Torna l’appuntamento quindicinale con le nuove avventure in musica di Sounds & Grooves, come sempre sulle onde sonore di RadioRock.to The Original.
79 minuti da passare insieme, andando a rivivere alcuni dei movimenti più interessanti usciti negli anni ’90 negli Stati Uniti. Dalla decostruzione del blues (U.S. Maple) al post rock di Chicago (Slint) e Louisville (June Of 44) passando per il lo-fi (Pavement). Prima di partire con questo viaggio in musica pubblicato sul sito della miglior podradio italiana www.radiorock.to, potete effettuare il download del podcast anche nella versione a 320 kb/s semplicemente cliccando sul banner qui sotto.
Il chitarrista Mark Shippy e il cantante Al Johnson, (ex Shorty), coadiuvati dal secondo chitarrista Todd Rittman e dal batterista Pat Samson hanno dato vita con gli U.S. Maple ad una riedizione free e ancora più delirante della no wave newyorkese. Ribattezzata da alcuni now wave, faceva capo all’etichetta chicagoana Skin Graft, per cui incidevano bands come Flying Luttenbachers, Scissor Girls e You! Fantastic. Il blues viene destrutturato in una nuova edizione spigolosa e frammentata, portando alle estreme conseguenze il lavoro di famosi e geniali artisti come Captain Beefheart. Dopo i primi due dischi per la Skin Graft la band approda alla Drag City, per cui incidono nel 1999 il loro terzo capitolo intitolato ‘Talker’. In questo album i quattro aggiustano leggermente il tiro, curando di più il suono e associando alla loro atonale e nevrotica dissezione del blues anche momenti più rilassati, come nella coda finale della splendida “Breeze, It’s Your High School”.
Todd Rittmann è stato l’unico a far vivere l’eredità dei Maple, prima con i Singer e poi creando nel 2009 il suo progetto chiamato Dead Rider. Assente da tre anni, Rittmann con i suoi nuovi compagni di avventura: Matthew Espy, batteria, Andrea Faugh, tromba e tastiere, e Thymme Jones, elettronica, tastiere, fiati e batteria (questi ultimi due anche nei Cheer-Accident) torna sul luogo del delitto con uno splendido album intitolato “Chills On Glass”. La sua missione è sempre la stessa: scomporre e ricomporre, e stavolta ha molte più frecce al suo arco rispetto agli U.S. Maple. Un intro cyberfunk seguito da un trascinante refrain recitato ci immette nel mondo del singolo “Blank Screen”, la ritmica tribale e le convulsioni pop che si affacciano strizzando l’occhio per poi scomparire rendono il tutto assolutamente trascinante. Il suono dell’intero album è spesso inafferrabile, spiazzante, eccitante. Uno di quei dischi che per qualità e varietà stilistica non mi stancherei mai di ascoltare.
I June Of 44 sono una band formata nel 1994 dall’unione di Jeff Mueller alla chitarra e voce (dai Rodan), Doug Scharin alla batteria (ex Codeine), Fred Erskine al basso e tromba (dagli Hoover) e Sean Meadows (dai Lungfish) alla chitarra. Hanno esordito con un album (“Engine Takes To The Water”) di rock disarticolato e sperimentale che ha ereditato dai Rodan, e dagli Hoover molti spunti hardcore e rigurgiti free. L’EP “The Anatomy Of Sharks”, uscito a breve distanza dal secondo “Tropics And Meridians”, contiene tre pezzi registrati nelle stesse sedute di quell’album, e sono tra i migliori in assoluto della loro produzione. I brani mostrano il meglio della band, gli spunti vocali densi di teatralità di Jeff Mueller, le continue stasi e accelerazioni, sperimentalismi dissonanti, dilatazioni sospensive, cambi di ritmo e una persistente tensione drammatica come dimostra la splendida “Seemingly Endless Steamer”.
Gli Squirrel Bait, apparentemente una delle tante band hardcore con all’attivo un EP e unsolo album, in realtà sono entrati nella leggenda perché dal loro scioglimento si sono formate alcune tra le band più importanti del rock alternativo americano degli anni ’90. Il chitarrista Brian McMahan andrà a formare gli Slint insieme all’ex batterista dei Bait Britt Walford, mentre l’altro chitarrista David Grubbs formerà i Bastro, i Bitch Magnet e i Gastr Del Sol insieme a Jim O’Rourke. ‘Skag Heaven’, il loro unico album, è un ponte ideale tra una foga punk controllata in modo tanto rumoroso quanto melodico, e una forma rock più adulta che tenderà ad oltrepassare gli schemi dello stesso genere musicale. “Kid Dynamite” è il perfetto brano di apertura per un album che è entrato nella storia del rock.
