Bentrovati al secondo appuntamento con SOUNDS & GROOVES dedicato alla mia personale PLAYLIST 2015. Il secondo dei tre podcasts dedicati alla mia personalissima classifica andrà a scoprire le posizioni dalla 28 alla 15, anche se mi sono divertito un po’ a stravolgerne l’ordine. Una ventina di anni fa i THE CHILLS non solo erano uno dei gruppi di punta del rock della Nuova Zelanda, ma avevano anche scatenato un movimento estremamente interessante di gruppi ed etichette. Martin Phillipps, leader della band dalla chitarra planante e voce cristallina decide di tornare dopo ben 19 anni di silenzio. Silver Bullets è un album che ce lo restituisce in grandissima forma. Ascoltando Underwater Wasteland molti dovrebbero prendere appunti su come è possibile costruire canzoni dalle melodie e dinamiche perfette. SHILPA RAY ha addosso una pressione niente male visto che uno come Nick Cave ha scommesso su di lei dicendo che diventerà enorme. Non so se la ragazza di Brooklyn sarà destinata davvero a diventare una stella di prima grandezza del panorama musicale come promette il suo pigmalione, ma Shilpa Ray is Last Year’s Savage (recensione) risulta essere un disco davvero gradevole e personale, condotto con sapiente personalità ed istrionico nell’alternare ballate ombrose ed esplosioni tribali. Ascoltatela sbraitare nella trascinante e solare Johnny Thunders Fantasy Space Camp e ditemi se vi sembra una che risente della pressione… La songwriter australiana COURTNEY BARNETT aveva già convinto lo scorso anno con The Double EP: A Sea of Split Peas, ma è con il nuovoSometimes I Sit And Think… che si conferma artista dal grande talento compositivo, capace di esplorare sentimenti diversi con la sua voce e la sua chitarra, ora scanzonata ora dolente. Uno splendido talento melodico e 11 tracce tutte da ascoltare. tra cui spicca la trascinante Depreston. Lei è arrivata purtroppo fuori tempo massimo, quando ormai la Playlist 2015 era ormai chiusa. Sto parlando di HEATHER LEIGH, riferimento della scena avant-improv-noise per quanto riguarda uno strumento molto particolare, ovverosia la pedal steel guitar. Visto che nello scorso podcast c’erano in scaletta per errore i Suuns + Jerusalem in My Heart (che si sono posizionati al 27° posto), ho potuto inserire con piacere questa fantastica ragazza americana trapiantata in Scozia, che con I Abused Animal (recensione) cerca e trova una nuova personale via al songwriting, spazzando via le asprezze noise e rivoltando la tradizione dark folk con un “pugno di ferro in un guanto di velluto”. All That Heaven Allows fa letteralmente sobbalzare dalla sedia già dalle prime note, come se il Jimi Hendrix di Woodstock si fosse reincarnato in una ragazza bionda che stupra la pedal steel. Un approccio personale e visionario ed un disco che potrà essere capace di conquistarvi. Il gruppo australiano BLANK REALM, formato dai tre fratelli Spencer e da Luke Walsh esce dal mondo delle etichette indipendenti grazie alla Fire Records e da alle stampe un disco semplice ma mai banale chiamato Illegals In Heaven (recensione), dove il pop psichedelico viene declinato in quasi tutte le sue possibili forme e varianti. Il quartetto di Brisbane espone un manifesto di come è possibile ai giorni nostri fare un album di canzoni assolutamente perfette come lo scintillante primo singolo estratto dall’album intitolato River Of Longing. Con il nuovo Platform, HOLLY HERNDON si apre di più rispetto al precedente scurissimo Movement. Il suo concetto di relazione fisica e sociale verso la tecnologia viene spiegato ed articolato nelle 10 splendide sculture per laptop e voce, tra cui spicca l’affascinante Chorus. Il 2015 ha visto anche il ritorno di JULIA HOLTER con un album che conferma la sua crescita esponenziale e la sua capacità di sviluppare un songwriting colto e popolare allo stesso tempo. Have You In My Wilderness è un album più solare del precedente, ma capace di un fascino arcano e profondo con canzoni che sembrano mutare forma sotto i nostri occhi. Ancora un centro pieno per Miss Holter. L’opener Feel You è per me una delle canzoni più belle dell’anno. La Brainfeeder di Steven Ellison aka Flying Lotus, è più di un’etichetta: è una grande famiglia dedita all’esplorazione, aggiornamento e diffusione della black music. Non stupisce che abbia pubblicato il monumentale nuovo album di KAMASI WASHINGTON, un talentuoso sassofonista che ha collaborato con alcuni grandi del passato (Herbie Hancock), e altre star emergenti (Kendrick Lamar). Il suo nuovo album The Epic, è un gigante formato da 3 CD per quasi tre ore di musica, dove il jazz viene declinato in tutte le sue forme ed influenze. La copertina ispirata da Sun Ra, il progetto ambizioso (forse troppo), potrebbero far collassare il tutto, ma in realtà l’album è davvero accattivante, dispersivo a volte, ma che è capace di raggiungere anche chi non ama il jazz tout-court. Change Of The Guard è la traccia che apre questo tour de force. Gli SKELETON WRECKS nascono dall’unione tra il polistrumentista di Northampton Gouédé Oussou (musicista