In un 2016 che è sembrato essere per il mondo della musica un lento, crudele e triste addio a molti degli artisti che ne hanno fatto la storia (Bowie, Cohen, Prince solo per citare i più noti), in realtà sono stati ancora una volta pubblicati molti dischi estremamente belli e interessanti. Certo sono cambiate, e anche molto, le modalità di ascolto della musica, adesso possiamo trovare letteralmente tutto a disposizione, in qualsiasi momento ed in qualsiasi modo. I servizi di streaming hanno giorno dopo giorno soppiantato sia la vendita dei cd che quella del download della musica “liquida”, lasciando la vendita del supporto fisico ai (quasi) soli appassionati, che sempre più spesso prediligono il caro vecchio vinile. Fare una classifica, visto il numero gigantesco di uscite annuali, è sempre più un’impresa ardua, forse un inutile esercizio di stile: difficile stabilire gerarchie, e soprattutto, fissare i “giusti” parametri da usare. Quali sarebbero? In base a cosa?
Impossibile ascoltare tutto, troppe le pubblicazioni e troppo poco il tempo quotidiano a nostra disposizione per ascoltare nuova musica con l’attenzione che spesso meriterebbe. I limitati ascolti poi vengono filtrati attraverso la nostra particolare sensibilità, assecondando i gusti personali e la nostra attitudine musicale. In questo spazio ho voluto semplicemente buttare giù, come appuntandoli su un taccuino, gli album che ho ascoltato di più e che sono riusciti maggiormente a coinvolgermi tra quelli usciti in questi ultimi 12 mesi, e condividere con voi la mia interpretazione, il mio modo di sentire. Nonostante ci siano un milione di classifiche sparse nel web, sia quelle compilate dalla varie (più o meno trendy) music webzines e magazines, che quelle postate sui vari profili personali dei social networks, credo che da ognuna di queste ci sia sempre da qualcosa da imparare, uno o più nomi da annotarsi per approfondire con curiosità.
Certo che, per esempio, la morte di David Bowie, di Leonard Cohen, o l’impatto emotivo della scomparsa del figlio di Nick Cave, non possono non aver avuto forza propulsiva nell’inserimento dei dischi di questi artisti nelle top 10 di quasi tutte le classifiche. Per esempio, nel caso di Bowie, forse il dolore per la scomparsa rischia di far passare in secondo piano l’ascolto approfondito del disco. Blackstar è stato il suo miglior disco da 20 anni a questa parte, e avrebbe comunque meritato a prescindere di veleggiare nelle alte sfere di qualsivoglia classifica. In calce ai 50 dischi che più hanno segnato la mia annata musicale, troverete un’altra lista composta da outsiders, album che non sono entrati nella Top 50, sfiorando la mia personale eccellenza, ma che per molti di voi potrebbero invece essere degni della portata principale. Nei 90 titoli che formano questa lunga lista, ce n’è per tutti i gusti. La mia particolare preferenza quest’anno è andata a chi ha saputo coniugare con passione sperimentazione e tradizione, ma nella playlist c’è spazio per la classicità, per l’indie-rock, il soul revival, il songwriting, i tradizionalisti, le musiche avant-qualchecosa. Mai come quest’anno sono stati i grandi vecchi a mettere d’accordo quasi tutte le riviste e le i siti web più popolari come da anni non accadeva, quei personaggi che hanno i mezzi intellettuali ed economici per scrivere musica sempre (o quasi) all’altezza della situazione. Al di la di questi, c’è un oceano di musica da scoprire, e molti (me compreso) non sono riusciti a rinunciare al fascino irresistibile dei tesori (o presunti tali) sommersi, avendo come risultato un’enorme varietà di nomi all’interno delle singole playlist.
Discorso a parte meritano le ristampe e quelle etichette (Light In The Attic, Superior Viaduct, Numero Group, Cherry Red tanto per citarne alcune) che hanno riportato alla luce o ampliato in maniera scintillante autentici capolavori, alcuni ripescati dall’oblio, altri semplicemente tirati a lucido. Ma prometto di parlarne diffusamente in un’altra occasione.