Il secondo album completo dei Car Seat Headrest guidati da Will Toledo è un disco molto interessante ed ottimamente confezionato. Il primo registrato in maniera professionale dopo le prime autoproduzioni e l’album di debutto che ne andava a rivisitare i brani migliori. ‘Teens Of Denial’ è uno splendido album di indie rock, dove Toledo tratteggia con la sua ironica malinconia, una generazione che tenta di diventare adulta in un mondo che spesso non agevola questa transizione. La band tratteggia questo passaggio con momenti memorabili, come la splendida “Destroyed by Hippie Powers” brano trascinante che esalta le capacità compositive di Toledo. L’album è stato prodotto da Steve Fisk, anche lui personaggio importante del post rock americano con i suoi Pell Mell.
«Sfortunatamente ‘Spiderland’ è il canto del cigno degli Slint, che come tanti gruppi non hanno saputo resistere alle pressioni interne tipiche della vita di ogni band. Ma è un disco fantastico, che chiunque sappia ancora farsi coinvolgere dalla musica rock non dovrebbe perdere. Tra dieci anni sarà una pietra miliare e bisognerà fare a botte per comprarne una copia. Battete tutti sul tempo»
Così scriveva profeticamente Steve Albini sul Melody Maker (il più antico magazine musicale del mondo, che dal 2000 in poi si è unita con il NME), ed aveva perfettamente ragione. ‘Spiderland’ degli SLINT esce sottotraccia nel 1991, e sarà presto travolto dall’onda in piena del grunge, ma il tempo fortunatamente saprà essere galantuomo, e l’album resterà sempre lì, a galla come i componenti del gruppo nella famosa foto di copertina scattata da Will “Bonnie Prince Billy” Oldham. ‘Spiderland’ saprà essere a suo modo estremamente influente nei suoni a venire, per il suo modo di scardinare tutti i dogmi del rock così come era conosciuto fino a quel momento: dall’abbattimento della strofa-ritornello al cantato recitativo privo di emozione. I timbri armonici della chitarra di David Pajo, il contrappunto dell’altra chitarra di Brian McMahan (ex Squirrel Bait), la batteria ottundente e matematica di Britt Walford, l’ipnotico basso di Todd Brashear e la voce dello stesso McMahan a cucire il tutto, ora recitativa, ora isterica. Ma ‘Spiderland’ aveva avuto un illustre predecessore, il mini album ‘Tweez’, registrato nel 1987 ma pubblicato solo nel 1989 anche se da una piccola etichetta e con una promozione pari a zero. L’album troverà una distribuzione decente solo nella ristampa della Touch And Go successiva all’uscita di ‘Spiderland’. Le nove tracce del disco prendono ccuriosamente il nome dei genitori dei quattro componenti del gruppo e del cane di Walford. Ascoltate “Kent” (nome del papà di McMahan), per trovare in embrione la formula di un suono che sarà di fondamentale importanza per il rock degli anni ’90.
Erika M. Anderson è stata metà di un duo estremamente interessante chiamato Gowns. Insieme al sodale Ezra Buchla (figlio del compianto pioniere dei synth Don Buchla), aveva dato vita ad un progetto di avant folk sfatto, malinconico, struggente che purtroppo è durato lo spazio di un album, lo splendido ‘Red State’. Dopo l’uscita del disco, una crisi porta i due a separarsi sia sul palco che nella vita. Ne segue un periodo di crisi, che porta la songwriter a prendere il nome di EMA e a incidere nel 2011 il suo primo album solista chiamato ‘Past Life Martyred Saints’. Sono nove affreschi che rappresentano una crisi interiore in modo talvolta malinconico e talvolta aggressivo. Un album che mostra una vena camaleontica, con EMA che passa da cantante folk a songwriter disillusa, da sperimentatrice a splendida rocker, e tutto questo a volte avviene all’interno dello stesso brano. La ragazza sa ammaliare per bene, come dimostra la meravigliosa “Milkman” che chiude la prima facciata.
