreso un viaggio alla scoperta del mondo del padre e alla ricerca della sua iconica Telecaster persa da qualche parte. Michelle ha intervistato moltissime persone legate in qualche modo a Terry Kath. Non solo la famiglia, i suoi compagni nei Chicago, e i suoi amici personali, ma anche altri musicisti ispirati dal suono del padre. Così è riuscita a mettere insieme i pezzi della vita di una delle leggende del rock più trascurate degli anni ’70.
Michelle scrive: “L’idea di fare un film su mio padre è nata molti anni fa. Guardando alcune sue vecchie foto ho realizzato che in realtà non conoscevo completamente la sua storia. La sua era la tipica storia di un ragazzo americano cresciuto nel midwest, che, da adolescente, prende in mano una chitarra, si innamora del suo strumento e finisce per diventare una famosa rockstar. Dopo tutti gli alti e bassi tipici del musicista di successo, la vita di mio padre è finita improvvisamente prima del mio terzo compleanno.
Il mio viaggio alla scoperta del mondo di papà è iniziato con la prima intervista. Potevo solo sognare che fare questo film mi potesse portare ad essere più vicina a mio padre e ad aiutarmi a capire meglio l’uomo che è stato e le decisioni che ha preso. Incontrare tutte queste persone ed ascoltare le loro storie su di lui sono ricordi che porterò sempre con me. Sarò grata per sempre a tutte le persone che mi hanno aiutato a compiere questo viaggio e a scoprire l’uomo che è stato mio padre.”
Il film-documentario è stato presentato in alcuni film festivals e negli Stati Uniti sulla AXS TV. Inoltre è già uscito in DVD, Blu-ray, e su Amazon, iTunes e altre piattaforme di streaming.
Se volete sapere chi è quel chitarrista straordinario che fece esclamare ad un incredulo Jimi Hendrix “Questo chitarrista è più bravo di me!”, non perdetevi questo film e andate ad ascoltare il suo perfetto fraseggio, la sua voce baritonale ricca di sentimento e di soul, e riscoprite un personaggio che ci ha lasciato 40 anni fa, e che merita di essere ricordato e riascoltato come e più di moltissimi artisti più famosi che sono nei nostri cuori e nei nostri padiglioni auricolari.