Ogni classifica porta una scintilla per rinvigorire quella fiamma appassionata dentro ognuno di noi. Da parte mia, per questo 2016, un ringraziamento particolare va a Emanuela Bonetti e a Claudio Fabretti che mi hanno voluto nelle splendide famiglie di Oca Nera Rock e di Onda Rock. Un abbraccio speciale va a quella che è la mia “famiglia” da sempre, prima in FM e poi sul web, ovverosia quella splendida podradio chiamata Radiorock.TO The Original.
#everydaypodcast
#1
CHRIS FORSYTH & THE SOLAR MOTEL BAND: The Rarity Of Experience (No Quarter)
Un lavoro splendido, dove il chitarrista di Philadelphia riesce a far convivere grazia e follia, tradizione e sperimentazione. In questo nuovo album Chris Forsyth insieme alla sua Solar Motel Band bilancia perfettamente l’amore per il suono chitarristico trascendente degli anni ’70 con la sperimentazione dei giorni nostri. Il doppio album è un maestoso monumento allo strumento principe del rock che viene portato in trionfo da una ritmica sostenuta su centinaia di chilometri di strade blu. (Leggi la recensione)
Listen: High Castle Rock
#2
RHYTON: Redshift (Thrill Jockey)
I Rhyton si dimostrano veri e propri maestri nell’arte di un revivalismo che non risulta mai pedissequo e fine a se stesso, ma in continua espansione e mutazione. Estremamente avventurosi e coraggiosi, riescono a cavalcare una bestia feroce assecondandone gli istinti più atavici e smussandone le velleità più crudeli. (Leggi la recensione)
Listen: End Of Ambivalence
#3
HORSE LORDS: Interventions (Northern Spy)
I quattro di Baltimora corrompono e mutano il cuore pulsante del rock con fantasia ed originalità, miscelando con perizia molteplici ingredienti in una sperimentazione mai astrusa e fine a se stessa. Gli Horse Lords agiscono come un malware che si annida nel cuore del rock, lo corrompe e lo muta in un’altra entità. (Leggi la recensione)
Listen: Truthers
#4
ONEIDA & RHYS CHATHAM: What’s Your Sign? (Northern Spy)
Finalmente si è concretizzata la sinergia tra gli Oneida, maestri del rock sperimentale newyorkese, e Rhys Chatham, colui che più di chiunque altro ha contribuito a canonizzare gli stilemi del post-minimalismo. Il disco forse è il più riuscito della band dai tempi del seminale ‘Each One Teach One’, con il perfetto connubio tra free rock, psichedelia, minimalismo e sonici assalti frontali.
Listen: Well Tuned Guitar (Oneida version)
#5
LAMBCHOP: Flotus (Merge Records)
Diavolo di un Kurt Wagner, non riesce a far uscire un disco brutto nemmeno usando una delle cose più aberranti di tutti i tempi: il vocoder. Mai pensavo che certe diavolerie e un certo tipo di elettronica glitch potessero sposarsi così bene con il suono perfetto e senza tempo dei Lambchop: band sempre più unica ed irripetibile. Pochi (quasi nessuno) sono in grado di scrivere canzoni così belle.
Listen: The Hustle
#6
CAVERN OF ANTI-MATTER: Void Beats/Invocation Trex (Duophonic)
L’ex Stereolab Tim Gane guida i suoi nuovi compagni di avventura Cavern Of Anti-Matter modellando un ideale universo retro-futurista, aperto a correnti cosmiche, derive kraut, incursioni psichedeliche e smaglianti aperture pop, con l’elettronica e gli strumenti analogici a fare da propulsore per una sperimentazione che mai come ora, appare profondamente vitale. (Leggi la recensione)
Listen: Liquid Gate (ft. Bradford Cox)
#7
OREN AMBARCHI: Hubris (Editions Mego)
Torna lo sperimentatore australiano Oren Ambarchi in un album dove si circonda di meravigliose collaborazioni (Jim O’Rourke, Ricardo Villalobos, Arto Lindsay e molti altri) per rivestire di contaminazioni avventurose, afrobeat, minimaliste ed elettroniche il suo sempre più coinvolgente motorik ritmico.