La carriera anfetaminica dei The Chrome Cranks parte nel 1988 a Cincinnati, Ohio, ma trova una dimensione stabile quattro anni più tardi grazie all’unione tra il cantante-chitarrista Peter Aaron, il chitarrista William Gilmore Weber III, il batterista Bob Bert, e il bassista Jerry Teel. L’ossessione di partenza della band, è quella di Peter Aaron per la figura di Jeffrey Lee Pierce, leader dei The Gun Club. L’immaginario di disperazione e dannazione si incrocia con l’anima punk creando uno sconquasso primitivo e tribale che incrocia garage e blues con il noise rock. Dopo tre splendidi album e un live, la band arriva al capolinea nel 1997. Sembrava una storia chiusa quella dei Chrome Cranks, ma ecco arrivare nel 2012 un inaspettato colpo di coda chiamato ‘Ain’t No Lies In Blood’. Mai detto fu più azzeccato, buon sangue non mente, la band torna con un’energia inaspettata a sferrare i suoi colpi. Non ci credete? Ascoltate i demoni di “Star To Star” implorare una dannazione eterna.
L’ultimo album pubblicato dagli A Perfect Circle, il supergruppo formato da Maynard James Keenan, e Billy Howerdel risale al 2004. In mezzo c’è stato qualche cambio di formazione (che adesso vede anche l’ex Smashing Pumpkins James Iha). La band ha annunciato da poco le date del primo tour nord americano dal 2011 e addirittura la band ha iniziato a lavorare sul primo nuovo album da ‘eMOTIVe’, uscito nel 2004. In un comunicato stampa, il chitarrista Billy Howerdel ha detto, “Tornare a scrivere musica insieme agli A Perfect Circle è un modo fantastico di iniziare il nuovo anno.” Quale migliore occasione allora, aspettando il nuovo disco, che tornare indietro all’album di esordio intitolato ‘Mer De Noms’, quando faceva ancora parte della partita la bassista Paz Lechantin (adesso con i Pixies e con Entrance), ed ascoltare la splendida “Orestes”.
E visto che abbiamo parlato di Maynard James Keenan, come non parlare dei Tool, visto che negli ultimi tempi ci sono stati molti rumors che riguardano un nuovo disco in arrivo, mentre la band stessa ha confermato alcune date live in estate. Vero che non sono mai stati troppo prolifici, ma ormai sono passati più di dieci anni dall’uscita di ‘10.000 Days’. Il gruppo ha sempre avuto una sua precisa identità, disegnando una nuova via per il metal, con un’energia psichedelica notevole, e un’attitudine visionaria particolare di grande impatto. Anche se onestamente mi hanno deluso dal vivo molti anni fa (chi c’era al Palaghiaccio di Marino nel giugno del 2006?), sono tra i pochissimi gruppi di quell’area sonora a riuscire a creare qualcosa di originale e importante. Se ‘Lateralus’ è stato probabilmente il loro apice creativo, ‘Ænima’ è il disco cui sono più legato, l’album della svolta, con alcuni brani che si allungano diventando più di atmosfera e psichedelici. In “Forty Six & Two” è evidente l’abilità tecnica del batterista Danny Carey, abilità che è messa al servizio del suono complessivo e mai fine a se stessa.
Stephen Malkmus e Scott Kannberg a Stockton, California hanno studiato la perfetta alchimia tra tensione e melodie, il tutto sorretto da un’ironia (così distante del movimento grunge) squisitamente pop ed un’attitudine lo-fi. Il secondo album dei Pavement si intitola ‘Crooked Rain Crooked Rain’ e viene pubblicato nel 1994, riscuotendo un grande successo tra pubblico e addetti ai lavori e rappresentando forse il disco della maturità della band. “Stop Breathin” rappresenta l’equilibrio tra melodie perfette ed un pop sghembo e intellettuale profondamente intriso di ironia.
Se da una parte è stato triste vedere lo scioglimento di una delle band più spericolate e affascinanti del periodo a cavallo tra i ’70 e gli ’80, i The Pop Group di Mark Stewart, allo stesso tempo alcuni dei componenti della band sono confluiti in un altro combo spettacolare: i Rip Rig & Panic. Gareth Sager (chitarra, sax, tastiere, voce) e Bruce Smith (batteria, percussioni) dopo l’esperienza Pop Group accolgono Sean Oliver (basso), Mark Springer (pianoforte, sax, voce) e una giovanissima Neneh Cherry, all’epoca moglie di Smith, per creare una incredibile ed esplosiva miscela di post-punk, free jazz, afro beat, funk. Tra brevi bozzetti strumentali e brani più pirotecnici la band ha pubblicato tre album in successione uno più travolgente dell’altro. Se probabilmente l’apice era stato raggiunto con l’esordio intitolato ‘God’, anche il successivo ‘I Am Cold’ è un grandissimo disco, dove la band si dimostra magari meno esuberante ma più matura. “Storm The Reality Asylum” è un trascinante brano, soul non nell’acezione classica del termine ma trascinante come solo loro sanno essere. Un gruppo da riscoprire senza dubbio.
