Tornano, come ogni 15 giorni le nuove avventure in musica di Sounds & Grooves, come sempre sulle onde sonore di RadioRock.to The Original.
Il podcast esce online in un giorno in cui non è facile parlare di musica. L’onda emotiva suscitata dalla scomparsa di Chris Cornell è stata davvero enorme, e le modalità del decesso hanno, se possibile, anche amplificato il dolore. In questi 80 minuti di musica troveremo il macigno emozionale degli Stearica, il rigoroso post-punk dei Wire, la dark wave italiana dei The Black Veils, il punk dei The Flesh Eaters che riscopre le radici del suono americano, la meravigliosa scrittura di Lisa Germano, il pop malinconico e sentimentale dei Blue Nile, il miscuglio da cazzari dei Ween e le scatole cinesi dei Fiery Furnaces, la New York anni ’80 dei Golden Palominos, l’hardcore adulto ed evoluto degli Husker Du, il punk al femminile di X-Ray Spex, il post rock dei 90 Day Men, il ritorno dei Todo Modo e la riscoperta dei Levitation. Prima di partire con questo viaggio in musica pubblicato come sempre sul sito della migliore podradio italiana www.radiorock.to, potete effettuare il download del podcast anche nella versione a 320 kb/s semplicemente cliccando sul banner qui sotto.
Iniziamo con una band italiana che proprio quest’anno festeggia i 20 anni di attività. Luca Paiardi, Francesco Carlucci e Davide Compagnoni hanno formato gli Stearica a Torino un paio di decadi fa, unica band italiana ad entrare per ben due volte nelle compilations chiamate The Wire Tapper, allegate al prestigioso magazine musicale britannico The Wire, e a salire sul main stage di festival di prestigio internazionale come il belga Dunk!festival o il britannico ArcTanGent. L’unica pecca che riesco a trovargli è la loro scarsa prolificità in studio, ma la qualità di un album come Fertile, uscito due anni fa per l’etichetta britannica Monotreme, me li fa perdonare immediatamente. L’album è un lungo viaggio in un immaginario di grande suggestione e vede i tre alle prese con il loro suono catartico e potente, dove riescono a coesistere potenza e melodia, post e math rock. “Delta” è solo la prima tappa, fatevi trasportare nel loro affascinante mondo.
I Wire si formano a Londra nel 1976, in piena era punk, ma Colin Newman, fondatore della band, studente d’arte e grande amico di Brian Eno, riuscì a creare un suono unico, debitore solo in parte dello tsunami che si stava abbattendo sul mondo musicale in quei mesi. I quattro componenti del gruppo si diversificano per la loro formazione accademica, non il tipico gruppo stradaiolo, ed il loro punk si mostra già dall’inizio mutante per le sue costruzioni oblique e stranianti che già dal secondo album Chairs Missing si rivolgeranno verso la new wave e verso una personale forma di psichedelia. 154 è il loro terzo lavoro, ultimo ad uscire per la Harvest, etichetta storica dei Pink Floyd, fatto che aveva fatto dare loro dalla stampa britannica il nomignolo di “Punk Floyd”. E’ il disco della perfezione formale, dove la loro ritmica nervosa si apre in inaspettate aperture pop di avanguardia. Ascoltate la melodia perennemente in tensione di “Map. Ref. 41° North 93° West”. Dopo brusche rotture, ricongiungimenti e altre rotture, la band nel 2006 è tornata di nuovo in piena attività sfornando il loro ultimo Silver / Lead proprio pochi mesi fa.
Gli Hüsker Dü si sono sciolti alla fine degli anni 80. Da quel momento in poi i tre membri della band (il cantante/chitarrista Bob Mould, il batterista Grant Hart, ed il bassista Greg Norton) hanno fatto vite completamente separate, anche se un anno fa era stato pubblicato un nuovo sito di merchandising ufficiale, che aveva fatto pensare ad una reunion che avrebbe del clamoroso. La band di Minneapolis era sempre in bilico tra la cupa introspezione di Mould e la spavalderia di Hart, che si spartivano da (quasi) buoni fratelli la scrittura delle tracce dei dischi. Zen Arcade è stato un disco epocale, un doppio concept album nell’era dell’hardcore, 23 brani dove ci sono tutti gli estremi, cervello e cuore, melodia e rumore, la ricerca di se stessi in un monolite che non è mai stato prima così intimo e spettacolare. “Chartered Trips” è una meravigliosa progressione firmata Mould.
