Una causa legale sostiene che l’app abbinata alle cuffie Bose possa raccogliere i dati personali degli utenti, per poi inviarli a società di terze parti
La società di apparecchiature audio americana Bose è stata colpita da una causa legale contro le sue cuffie e diffusori wireless, riferisce il sito della rivista Fortune. Il principale querelante è un uomo chiamato Kyle Zak, che afferma di aver seguito la proposta dell’azienda di “ottenere il massimo dalle cuffie” scaricando l’applicazione Bose Connect che accoppia gli smartphone con gli altoparlanti e le cuffie wireless di Bose, e fornendo informazioni come il suo nome, numero di telefono e indirizzo e-mail. La causa afferma che Bose ha progettato l’applicazione per raccogliere dati privati dagli utenti, inclusi i nomi delle canzoni e dei file audio che ascoltano, dati che vengono poi inviati a società di terze parti senza il consenso dell’utente. La Bose è stata accusata specificamente di inviare informazioni utente a una società di data mining. La denuncia afferma che la società ha violato la legge Wiretap, lo statuto di intercettazioni dell’Illinois e altre leggi relative alla frode dei consumatori, alla violazione della privacy e pratiche commerciali ingannevoli.
Se gli acquirenti dei prodotti Bose possono usare tranquillamente le cuffie senza scaricare l’app sul proprio smartphone (semplicemente connettendole usando il Bluetooth o il cavo audio), è pur vero che l’app fornisce ulteriori opzioni per usare le cuffie, ma così facendo apre una backdoor per la raccolta di dati sensibili. La denuncia sostiene che la musica, i programmi radiofonici e i podcast che la gente ascolta “possono rivelare informazioni sensibili come orientamento politico, opinioni religiose, pensieri, sentimenti e emozioni”. Gli avvocati di Zak hanno chiesto non solo un risarcimento danni, ma anche un decreto ingiuntivo per impedire alla Bose di raccogliere e distribuire dati personali in futuro.
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