Listen: Hubris, Pt. 3
#8
THE DWARFS OF EAST AGOUZA: Bes (Nawa Recordings)
I tre musicisti dietro al nome di Dwarfs Of East Agouza (Sam Shalabi, Maurice Louca e Alan Bishop), hanno saputo creare un nuovo progetto che riesce a sposare la tradizione musicale del medio oriente, con la psichedelia e l’improvvisazione. Un flusso lisergico ed estatico, un’esperienza magica ed immaginifica da fare aprendo mente ed orecchie. Ascoltatelo al buio lasciandovi trasportare dal cammello nel deserto, su una barca sul Nilo, fino a decollare nel cosmo senza più tempo ne spazio. Non ve ne pentirete. (Leggi la recensione)
Listen: Baka Of The Future
#9
DAVID BOWIE: ★ (Blackstar) (ISO Records/Columbia)
Un disco che è quasi impossibile scindere dal giorno della pubblicazione, quello del 69° compleanno di David Bowie (8/1/2016), solo due giorni prima della sua morte. Ma è un disco che (anche cercando di assorbire l’enorme impatto emotivo), è forse il suo migliore negli ultimi 20 anni, registrato insieme a un gruppo di jazzisti newyorkesi guidati dal sassofonista Donny McCaslin, dove tra rock classico e sperimentazioni Bowie ci ha voluto lasciare un testamento meravigliosamente emozionante.
Listen: Blackstar
#10
BY THE WATERHOLE: Two (Playdate Records)
Il secondo lavoro della tedesca trapiantata in Norvegia Eva Pfitzenmaier è un vero gioiellino. Dietro al moniker di By The Waterhole, l’artista lavora con percussioni e loop creando un microcosmo di grande fascino usando la sua straordinaria voce tra elettronica, pop, afrobeat. Può ricordare Laurie Anderson, Björk e a volte Mariam Wallentin. Una delle cose più originali e affascinanti ascoltate nel 2016.
Listen: The End Of It All
#11
NICK CAVE & THE BAD SEEDS: Skeleton Tree (Bad Seed Ltd)
Altro disco segnato da una tragedia. La morte di Arthur, figlio adolescente di Nick Cave ha inevitabilmente cambiato il corso delle registrazioni di questo album, pervaso da un’atmosfera di dolore e sofferenza palpabile. Un disco crepuscolare, intenso da far male, pieno di paesaggi sonori raffinati creati da Warren Ellis, nuovo deus ex machina dei Bad Seeds. Un viaggio nell’abisso, nell’amore tanto forte da far male di un padre per il figlio.
Listen: I Need You
#12
JASON SHARP: A Boat Upon Its Blood (Constellation)
Il sassofonista canadese Jason Sharp ci porta guidati dal battito del cuore in un flusso estatico, ipnotico, e indimenticabile. Un arco narrativo ispirato dal poema “The Heart” di Robert Creeley e capace di includere droni, noise, elettronica, dissonanze, in perfetto equilibrio tra pulsazioni soniche e strumenti tradizionali, traducendo il respiro ed il battito del cuore in segnali elettronici processati e suonati insieme agli strumenti tradizionali. Un viaggio emozionale. (Leggi la recensione)
Listen: A Boat Upon Its Blood, Pt.3
#13
PETER BRÖTZMANN / HEATHER LEIGH: Ears Are Filled With Wonder (Trost Records)
L’approccio personale e visionario di Heather Leigh alla pedal steel guitar si unisce al sassofono del veterano della scena avant-jazz Peter Brötzmann in un unico, ininterrotto flusso sonoro dove i due suonano separatamente ascoltandosi per poi scontrarsi e riunirsi. Vera meraviglia per le orecchie.