Una delle storie da riscoprire della scena punk è sicuramente quella rapida ma indimenticabile chiamata X-Ray Spex. Poly Styrene (vero nome Marianne Joan Elliott-Said) mise un annuncio sul Melody Maker e sul NME nell’estate del 1976 racogliendo le adesioni del chitarrista Jak Airport (Jack Stafford), della sassofonista Lora Logic (Susan Whitby), del bassista Paul Dean e del batterista Paul ‘B.P.’ Hurding. Il suono del gruppo era fortemente segnato dalle due esponenti femminili: il cantato allucinato della Styrene ed il segno distintivo del sassofono abrasivo della Logic. “Oh Bondage Up Yours!” è stato il loro primo fantastico singolo, pubblicato dalla Virgin nel 1977, seguito un anno più tardi dall’album Germfree Adolescents. La loro straordinaria carica emotiva era diretta contro la vita moderna: lo sgolarsi di Poly Styrene ed il suo contraltare, il sax allucinato di Lora Logic, hanno contribuito a creare un universo di grande impatto, che purtroppo durò molto poco. Il gruppo si sciolse nel 1979, ma nel 1995 Lora, il bassista Dean e Poly tentarono una nuova riunificazione e produssero un secondo album, Conscious Consumer che non ebbe un grande riscontro. Poly Styrene ha pubblicato tre album solisti prima di morire dopo una lunga malattia il 25 aprile del 2011 a soli 53 anni.
Che meraviglia quella New York a cavallo tra ’70 e ’80, piena di grandi artisti collocati in un terreno fertile di grande fermento artistico. In quella NY il batterista Anton Fier (Feelies, Pere Ubu, Friction, Lounge Lizards) decide di formare una band chiamandola Golden Palominos. Un progetto aperto, una sorta di collettivo mutante nella cui prima incarnazione facevano parte il sassofonista John Zorn, i chitarristi Arto Lindsay (DNA) e Nicky Skopelitis, i bassisti Bill Laswell (Material, Massacre) e Jamaladeen Takuma più altri musicisti. C’è tantissimo nel loro album di debutto uscito nel 1983: jazz, funk, rock, un miscuglio misterioso e inclassificabile che prende vita dalla no-wave e dal jazz elettrico, un disco ed un suono con un groove sensazionale, fulminante, come dimostra la pazzesca apertura di “Clean Plate”, dove Fier pone le fondamenta con il suo drumming, i due bassi mettono in sicurezza la struttura, il tutto mentre Lindsay canta (bene!) e il sax di Zorn e le percussoni di David Moss provano a buttare giù tutto sabotando la struttura con il loro interventi. Il successivo album Visions of Excess vedrà i solo Fier e Laswell a tirare le fila con altri compagni di avventura come Michael Stipe, ma questa è un’altra storia…
Siamo agli albori del nuovo millennio quando una band appena trasferita a Chicago, culla del post-rock nel decennio precedente, Dopo uno split con i GoGoGoAirheart, i 90 Day Men registrano nel marzo del 2000 il loro primo album intitolato (it (is) it) Critical Band, un album in bilico tra post hardcore e math-rock, “Dialed In” è il perfetto brano di apertura che dimostra l’equilibrio compositivo e le capacità strumentali del quartetto. Due anni dopo l’innesto di Andy Lansangan alle tastiere cambierà il corso stilistico del gruppo, che dalle spigolose fattezze math-rock diventerà sempre più una sorta di art-rock tendente alla psichedelia e al prog, perdendo molta della loro dinamica che aveva reso il loro esordio un album di riferimento del genere.
Chris Desjardins è un personaggio meraviglioso. Cantante, poeta, critico musicale, capace di una prosa ossessionata dalla morte ma di grande valenza visionaria. Chris D. usa la musica punk come veicolo per mettere in pratica le sue visioni, crea nel 1977 la sua band The Flesh Eaters che ha l’enorme merito di innestare nel corpo punk lo spirito delle radici della musica tradizionale americana. “A Minute to Pray, a Second to Die” esce nel 1981, ed è album fondamentale da aggiungere alle migliori uscite degli X e dei Gun Club per capire il genere chiamato “tribal psychobilly blues”. Ascoltate il rhythm and blues alla Captain Beefheart dell’opener “Digging My Grave”, condotto in modo spasmodico dalla voce di Chris D. e dal sax di Steve Berlin (Los Lobos). Un capolavoro.
Torniamo in Italia, per trovare una band formata da tre bolognesi d’adozione: Gregor Samsa alla voce, Mario D’Anelli alla chitarra e drum machine e Filippo Scalzo al basso. I The Black Veils tornano a due anni di distanza dall’uscita di Blossom con un album intitolato Dealing With Demons, dove la tavolozza rispetto all’esordio diventa più ricca, il suono si espande verso altri lidi e contaminazioni assecondando i propri istinti e cercando la melodia anche attraverso i paletti da loro stessi creati e formati da pulsioni graffianti, trame oscure e muri shoegaze. L’album è un “concept sulla necessità di affrontare i demoni che si annidano nel cuore e nella mente degli esseri umani e che spesso ne prendono pericolosamente il controllo”. Un disco che si chiude davvero in bellezza con i drammatici rintocchi di piano che interrompono momentaneamente le ondate sferzanti della conclusiva “The Disintegration of the Persistence of Memory”. Se alle volte l’urgenza creativa della band sembra sfociare in una replica di alcuni cliché del genere, fortunatamente più spesso è capace di mostrare la personalità di un gruppo alla costante esplorazione del suono. Se continueranno a sperimentare e a “sporcarsi” potranno davvero togliersi enormi soddisfazioni.
