Tom Rapp, proprietario della storica sigla Pearls Before Swine, è morto a 70 anni
E’ stato difficile trovare le poche righe scritte sulla sua morte, anche sui siti specializzati. Quasi nessuno sapeva del tumore che lo ha portato via due giorni fa, l’11 febbraio.
Il nome di Tom Rapp resta sconosciuto ai più anche se aveva scritto alcune delle pagine più rappresentative del folk psichedelico con i suoi Pearls Before Swine tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. La sua musica è stata purtroppo quasi dimenticata. Aveva lasciato il mondo discografico nel 1972 per laurearsi ed intraprendere una nuova carriera da avvocato specializzato nella difesa dei diritti civili.
Rapp era riapparso improvvisamente on stage nel 1997 durante il festival di musica psichedelica Terrastock con gli Shy Camp, la band dove suonava il figlio. Il festival veniva organizzato a Providence, Rhode Island, da Phil McMullen, editore del sito The Terrascope Online, pubblicato da Nick Saloman, leader dei Bevis Frond. Proprio l’etichetta di Saloman, la Woronzow, pubblicò il ritorno discografico di Tom Rapp dopo 26 anni di silenzio nel 1999 con l’album A Journal of the Plague Year, che vedeva la collaborazione dello stesso Saloman e di Damon & Naomi.
Ma riavvolgiamo per un attimo il nastro. Nella compilazione del primo episodio della RNR Time Machine avevo proprio colpevolmente omesso i Pearls Before Swine, uno dei gruppi più interessanti dell’epoca. Nel 1965 Tom Rapp, all’epoca cantante folk in cerca di visibilità, si trasferì dal Dakota del Nord dove era nato, a New York fondando i Pearls Before Swine insieme ai suoi ex compagni di scuola Wayne Harley (banjo, mandolino), Lane Lederer (basso e chitarra) e Roger Crissinger (piano e organo).
Il gruppo non ebbe mai una formazione stabile, l’unica costante fu proprio Rapp, eccentrica mente del gruppo. La band esordì per la storica etichetta ESP Disk con un album intitolato One Nation Underground in cui il suo folk psichedelico si rivestiva di misticismo, protesta sociale e malinconia. Il disco fu incredibilmente un best seller per l’etichetta, con circa 200.000 copie vendute. Le prime copie avevano all’interno un poster raffigurante il pannello dell’inferno del famoso dipinto di Hieronymus Bosch Garden of Earthly Delights, un dettaglio del quale appare sulla copertina del disco. Almeno sulla prima tiratura, perché l’album ha avuto svariate ristampe con numerose copertine diverse.
Il secondo lavoro del gruppo, Balaklava, stavolta lo potete trovare nel secondo episodio della RNR Time Machine. Il disco uscì nel 1968 proseguendo nella direzione dell’esordio, anche dal punto di vista visuale, la copertina infatti è una riproduzione del Trionfo della Morte di Bruegel il Vecchio. Rapp non andava dietro ai fermenti acid-rock o di rock psichedelico del momento, il suo era un folk onirico, dissonante e surrealista. Prendeva elementi folk alla Bob Dylan (che si vantava di aver preceduto pochi anni prima in un talent contest a Rochester) o alla Leonard Cohen (omaggiato nella cover di “Suzanne”) per trasfigurarli, immergerli nell’acido lisergico e piegarli alla follia dell’uomo, impegnato a sconfiggere i propri demoni e ad intraprendere assurde guerre come quella del Vietnam.
Dopo Balaklava il gruppo si disperse, ma Rapp radunò alcuni session men e pubblicò a nome della band altri quattro dischi tra il 1969 e il 1971. These Things Too (Reprise, 1969), The Use Of Ashes (Reprise, 1970), City Of Gold (Reprise, 1971), Beautiful Lies You Could Live In (Reprise, 1971) sono tutti di buona qualità anche se nessuno dei quattro riesce a raggiungere la vetta dei primi due album, anche se These Things Too ci si avvicina molto.
La magia e l’arte dei Pearls Before Swine sono rimasti sempre in un timido angolo. In pochi negli anni hanno provato ad avvicinarsi, ma nessuno li ha mai raggiunti. L’unicità di Tom Rapp è un patrimonio musicale da riscoprire e da cui farsi avvolgere.
Nota a parte sulla reperibilità degli album, purtroppo non sempre facile. Solo i primi due album hanno goduto nel corso degli anni di ristampe adeguate. L’etichetta statunitense Water ha ristampato gli ultimi quattro capitoli della saga PBS in un cofanetto intitolato Jewels Were The Stars, di difficile reperibilità in Europa a prezzi francamente non proprio popolari. Speriamo che qualcuna delle etichette specializzate in ristampe si prendano carico della straordinaria eredità emotiva della band.