Il texano Josh T. Pearson è stato leader dei Lift To Experience, gruppo che si è sfaldato quasi subito lasciando come testamento sonoro un album cult intitolato ‘The Texas-Jerusalem Crossroads’ (fortunatamente appena ristampato). Dopo lo scioglimento della band dovuto ad una serie di eventi, Pearson è rimasto silente a lungo prima di dare alle stampe un disco fatto di lunghe litanie commoventi ed intrise di sincera poesia. ‘Last Of The Country Gentlemen’ è un disco fatto di brani lunghi, sofferti, veri nella loro crudezza, accompagnati dalla chitarra e dal violino del “maestro” Warren Ellis, Dirty Three e nuovo deus ex machina dei Bad Seeds di Nick Cave. Perdersi e ritrovarsi in nove lunghi afflati confessionali, ascoltate i dieci minuti di “Country Dumb”.
Chiudiamo il podcast con un gruppo che è durato troppo poco. Gli Young Marble Giants si formano a Cardiff, Galles, formati dai due fratelli Moxham (Stuart chitarra e organo e Phil al basso) e la cantante Alison Statton. E’ un post punk minimale quello distribuito nelle quindici brevi canzoni che compongono il loro unico album ‘Colossal Youth’, alcune delle loro melodie senza tempo guidate da una drum machine, dal basso importante di Philip, dall’organo di Stuart e dalla voce glaciale e quasi sussurrata di Alison Statton. “Salad Days” è un perfetto esempio della capacità dei tre di scrivere canzoni senza tempo. L’album è stato recentemente ristampato sia in versione doppio cd che in vinile, motivo in più per non perdersi questo pezzo della storia del rock.
E anche per stavolta è tutto. Nel prossimo podcast che sarà online venerdi 7 aprile andremo ad ascoltare insieme un album molto atteso come il nuovo Pontiak. Intanto potete sfruttare la parte riservata ai commenti qui sotto per darmi suggerimenti, anche scrivere critiche (perché no), o proporre nuove storie musicali, mi farebbe estremamente piacere riuscire a coinvolgervi nella programmazione e nello sviluppo del mio sito web.
Vi do quindi appuntamento a tra due settimane, con un nuovo podcast da scaricare e nuove storie da raccontare, ma non mancate di tornare ogni giorno su RadioRock.to The Original. Troverete un podcast diverso al giorno, le nostre news, le rubriche di approfondimento, il blog e molte novità come lo split-pod. Siamo anche quasi in dirittura di arrivo per quanto riguarda l’atteso restyling del sito, e per questo (e molto altro) un grazie speciale va a Franz Andreani, che ci parla dei cambiamenti della nostra pod-radio e della radio in generale nel suo articolo per il nostro blog. Tutte le novità le trovate aggiornate in tempo reale sulla nostra pagina Facebook.
Se volete ascoltare o scaricare il podcast, potete farlo anche dal sito della stessa PodRadio cliccando sulla barra qui sotto. Buon Ascolto
TRACKLIST
01. U.S. MAPLE: Breeze, It’s Your High School da ‘Talker’ (Drag City – 1999)
02. DEAD RIDER: Blank Screen da ‘Chills On Glass’ (Drag City – 2014)
03. JUNE OF 44: Seemingly Endless Steamer da ‘The Anatomy Of Sharks EP’ (Quarterstick Records – 1997)
04. SQUIRREL BAIT: Kid Dynamite da ‘Skag Heaven’ (Homestead Records – 1986)
05. CAR SET HEADREST: Destroyed By Hippie Powers da ‘Teens Of Denial’ (Matador – 2016)
06. SLINT: Kent da ‘Tweez’ (Jennifer Hartman Records – 1989)
07. EMA: Milkman da ‘Past Life Martyred Saints’ (Souterrain Transmissions – 2011)
08. THE CHROME CRANKS: Star To Star da ‘Ain’t No Lies In Blood’ (Bang! Records – 2012)
09. A PERFECT CIRCLE: Orestes da ‘Mer De Noms’ (Virgin – 2000)
10. TOOL: Forty Six & 2 da ‘Ænima’ (Zoo Entertainment – 1996)
11. PAVEMENT: Stop Breathin da ‘Crooked Rain Crooked Rain’ (Matador – 1994)
12. RIP RIG + PANIC: Storm The Reality Asylum da ‘I Am Cold’ (Virgin – 1982)
13. JOSH T. PEARSON: Country Dumb da ‘Last Of The Country Gentlemen’ (Mute – 2011)
14. YOUNG MARBLE GIANTS: Salad Days da ‘Colossal Youth’ (Rough Trade – 1980)