Wayne “The Train” Hancock è così, prendere o lasciare. Un artista che si è volontariamente voluto fermare sul pianerottolo del rockabilly a metà degli anni ’50, poco prima che l’ultima rampa di scale lo portasse a travestirsi da rock’n’roll per andare a conquistare il mondo.
Sin dal debutto di “Thunderstorms and Neon Signs” nel 1995, Hancock cammina instancabile con la chitarra a tracolla all’interno del suo piccolo-grande universo, percorrendo le mille strade blu della tradizione americana e rivisitando country, rockabilly, honky-tonk, western swing, hillbilly boogie con passione ed abilità, sfornando dischi di semplici canzoni scritte ed eseguite con passione, sangue, sudore, illuminate dalle luci al neon. I suoi vecchi stivali polverosi non vengono intaccati dalle mode, lui se ne infischia di tutto e di tutti, non ci sono messaggi profondi, non c’è ricerca intellettuale, ci sono solo le sue semplici storie quotidiane della gente comune.
Eccolo dunque tornare, a tre anni di distanza dal precedente “Ride”, mantenendo immutabili le sue coordinate musicali. Canzoni che non sono mai polverosi pezzi da museo, ma composizioni scintillanti, cantate e suonate con rara maestria accompagnato dalle due chitarre di Bart Weinburg e Greg Harkins, dalla pedal steel di Rose Sinclair, dal contrabbasso di Samuel “Huck” Johnson, e saltuariamente dal dobro di Lloyd Maines.
In poco più di mezz’ora Hancock si riallaccia alla tradizione del western swing di Bob Wills distillando tutto il suo repertorio, scaraventandoci di peso a ritroso nel tempo già dal classico hillbilly boogie della title track, per poi passare dal blues country di “Dirty House Blues” a quello languido di “Dog Day Blues”. E ancora il country classico di “Killed Them Both” e “Small Bouquet Of Roses” riesce ad unire amore e morte con sincera crudezza senza lasciare spazio a sovrastrutture. C’è spazio anche per una cover, quella di “Divorce Me C.O.D.”, classico honky-tonk scritto ed eseguito per la prima volta nel 1946 da un gigante del country come Merle Travis.
“I love the road and my plans are never to retire, and anyone who says that I will is nothin’ but a liar…cuz that’s how I make my livin’, slingin’ rhythm”
Wayne Hancock
L’erba non è cresciuta sotto gli stivali di “The Train”, che battono indemoniati al tempo dello swing strumentale di “Over Easy” e di un meraviglioso e trascinante numero rockabilly intitolato “Two String Boogie”. Si rimane talmente coinvolti dal ritmo e dalla freschezza delle canzoni da non notare nemmeno l’assenza di un batterista. Tutto qui? Assolutamente no, perché trovano ancora posto il country ultraclassico di “Thy Burdens Are Greater Than Mine” e il romantico incedere jazzato di “Love You Always”. Il neon della copertina lampeggia senza sosta sul country blues di “Wear Out Your Welcome”, mentre la scritta “vacancy” si illumina quando il nostro intona divertito lo scat di “Slingin’ Rhythm Intro” che chiude l’intero lavoro, ad indicare che c’è ancora posto in questo vecchio Motel della periferia americana. Venite pure, non abbiate paura, ci sono ancora stanze libere per apprezzare a pieno l’ennesimo centro di questo fantastico tradizionalista. Wayne ha unito le sue forze ancora una volta a quelle del suo storico produttore Lloyd Maines (Terry Allen, Uncle Tupelo, Dixie Chicks, Ray Wylie Hubbard) registrando il disco al volo, senza mai ripetere una canzone per la seconda volta. Forse è (anche) questo che fornisce all’album una inarrestabile energia. Il Motel potrà sembrare pure vecchio e polveroso da fuori, ma vi assicuro che entrandoci dentro è tutta un’altra storia.
“L’unico altro uomo al mondo che ha dentro più Hank Williams di me è Wayne ‘The Train’ Hancock. Pochissimi artisti possono definirsi veri puristi, ma Wayne lo è senza ombra di dubbio.”
Hank Williams III