Listen: Ears Are Filled With Wonder (excerpt)
#14
THE FAT WHITE FAMILY: Songs For Our Mothers (Without Consent)
Non è mai facile superare l’esame del secondo album, soprattutto quando le aspettative sono così alte, ma i Fat White Family da Brixton lo passa a pieni voti, riuscendo a maneggiare il loro esplosivo materiale sonoro con grande aggressività, incuranti del fatto che possa esplodergli tra le mani. Il disco forse non è così immediato e coinvolgente come l’esordio, ma risulta più maturo, consapevole. (Leggi recensione)
Listen: Tinfoil Deathstar
#15
ANNE-JAMES CHATON + ANDY MOOR + THURSTON MOORE: Heretics (Unsounds)
Tra avant-rock e spoken word il poeta-vocalist Anne-James Chaton insieme alle chitarre di Andy Moor (The Ex) e Thurston Moore (Sonic Youth) riesce a tratteggiare le oscure vicende degli eretici nella storia. Testi poetici e improvvisazione sperimentale, melodia e noise si alternano, usando nelle varie tracce tutte le diverse possibilità di alternanza tra voce, chitarra ed elettroniche. Un libro-cd-dvd estremamente affascinante. (Leggi recensione)
Listen: Dull Jack
#16
FIRE! ORCHESTRA: Ritual (Rune Grammofon)
Arriva al terzo capitolo l’epopea del collettivo svedese Fire! Orchestra messo in piedi da Mats Gustafsson. Dopo i primi due entusiasmanti capitoli che avevano sviluppato la parte kraut-jazz (‘Exit!’) e quella soul-jazz (‘Enter’), qui diminuiscono il numero di musicisti coinvolti (stavolta “solo” sedici) e il minutaggio del singoli brani. Forse ‘Ritual’ non spicca come il miglior episodio della serie, ma è una contaminazione di tutti i generi già trattati che come sempre colpisce nel segno, grazie anche all’apporto della voce di Mariam Wallentin.
Listen: Ritual, Part 1
#17
CHARLES BRADLEY: Changes (Dunham / Daptone Records)
Se cinque anni fa Charles Bradley ci aveva stupito, ed in qualche modo commosso, con il suo splendido esordio avvenuto in tarda età, ‘Changes’ è l’album di un artista ormai completo e confidente del suo status di stella dell’attuale panorama soul, che riesce a padroneggiare sia la classicità del genere che i diversi innesti stilistici con grande naturalezza. Il suo non è un revival, ma la sua vera essenza, la sua realtà, ed è questo a conquistare e a fare tutta la differenza del mondo. Sperando sempre che possa aver vinto definitivamente la sua battaglia contro il male che ci ha portato via Sharon Jones. (Leggi la recensione)
Listen: Ain’t It A Sin
#18
KAITLYN AURELIA SMITH & SUZANNE CIANI: Sunergy (Rvng Intl.)
L’incrocio tra due virtuose dell’elettronica analogica appartenenti a due generazioni diverse avviene in un salotto (quello della villa della “vecchia” Suzanne Ciani) con una vista mozzafiato sull’Oceano Pacifico. La sinergia tra il sole e l’energia, tra i synth delle due artiste (due Buchla, a creare un invisibile filo con la morte proprio del suo inventore Don Buchla, avvenuta parallelamente all’uscita del disco), crea suggestive onde che si infrangono sulla costa di Salinas, California. Un’elettronica che sa essere tanto meditativa quanto passionale.
Listen: Closed Circuit
#19
KRISTIN HERSH: Wyatt At The Coyote Palace (Omnibus Press)
La prosa di Kristin Hersh è stata ispirata dal suo figlio autistico Wyatt e dalla sua attrazione per un appartamento abbandonato abitato dai coyote che si trovava proprio accanto allo studio di registrazione di Rhode Island. Un succedersi di canzoni ora malinconiche e lievi, ora complesse e inquiete che soddisfa e ci dona la certezza di aver ritrovato un’artista di livello estremamente elevato, il cui unico piccolo difetto, forse, è stato quello di essersi fatta prendere troppo la mano dall’ispirazione e dalla scrittura riempiendo ben due dischi di musica. Probabilmente se avesse trovato il modo di mettere le canzoni migliori in un solo disco ci saremmo trovati di fronte ad un piccolo capolavoro. (leggi la recensione)
Listen: Soma Gone Slapstick
#20
SHIRLEY COLLINS: Lodestar (Domino)
In un anno che ha portato via tanti artisti estremamente amati, il ritorno sulle scene di Shirley Collins è stato una specie di miracolo. Lei è stata una delle voci fondamentali del folk britannico degli anni ’60. L’81enne ha registrato in maniera diretta, tra le mura della sua residenza nel Sussex, canzoni della tradizione britannica, americana e cajun, interpretate con la sua perizia ed il suo carisma. David Tibet dei Current 93 ha avuto un’enorme importanza nel far uscire dall’ombra una delle artiste più influenti in decenni di folk. Un album senza tempo nella sua intensa cruda poetica e bellezza.