Il batterista Giorgio Prette dopo aver abbandonato la casa Afterhours ha cercato di allargare i suoi orizzonti espressivi e ha trovato due splendidi compagni di avventura in Xabier Iriondo (suo compagno negli Afterhours per anni ed appena tornato alla corte di Manuel Agnelli) ed il talentuoso songwriter Paolo Saporiti. Prendono in prestito il nome Todo Modo dal romanzo di Leonardo Sciascia (e dal seguente flim di Elio Petri) e hanno dato lo scorso anno alle stampe un album interessante e coraggioso. Fortunatamente il trio ha continuato la sua avventura con un secondo album intitolato Prega Per Me dove dimostrano ancora una volta come cantautorato e sperimentazione possano andare felicemente a braccetto. “Non Dite Niente” mostra ancora una volta come i tre abbiano saputo mescolare perfettamente le suggestioni sperimentali di Iriondo con il songwriting di Saporiti e l’espressivo drumming di Prette.
I Levitation sono una band da riscoprire. Formati nel 1990 a Londra, avevano nelle proprie fila il frontman Terry Bickers ex chitarrista dei The House of Love), il batterista David Francolini, il chitarrista Christian Hayes (già collaboratore dei Cardiacs), il bassista Laurence O’Keefe e il tastierista Robert White. Una storia breve, ma intensa quella del quintetto, capace di un visionario rock psichedelico e liquido. Il debutto, la compilation dei primi singoli Coterie era stato accolta bene da critica e pubblico, ed il successivo Need For Not vedeva un passo in avanti con tracce di Echo & The Bunnymen e una psichedelia garage condotte dalla batteria torrenziale di Francolini. “Smile” è una vecchia canzone già inserita in Coterie in versione live, e qui registrata in studio a trascinarci in una sorta di trance mistica. Terry Bickers, che già aveva dato segni di squilibrio mentre militava nei The House of Love tentando di togliersi la vita, perderà via via interesse nel progetto, e, complice il tentativo di accasarsi presso una major, lo farà franare del tutto. La band farà uscire Meanwhile Gardens due anni più tardi con alcune canzoni registrate da Bickers prima di prendere la decisione di lasciare il gruppo.
Aaron Freeman e Mickey Melchiondo sono due ragazzi che dal 1984 fanno musica insieme sotto gli pseudonimi di Gene e Dean Ween. La loro band prende il nome dal loro falso cognome ed è stata un vero punto di riferimento per le loro parodie, a volte tanto esilaranti quanto scurrili, dei generi di moda. Tra vari trucchi elettronici, follie surreali, l’ostentata innocenza, i due hanno saputo creare una musica tanto orecchiabile quanto intelligente, prendendo di mira tutto e tutti. Ai due piace mettere insieme mille spunti diversi, miscelarli, triturarli, cantare con voce deformata, una sorta di novelli Zappa del college. Pure Guava esce nel 1993 per una grande major (la Elektra), ma viene sempre registrato sul loro casalingo quattro tracce. Nonostante la registrazione spartana, il duo mostra sempre la loro irrefrenabile fantasia, ascoltate “The Stallion Pt. 3” e non chiedetevi per carità dove sono le parti 1 e 2…
A proposito di fantasia a briglie sciolte. Eleanor e Matthew Friedberger sono VERI fratelli. Nascono a Chicago e sviluppano sin da subito la loro straordinaria abilità nello sviluppare il loro istinto garage e l’amore per il blues in una sorta di gioiose minisuites mutanti, dove far andare a briglie sciolte la loro viscerale creatività. Blueberry Boat è il loro secondo album, forse il più riuscito, dove l’amore per gli scioglilingua e per le scatole cinesi li porta ad intraprendere un viaggio unico dove all’interno di una singola canzone se ne incastrano molte altre. Ascoltate per esempio “Chris Michaels”, una dei migliori del disco. Il brano parte sembrando un classico rock’n’roll, per poi impennarsi in incredibili distorsioni psichedeliche e infine chiudersi come una languida ballata per pianoforte. Dal 2011 i due hanno abbandonato il progetto per dedicarsi ad esperienze soliste, non di rado di buona fattura, come i due album di Eleanor che dimostra una volta in più come fosse lei l’anima pop del duo.
