Un piccolo spazio per riscoprire grandi cose
La vita incredibile dell’icona soul Charles Bradley
In questi giorni dove non ci muoviamo da casa se non per le necessità imprescindibili e in cui si alternano preoccupazione e speranza per questo nemico silenzioso che sembra essere ovunque intorno a noi, abbiamo però una grande opportunità. Sono giorni difficili, e speriamo irripetibili, ma che proprio per questo in qualche modo non vanno sprecati. Abbiamo l’opportunità di poterci riprendere in parte quel tempo che spesso ci è stato negato dai ritmi nevrotici della nostra quotidianità. In particolare abbiamo anche la possibilità di riscoprire e riascoltare meraviglie che da tempo non accarezzano i nostri padiglioni auricolari. Non possiamo prevedere quanto durerà questa situazione, per quanto tempo saremo costretti ad agire prevalentemente all’interno delle mura domestiche. La speranza che questi giorni possano essere il meno possibile mi ha convinto a mettere gli episodi di questa nuova rubrica chiamata Music Room in una semplice doppia cifra. Giornalmente su queste pagine ci sarà un’artista, un gruppo, una canzone, un’emozione da riscoprire, per combattere la noia e la paura con la bellezza. Cerchiamo di agire in maniera consapevole, restiamo a casa.
#andràtuttobene #iorestoacasa
Oggi nel piccolo grande spazio di Music Room voglio raccontarvi la storia incredibile di un grande del soul contemporaneo, Charles Bradley. Un uomo che ha dovuto saltare diversi ostacoli posti davanti a lui da un destino crudele e beffardo, che dopo averlo finalmente incoronato “The Screaming Eagle of Soul”, se l’è portato via nel 2017 a 68 anni.
Una vita a dir poco difficile quella di Bradley, trascorsa sempre sull’orlo dell’abisso, tra abbandoni, povertà e disperazione. Una vita in cui la sua voce divina non lo aiutava a pagare le bollette. Una storia fatta di sangue, sudore, lacrime e redenzione. Folgorato a 14 anni da un concerto live di James Brown, il nostro eroe, abbandonato dalla mamma ed affidato alle cure della nonna, cerca di trovare la propria strada tra mille lavoretti precari, abbandonando New York e inseguendo miglior fortuna tra Alaska, Canada, Seattle, California. Ne passa tante di traversie: rischia la morte per una reazione allergica alla penicillina, vede morire il fratello, lavora come aiuto cuoco nel Maine per 10 anni. Nonostante tutto Charles non abbandona mai il suo sogno, quello di calcare i palcoscenici come il suo idolo. Tornato a NYC, per sbarcare il lunario, si esibisce in alcuni locali come clone di James Brown sotto il nome di Black Velvet.
Un giorno la sua vita cambia radicalmente: Gabriel Roth aka Bosco Mann co-fondatore della Daptone Records (nota etichetta capace di rilanciare in modo clamoroso la soul music), nonché bassista e produttore di Sharon Jones & The Dap-Kings, lo nota in un locale dei bassifondi della Grande Mela. Nonostante la location non proprio ideale, Roth intravede le potenzialità di Bradley e si convince che possa diventare un artista assolutamente perfetto per entrare nel roster della sua etichetta. Un personaggio ed una voce ideale per il revival funk/soul che tuttora non conosce crisi. Roth lo presenta a Thomas Brenneck, chitarrista della Menahan Street Band: il resto è storia.
Il suo album di esordio No Time For Dreaming, naturalmente su Daptone, esce nel 2011, quando Bradley ha già 62 anni suonati, ed è subito un successo di critica e pubblico. Bradley esce dall’anonimato e diventa un’icona, un simbolo di chi, dopo aver lottato per tutta una vita per uscire dal buio di una vita insoddisfacente, alla fine ce la fa. Riesce a addirittura a concretizzare il suo sogno, calcando il palcoscenico di quell’Apollo Theatre che lo aveva visto spettatore elettrizzato del suo idolo James Brown molti anni prima. Charles viene presto ribattezzato “The Screaming Eagle of Soul”, ottenendo un successo clamoroso ad ogni show, tanto che il regista Poull Brien si prende la briga di dirigere e presentare un documentario chiamato “Charles Bradley: Soul of America”. Il film mostra al pubblico i mesi della elettrizzante trasformazione di Bradley, dai giorni da cuoco fino al successo dell’album di esordio e ai seguenti trionfi, certificandone lo status di eroe moderno.
Tutto questo lo rende sempre più sicuro di se stesso, e Victim Of Love prima e Changes dopo, ne hanno attestato e confermato l’indiscutibile talento. Impossibile non volergli bene, non essere colpiti dalla sua storia e dalla sue performance vocali che grondavano sudore e passione vera. Bradley con la sua passione empatica è riuscito a rendere tutto incredibilmente vitale. Il suo non è mai stato un sound impolverato e nostalgico, anzi, è un soul ricreato, lucidato a nuovo, splendente, dove Bradley ricama prestazioni vocali dolenti e appassionate.
Il suo ultimo album in studio uscito nel 2016, Changes, è l’album di un artista ormai completo e confidente del suo status di stella dell’attuale panorama soul, che riusciva a padroneggiare sia la classicità del genere che i diversi innesti stilistici con grande naturalezza. Il suo non era un revival, ma la sua vera essenza, la sua realtà, ed era questo a fare tutta la differenza del mondo.
Come già avvenuto con Sharon Jones (purtroppo anche lei scomparsa nel 2016), la sua non era semplicemente grande musica, ma anche il classico american dream, il trionfo avvenuto oltre la cosiddetta mezza età, contro ogni previsione, dove talento e spirito vengono premiati senza ricorrere ad alcun inganno. Una meritata ascesa, forse dal sapore ancora più dolce proprio perché avvenuta così tardi. Quando sembrava che avesse vinto l’anno precedente la prima battaglia con un cancro allo stomaco, avevamo sperato in un giusto premio alla sua vita difficile e alla sua incontenibile vitalità. Ma nell’agosto 2018 il cancro, vigliacco, si è ripresentato al fegato. Charles Bradley, ha avuto tutto quello che meritava a 62 anni, ma ha dovuto soccombere alla sua malattia a 68. In sostanza, è riuscita a vivere solo una piccolissima parte della carriera sotto i riflettori.
Bradley, come la Jones, nella vita aveva combattuto molte battaglie e aveva sempre vinto, è sempre stato troppo forte e ha sempre avuto un cuore troppo grande per lasciarsi andare. Ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita alternando le cure ai tour, mostrando sul palco la stessa feroce determinazione e intensità di sempre. On stage, era una forza magnetica di pura vita, piena di sangue e sudore, un’esplosione di urla e scuotimenti, capace di conquistare il cuore di chiunque lo vedesse on stage. “Il mondo ha perso un cuore enorme,” ha detto il suo mentore Gabriel Roth, co-fondatore della Daptone Records. “Charles era una delle persone più umili, dolci e forti che io abbia mai conosciuto. Il suo dolore era davvero una sofferenza per l’amore universale e l’umanità im generale. Le sue urla e i suoi gemiti, così pieni di soul, risuoneranno per sempre nei suoi dischi e nelle orecchie e cuori di chi ha avuto l’incredibile fortuna di condividere parte della vita con lui.”