Listen: Cruel Lincoln
#21
CHRISTOPHER CHAPLIN: Je suis le Ténébreux (Fabrique Records)
Una misteriosa iscrizione in latino risalente al sedicesimo secolo ed incisa su una lapide attualmente custodita nel Museo Civico Medievale di Bologna, ha ispirato l’esordio solista di Christopher Chaplin (ultimo degli innumerevoli figli di papà Charlie). Una misteriosa, oscura e intrigante opera in quattro parti che vede (tra gli altri) la collaborazione con il seminale guru dell’elettronica Hans-Joachim Roedelius. Tra poemi recitati, elettronica minimalista e suggestioni cameristiche, il disco si snoda in una poetica colta e inquietante, condotta magistralmente dai synth e dalle contaminazioni di Chaplin. Oltre alla voce e all’elettronica di Hans-Joachim Roedelius, partecipano all’album l’attrice e soprano francese Judith Chemla, il tenore italiano Pino Costalunga, e la voce della poetessa Claudia Schumann che recita alcuni suoi poemi.
Listen: Lucius Agatho
#22
SWANS: The Glowing Man (Young God Records)
Ennesimo monumentale album proposto da Michael Gira. ‘The Glowing Man’ è un doppio CD (o triplo vinile) in cui delle otto tracce presenti solo tre durano intorno ai 5 minuti, mentre le restanti si aggirano dai 15 ai 28. La rodata (anche on stage) catarsi stratificata e ascendente colpisce di nuovo nel segno, chiudendo il cerchio di questa formazione degli Swans. Tra i colpi ossessivi della title track e le scarne ambientazioni folk della tracce più brevi, Gira ci lascia l’ennesimo grande disco.
Listen: When Will I Return?
#23
WAYNE HANCOCK: Slingin’ Rhythm (Bloodshot Records)
Wayne Hancock continua nel 2016 a camminare instancabile con la chitarra a tracolla all’interno del suo piccolo-grande universo, percorrendo le mille strade blu della tradizione americana e rivisitando country, rockabilly, honky-tonk, western swing, hillbilly boogie con passione ed abilità, sfornando dischi di semplici canzoni scritte ed eseguite con passione, sangue, sudore, illuminate dalle luci al neon. Non fa eccezione il nuovo ‘Slingin’ Rhythm’, l’ennesimo centro di questo fantastico tradizionalista. (leggi la recensione)
Listen: Slingin’ Rhythm
#24
JENNY HVAL: Blood Bitch (Sacred Bones)
Il sentiero di sperimentazione e ricerca della norvegese Jenny Hval approda ad un’opera personale il cui elemento fondamentale è il sangue mestruale, che per una donna significa la fine dell’innocenza. Un disco di oscura bellezza, composto da un’anima in perenne ricerca, sonora, concettuale e visuale. Il sangue come vita e come morte (esplorando anche il vampirismo) caratterizza gli effetti sonori che sottolineano perfettamente tutto il peso emotivo e sociale della perdita dell’era spensierata. Anche passando da Rune Grammofon a Sacred Bones, la Hval da prova di essere un’artista ormai matura dotata di una fantasia e di un talento enorme.
Listen: Conceptual Romance
#25
PARQUET COURTS: Human Performance (Rough Trade)
Il percorso dei Parquet Courts da Brooklyn arriva ad un eccitante capolinea con un album dove si miscelano in maniera perfetta tutte le loro suggestioni e ispirazioni: indie rock, psichedelia e spruzzate post-punk. Il tutto condito da uno spiccato senso della melodia e da una capacità di scrittura che riescono ad elevare la band al di sopra della media. Pochi hanno la loro personalità, pochi riescono a rendere così attuali generi che hanno avuto il loro apice nel passato. Il loro suono è spesso spigoloso ma capace di aprire squarci melodici di grande effetto, il tutto condito da gran un senso dell’ironia.
