A sorpresa tornano i Big Thief a pochi mesi di distanza dall’ottimo U.F.O.F.
Two Hands è il contraltare terreno del suo ottimo predecessore e mostra una band mai così prolifica e matura
Se ad agosto qualcuno era rimasto incantato dall’esordio su 4AD dei Big Thief, sicuramente sarà felice di ritrovarli in splendida forma a stretto giro di posta. La band di Brooklyn, nonostante le buone recensioni dei primi due album (Masterpiece del 2016 e Capacity uscito l’anno successivo), non era mai riuscita ad emergere davvero nel vastissimo panorama folk-rock statunitense. Ma Adrianne Lenker (voce e chitarra), Buck Meek (chitarra e cori), Max Oleartchik (basso), e James Krivchenia (batteria), con la pubblicazione di U.F.O.F. hanno mostrato innegabili passi avanti riuscendo a rendere più etereo e meno tradizionale un genere che in alcuni interpreti inizia a mostrare una preoccupante carenza di idee.
Nonostante il successo di critica e pubblico, pochi immaginavano che la band avesse in cantiere un progetto più articolato. In fase di preparazione, il quartetto aveva composto addirittura una quarantina di canzoni, ed era forte la suggestione di pubblicare un doppio album. Alla fine però è prevalsa una scelta più coraggiosa ed intrigante. Le migliori canzoni sono state divise in due album distinti, da registrare in location diverse. Questo ha permesso alla band di poter gestire e catturare lo stesso spirito compositivo in contesti differenti. Se U.F.O.F. era stato registrato al Bear Creek Studio, una baita trasformata in studio posizionato nella splendida location di un bosco secolare nei dintorni di Woodinville, Washington, cinque giorni dopo i quattro hanno preso armi e bagagli per trasferirsi in un contesto climaticamente opposto, quello del Sonic Ranch Studio, posizionato nella città di frontiera di Tornillo, Texas, nel deserto al confine con il Messico.
Nella contea di El Paso, insieme al produttore Andrew Sarlo, la band ha registrato Two Hands, definito da loro stessi come il gemello terreno dell’etereo album precedente. In effetti è difficile non notare come la scrittura e gli arrangiamenti siano diventati più asciutti, pur non modificando di una virgola la loro ormai consolidata abilità di scrittura. Il rischio era grande, ma a conti fatti direi che l’atmosfera essenziale e arida del deserto ha fatto vincere loro la scommessa. L’album è introdotto dalla dolce e malinconica “Rock And Sing”, dove la voce della Lenker affascina lentamente, accompagnata da quella ritmica lenta e cadenzata che ricorda il “virato seppia” dei Red House Painters.
A seguire si passa dallo scintillante incedere di “Forgotten Eyes” alla struggente e lenta bellezza di “The Toy” in cui viene messo a nudo uno dei più grossi problemi degli Stati Uniti, il commercio e l’uso delle armi da fuoco. La Lenker continua a scrivere suggestivi, profondi ed intimi microcosmi lirici legati al quotidiano, come la relazione in deterioramento della title track o la riflessione sulle violenze domestiche che innervano l’asciutta struttura della splendida “Shoulders”. E che dire delle pennate rumoristiche che crivellano la coda di una delle canzoni più riuscite del lotto, il lungo ed ipnotico crescendo di “Not“. In questo brano la Lenker esprime concetti esclusivamente attraverso l’uso di negazioni, iniziando ogni linea di testo con “not” o “nor”.
Meritano menzione anche i sognanti arpeggi di “Wolf” e il mid tempo di “Those Girls”. E se “Replaced” è tutta giocata con il rincorrersi delle voci della Lenker e del chitarrista Buck Meek, “Cut My Hair” chiude il programma rallentando i ritmi a dismisura e mostrando ancora la vulnerabile intimità dell’autrice che non ha problemi ad ammettere la sua parte maschile: “Tell me I’m pretty, tell me I’m rare. Talk to the boy in me, he’s there”. Two Hands è un album registrato in presa diretta, che mostra la maturità di una band cresciuta enormemente nel saper gestire la propria capacità compositiva tra folk, pop, roots e la nuda interiorità dei testi.
Dopo il grande successo di critica e pubblico con U.F.O.F. la band di Brooklyn ha rischiato grosso facendo uscire due album così ravvicinati. Ma a conti fatti si può dire che la pubblicazione di Two Hands fa vincere loro la sfida, e se continueranno su questo solco non avranno problemi a ritagliarsi un ruolo di primo piano nel panorama folk rock.
TRACKLIST
1. Rock And Sing 2:03
2. Forgotten Eyes 3:32
3. The Toy 4:16
4. Two Hands 3:52
5. Those Girls 3:22
6. Shoulders 3:14
7. Not 6:07
8. Wolf 4:42
9. Replaced 4:54
10. Cut My Hair 3:36