The Blue Nile sono nati a Glasgow, trasferendo in musica la malinconia della città industriale scozzese. La voce e la chitarra di Paul Buchanan. il basso di Robert Bell, e le tastiere di Paul Joseph Moore hanno saputo creare una sorta di pop alternativo di enorme classe e suggestione sin dall’esordio di “A Walk Across The Rooftops”. Band non certo prolifica, pubblicherà il secondo album Hats solo cinque anni più tardi, nel 1989, confermando le meraviglie dell’esordio. Un suono levigato e alla continua ricerca dalla perfezione, ma certamente non asettico. Le sette tracce di cui è composto il disco di esordio sono un viaggio notturno e cinematico di grande emozione e sentimento, con la voce di Buchanan che con dolcezza ma senza pietà mette a nudo cuori ed anime come nella meravigliosa “Heatwave”.
Ammetto la mia perversa debolezza nell’amare gli artisti particolarmente schivi, timidi ed estranei al grande pubblico. Nel 1994 la fragilità e allo stesso tempo la forza di Lisa Germano mi ha definitivamente conquistato. “Geek The Girl” è un disco straordinario, dove i brividi esistenziali della donna protagonista del concept non possono non conquistare con la loro malinconia, con i piccoli momenti scintillanti di vita dove speranza e delusione sembrano unirsi in un mix agrodolce dal sapore unico, ascoltate la title track per credere. La cantautrice dell’Indiana, nata musicalmente come violinista al seguito di John Mellencamp, ha suonato, tra gli altri, con Simple Minds, David Bowie, Neil Finn, Sheryl Crow, Iggy Pop, Jewel e gli Eels. Quattro anni fa, con No Elephants, è tornata con nuovo e ritrovato vigore lirico, riportandoci proprio ai suoi capolavori usciti negli anni ’90.
E anche per stavolta è tutto. Nel prossimo podcast che sarà online venerdi 2 giugno andremo a ricordare alcune tappe della carriera di Chris Cornell, vivere la leggiadra follia di Kevin Ayers, a celebrare il ventennale di OK Computer dei Radiohead e molte altre storie. Intanto potete sfruttare la parte riservata ai commenti qui sotto per darmi suggerimenti, anche scrivere critiche (perché no), o proporre nuove storie musicali, mi farebbe estremamente piacere riuscire a coinvolgervi nella programmazione e nello sviluppo del mio sito web.
Vi do quindi appuntamento a tra due settimane, con un nuovo podcast da scaricare e nuove storie da raccontare, ma non mancate di tornare ogni giorno su RadioRock.to The Original. Troverete un podcast diverso al giorno, le nostre news, le rubriche di approfondimento, il blog e molte novità come lo split-pod. Siamo anche quasi in dirittura di arrivo per quanto riguarda l’atteso restyling del sito, e per questo (e molto altro) un grazie speciale va a Franz Andreani, che ci parla dei cambiamenti della nostra pod-radio e della radio in generale nel suo articolo per il nostro blog. Tutte le novità le trovate aggiornate in tempo reale sulla nostra pagina Facebook.
Se volete ascoltare o scaricare il podcast, potete farlo anche dal sito della stessa PodRadio cliccando sulla barra qui sotto. Buon Ascolto
TRACKLIST
01. STEARICA: Delta da ‘Fertile’ (Monotreme Records – 2015)
02. WIRE: Map Ref. 41ºN 93ºW da ‘154’ (Harvest – 1979)
03. HÜSKER DÜ: Chartered Trips da ‘Zen Arcade’ (SST Records – 1984)
04. X-RAY SPEX: Oh Bondage Up Yours! da ‘Germfree Adolescents’ (EMI – 1978)
05. THE GOLDEN PALOMINOS: Clean Plate da ‘The Golden Palominos’ (Celluloid – 1983)
06. 90 DAY MEN: Dialed In da ‘(It (Is) It) Critical Band’ (Southern Records – 2000)
07. THE FLESH EATERS: Digging My Grave da ‘A Minute To Pray A Second To Die’ (Ruby Records – 1981)
08. THE BLACK VEILS: The Disintegration of the Persistence of Memory
da ‘Dealing With Demons’ (Atmosphere Records – 2017)
09. TODO MODO: Non Dite Niente da ‘Prega Per Me’ (Goodfellas – 2017)
10. LEVITATION: Smile da ‘Need For Not’ (Rough Trade – 1992)
11. WEEN: The Stallion Pt. 3 da ‘Pure Guava’ (Elektra – 1992)
12. THE FIERY FURNACES: Chris Michaels da ‘Blueberry Boat’ (Rough Trade – 2004)
13. THE BLUE NILE: Heatwave da ‘A Walk Across The Rooftops’ (Linn Records – 1983)
14. LISA GERMANO: Geek The Girl da ‘Geek The Girl’ (4AD – 1994)