Listen: Human Performance
#26
STRINGS & TIMPANI: Hyphen (Hubro)
Il duo Strings & Timpani è formato da Øyvind Hegg-Lunde (batteria e percussioni) e Stephan Meidell (chitarra), due musicisti che in questa prima esperienza insieme si sono sentiti liberi di improvvisare, espandendo il suono asciutto della formula chitarra/batteria con tessiture di synth ed elettronica. ‘Hyphen’ è un puzzle sonoro che intriga nel suo continuo ondeggiare tra suggestioni kraut, astrazioni ambient, viaggi interstellari, sequenze desertiche e coinvolgimenti etnici. (Leggi la recensione)
Listen: Leapfrog
#27
GNOD: Mirror (Rocket Recordings)
Il collettivo britannico Gnod torna dopo il gigantesco monolite di ‘Infinity Machines’ con un disco più “asciutto”, cambiando ma rimanendo in qualche modo fedeli a loro stessi. “Mirror” presenta brani che erano stati presentati in versione live, afferrandoci con le loro asfissianti spirali, consolidando la loro materia grezza infarcita di rumore primordiale, psichedelia liquida, dub cavernoso. Inafferrabili schiacciasassi, la band di Salford si conferma come una delle realtà più eccitanti della musica odierna.
Listen: Mirror
#28
THE MYSTERY LIGHTS: The Mystery Lights (Wick Records)
The Mystery Lights sono la prima band messa sotto contratto dalla Wick Records, la sussidiaria rock della famosa Daptone, label che ha saputo rilanciare la soul music. I Lights’ si gettano a cuore aperto sull’attitudine psichedelica e garage del passato rivivendola con intensa passionalità. Il gruppo capitanato da Mike Brandon sa come citare gli espliciti riferimenti senza essere mai derivativo, togliendo la polvere dallo scrigno dei ricordi con grande onestà intellettuale. Se amate le band garage degli anni ’60 e se certi fuzz chitarristici ed aperture di organo ancora vi fanno palpitare il cuore non perdeteli assolutamente. (leggi la recensione)
Listen: What Happens When You Turn The Devil Down?
#29
CLIPPING.: Splendor & Misery (Sub Pop)
Dopo la meraviglia suscitata dall’album di esordio, torna la crew di hip-hop sperimentale chiamata clipping. con l’atteso secondo lavoro. MC Daveed Diggs, insieme ai sodali Jonathan Snipes e William Hutson con ‘Splendor & Misery’ mettono insieme un concept tanto debole nella trama fantascientifica (protagonista è l’unico schiavo sopravvissuto su una nave cargo interstellare di cui si infatua il computer di bordo), quanto meravigliosamente a fuoco nell’estensione musicale che mostra una conoscenza della materia black plasmata in beat che suonano assolutamente nuovi e terribilmente affascinanti. Una scossa forte al piattume della scena hip-hop mainstream.
Listen: Air ‘Em Out
#30
KHOMPA: The Shape Of Drums To Come (Monotreme Records)
Servono una lucida consapevolezza dei propri mezzi, una tecnica innovativa, una vivida fantasia e una dirompente vitalità per poter solo immaginare la forma della batteria del futuro. Davide Compagnoni, batterista dei mai troppo lodati torinesi Stearica, ha accettato la sfida creando una devastante miscela esplosiva dietro al moniker di Khompa. Davide martellando le pelli del suo drum kit (associate a uno strumento virtuale) in modo da creare suoni compatti, devastanti e suggestivi. Un assalto all’arma bianca di sequencer e colpi di rullante che apre nuove possibilità di suono assolutamente inaspettate.
