C’è un adesivo bello grosso che campeggia sulla copertina di questo disco, un Nick Cave in versione fumetto che annuncia: “Una delle cose più prodigiose che io abbia visto da molto tempo. E’ destinata ed essere immensa.”
Mica male come presentazione, e anche un giudizio categorico che mette un bel po’ di pressione sulle spalle di questa ragazza di Brooklyn dall’attitudine punk che ha avuto l’ardire di aprire proprio i concerti di Nick Cave and The Bad Seeds da sola sul palco con il suo harmonium ora coccolato, talvolta strapazzato a dovere. Intendiamoci, la ragazza non è arrivata lì dal nulla, aveva esordito con i suoi Beat The Devil tentano un improbabile ma intrigante connubio tra la sua indole punk e le sue tradizioni indiane salvo poi virare dopo solo un disco cambiando ragione sociale in Shilpa Ray and Her Happy Hookers con cui la nostra incide due album ed un 7″ dal 2009 al 2011. Dopo questa esperienza decide di diventare grande e fare tutto da sola, supportata da Nick Cave per la cui etichetta da alle stampe nel 2013 il 10″ chiamato ‘It’s All Self Fellatio Shilpa Ray’.
Il resto è stretta attualità con la Northern Spy Records che nei primi mesi del 2015 da alle stampe questo Shilpa Ray is Last Year’s Savage che sta girando in tondo mentre scrivo… Chiaro che ogni ragazza che si mette in gioco nel mondo Indie/Alternative in modo mediamente aggressivo deve necessariamente fare i conti con una serie di riferimenti precisi, PJ Harvey in primis, ma direi che Shilpa Ray in questo album dimostra di sapersela cavare egregiamente: personalità e talento sono dalla sua parte e la sua attitudine ed abilità nel navigare a vista tra punk, garage, blues, e country folk decadente da locale malfamato, aggiunta alla sua abilità all’harmonium rende la scrittura anche piacevolmente personale.
L’album è un piacevole saliscendi tra atmosfere diverse: dalla ballata blueseggiante che apre la prima facciata (“Burning Bride”), all’appiccicoso e unto ritornello di “Pop Song For Euthanasia”. Non bastasse, si sale senza timore sulle montagne russe di “Shilpa Ray on Broadway”, condotte da un ritmo tribale e con il fido harmonium a legare il tutto, per poi trovarsi senza pensarci a muovere febbrilmente il piede ed ad aggiungerci al coro ascoltando la trascinante ed irresistibile “Johnny Thunders Fantasy Space Camp”. Ancora l’harmonium sale in cattedra per la ballata country di “O My Northern Soul” prima che parta l’avvolgente e convincente noir di “Nocturnal Emissions”. Ancora un rock sporco ed acido, quello di “Colonel Mustard In The Billiard Room”, mentre la successiva “Sanitary iPad” prova a tendere le sue spire ammaliatrice ed avvilupparci. “Moksha” è uno dei brani più riusciti del lotto, dove Shilpa Ray riesce a mostrare in 3 minuti tutte le sfumature ed i registri della sua voce alternando diabolicamente esplosioni e momenti suadenti. Il momento da cabaret di “Pipe Dreams Ponzi Schemes” precede l’ultima lenta ed ombrosa ballata, “Hymn”, che chiude l’album esattamente con lo stesso tono con cui era iniziato.
Non so se la ragazza di Brooklyn sarà destinata davvero a diventare una stella di prima grandezza del panorama musicale come promette il suo pigmalione Nick Cave, ma ‘Shilpa Ray is Last Year’s Savage’ risulta essere un disco davvero gradevole e personale, condotto con sapiente personalità ed istrionico nell’alternare ballate ombrose ed esplosioni tribali. Nel dubbio io inizio a seguirla, non si sa mai…