Solo oggi è stato annunciato che il 7 novembre se ne è andato in silenzio Leonard Cohen, maestro della poesia in musica, semplicemente uno dei più grandi poeti, cantautori e scrittori del nostro secolo. Anche se il principale passaporto dell’artista canadese per la gioventù odierna è stata la versione di “Hallelujah” registrata da Jeff Buckley nel suo (ahimè) testamento sonoro intitolato “Grace”, sarebbe bello (specialmente sui social network) per una volta evitare di mettersi su un piedistallo ed accusare persone a casaccio con lo sterile e triste “ecco, per anni lo avete ignorato e oggi tutti fan di Cohen…”, ma cercare di trasformare un momento triste in un’occasione per condividere magari con chi non ha approfondito o conosciuto Cohen, la scrittura e la meraviglia sonora di uno degli autori più influenti della storia della musica. Pochi, pochissimi, hanno avuto la sua capacità di scrittura e la sua solidità melodica, nel raccontare storie dure e vere di disagio sociale, amore, misticismo, sesso e religione. Ci mancherà, e molto, la sua voce profonda, la sua eleganza, la sua magia.
So Long, Leonard…
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