che si è sempre mosso nel sottobosco inglese dedito all’industrial-noise) e la cantante e bassista Dora Jahr. Nel loro album di esordio autointitolato troverete schitarrate epiche e psichedeliche dal vago sapore mediorentale, ricordi della trance californiana proposta da Bruce Licher (Savage Republic, Scenic) e compagnia negli anni ’80, naturalmente virate ai giorni nostri in chiave noise e altri perfetti affreschi noise-rock scritti ed eseguiti alla perfezione. Lasciatevi trasportare dall’incredibile Dunedin Star. Da una decina d’anni si sono riformati i ROCKET FROM THE TOMBS, gruppo cardine formato a Cincinnati nel ’74, e fondamentale per la nascita del punk US, dal cui scioglimento sono nati i Pere Ubu e i The Dead Boys. Nel quarto lavoro intitolato Black Record c’è l’inserimento dei nuovi chitarristi Gary Siperko e Buddy Akita che hanno sostituito Gene ‘Cheetah Chrome” O’Connor e Richard Lloyd, dando una sferzata di energia al gruppo condotto alla grande da un David Thomas in gran forma sotto le mentite spoglie di Crocus Behemot. Un album pieno di sferraglianti inni acidi e devastanti tra cui anche la versione (finalmente) definitiva del “vecchio” anthem punk Sonic Reducer. La tensione, l’atmosfera generata da John Hannon con il moniker di LIBEREZ. Da sempre a suo agio tra scura elettroaustica e raggelanti battiti industriali, il nuovo All Tense Now Lax tratteggia paesaggi desolati tra feedback, aperture di violino, desolati tocchi di pianoforte, droni, le percussioni di Pete Wilkins e la voce di Nina Bosnic. Un’esperienza tumultuosa ed ostica che scuote l’animo, ascoltate la tenebrosa title track. Vera rivelazione dell’ultima parte dell’anno è stato questo quartetto di Los Angeles chiamato FELL RUNNER. (recensione)
“Ci sono momenti di tale astratta complessità armonica (Cobwebs) e di tale bellezza (Fall Back) che non hanno paragoni, alle mie orecchie, con nessun gruppo in circolazione oggi”
Parole di Jeff Parker dei Tortoise. Può bastare per incuriosirvi? Un disco breve ma bellissimo, dove troverete echi di Battles, di Storm&Stress, ritmiche complesse, riferimenti afro. La traccia di apertura Song Of The Sun è un perfetto esempio di come Steven van Betten (voce e chitarra), Gregory Uhlmann (voce e chitarra), Patrick Kelly (basso) e Tim Carr (batteria e voce), riescano, in una canzone apparentemente semplice ed orecchiabile, a spezzare il ritmo in mille pezzi per poi ricomporlo a loro piacimento. I francesi OISEAUX-TEMPÊTE tornano alla grande con un album doppio intitolato Ütopiya? che riesce a affascinare e coinvolgere con le sue storie ispirate al mare ed al mito di Ulisse. Gli amanti di certo post-rock (Bark Psychosis, ultimi Talk Talk) troveranno pane per i loro denti tra viaggi psichedelici, ballate evocative e perfino un brano (Ütopiya/On Living) cantato da G.W. Sok dei The Ex. Le reminiscenze post rock, kraut, jazz e psichedeliche del quartetto comandato da Frédéric D. Oberland colpiscono nel segno, come nella lunga ed intensa Soudain Le Ciel. La trasmissione si chiude con un fantastico album doppio di JOSHUA ABRAMS intitolato Magnetoception. Il bassista dei Natural Information Society, espande la sua visione musicale utilizzando soprattutto il guimbri, liuto a tre corde usato prevalentemente nel Nord Africa. Abrams si fa accompagnare da altri splendidi musicisti come il grande batterista e percussionistaHamid Drake, i chitarristi Jeff Parker (Tortoise) e Emmett Kelly (Cairo Gang), la moglie Lisa Alvarado all’harmonium e Ben Boye all’autoharp. Il risultato è un lavoro lungo, intenso e profondo, dove l’impro-jazz si unisce alla musica etnica in una emozionante sinergia. Esplicativa in questo senso la lunga e fantastica cavalcata di Spiral Up che apre la terza facciata dell’album e chiude il podcast visto che l’album si colloca in 15° posizione. Tra due settimane troverete online la parte finale della classifica, che andrà a scoprire le posizioni dalla 14° alla 1°.
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TRACKLIST:
- THE CHILLS: Underwater Wasteland da Silver Bullets (Fire Records – 2015)
SHILPA RAY: Johnny Thunders Fantasy Space Camp da Is Last Years Savage (Northern Spy – 2015)
COURTNEY BARNETT: Depreston da Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit (Marathon Artists – 2015)
HEATHER LEIGH: All That Heaven Allows da I Abused Animal (Ideologic Organ – 2015)
BLANK REALM: River Of Longing da Illegals In Heaven (Fire Records – 2015)
HOLLY HERNDON: Chorus da Platform (4AD – 2015)
JULIA HOLTER: Feel You da Have You In My Wilderness (Domino – 2015)
KAMASI WASHINGTON: Change Of The Guard da The Epic (Brainfeeder – 2015)
SKELETON WRECKS: Dunedin Star da Skeleton Wrecks (Gibbon Envy Recordings – 2015)
ROCKET FROM THE TOMBS: Sonic Reducer da Black Record (Fire Records – 2015)
LIBEREZ: All Tense Now Lax da All Tense Now Lax (Night School – 2015)
FELL RUNNER: Song Of The Sun da Fell Runner (Orenda Records – 2015)
OISEAUX-TEMPÊTE: Soudain Le Ciel da ÜTOPIYA? (Sub Rosa – 2015)
JOSHUA ABRAMS: Spiral Up da Magnetoception (Eremite Records– 2015)