Listen: Air ‘Em Out
31. RAY LAMONTAGNE: Ouroboros (RCA)
32. KLARA LEWIS: Too (Editions Mego)
33. PJ HARVEY: The Hope Six Demolition Project (Island Records)
34. FIRE!: She Sleeps, She Sleeps (Rune Grammofon)
35. ANOHNI: Hopelessness (Rough Trade)
36. LEONARD COHEN: You Want It Darker (Columbia / Sony Music)
37. ÅRABROT: The Gospel (Fysisk Format)
38. TEHO TEARDO & BLIXA BARGELD: Nerissimo (Spècula)
39. NEIL MICHAEL HAGERTY & THE HOWLING HEX: Denver (Drag City)
40. MORKOBOT: Gorgo (Supernatural Cat)
41. LET’S EAT GRANDMA: I, Gemini (Transgressive Records)
42. FUZZ ORCHESTRA: Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà I Suoi (Woodworm)
43. BADBADNOTGOOD: IV (Innovative Leisure Records)
44. TERRY LEE HALE: Bound, Chained, Fettered (Glitterhouse)
45. THE EXCITEMENTS: Breaking The Rule (Penniman Records)
46. STEVE MASON: Meet The Humans (Double Six Recordings)
47. NOURA MINT SEYMALI: Arbina (Glitterbeat)
48. RYLEY WALKER: Golden Sings That Have Been Sung (Dead Oceans)
49. TORTOISE: The Catastrophist (Thrill Jockey)
50. FIELD MUSIC: Commontime (Memphis Industries)
OUTSIDERS:
- JAMBINAI: A Hermitage (Bella Union)
- TIM PRESLEY: The Wink (Drag City)
- ANGEL OLSEN: My Woman (Jagjaguwar)
- LARSEN: Of Grog Vim (Important Records)
- SLEAFORD MODS: T.C.R. EP (Rough Trade)
- STURGILL SIMPSON – A Sailor’s Guide To Earth (Atlantic)
- KAITLYN AURELIA SMITH: Ears (Western Vinyl)
- HUERCO S. – For Those Of You Who Have Never (And Also Those Who Have) (Proibito)
- MAJA OSOJNIK: Let Them Grow (Rock Is Hell)
- ASA-CHANG & JUNRAY: Mahou (P-Vine)
- CARLA DAL FORNO: You Know What It’s Like (Blackest Ever Black)
- STEVE GUNN: Eyes On The Lines (Matador)
- SUPERSILENT: 13 (Smalltown Supersound)
- MARLON WILLIAMS: Marlon Williams (Dead Oceans)
- MINOR VICTORIES: Minor Victories (PIAS)
- DEMDIKE STARE: Wonderland (Modern Love)
- MATT ELLIOTT: The Calm Before (Ici D’Ailleurs)
- HIS CLANCYNESS: Isolation Culture (Maple Death / Tannen)
- THE JAMES HUNTER SIX: Hold On! (Daptone)
- AFTERHOURS: Folfiri O Folfox (Universal)
- TEENAGE FANCLUB: Here (Merge)
- WINTER SEVERITY INDEX: Human Taxonomy (Manic Depression)
- KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD: Nonagon Infinity (Heavenly Recording)
- CALIBRO 35: CLBR35 Live From S.P.A.C.E. (Record Kicks)
- KEVIN MORBY: Singing Saw (Dead Oceans)
- AUTECHRE: elseq 1–5 (Warp Records)
- JULIANNA BARWICK: Will (Dead Oceans)
- KING CREOSOTE: Astronaut Meets Appleman (Domino)
- LUCINDA WILLIAMS: The Ghost Of Highway 20 (Highway 20 Records)
- TRUE WIDOWS: Avvolgere (Relapse Records)
- BOL&SNAH: So? Now? (Gigafon)
- THE FRIGHTNRS: Nothing More To Say (Daptone)
- DAGGER MOTH: Silk Around The Marrow (autoprod.)
- CAR SET HEADREST: Teens Of Denial (Matador)
- ROLY PORTER: Third Law (Tri Angle)
- BUÑUEL: A Resting Place For Strangers (Tannen Records)
- YUSSEF KAMAAL: Black Focus (Brownswood Recordings)
- THE VAN PELT: Tramonto – Live at Ferrara (Flying Kids)
- JOHNNY DOWD: Execute American Folklore (Mother Jinx Records)
- TERMINAL CHEESECAKE: Dandelion Sauce Of The Ancients (Box Records)