Vent’anni dopo la sua prima candidatura, l’Accademia di Svezia ha conferito a Bob Dylan il premio Nobel per la letteratura — “per aver creato”, dice la motivazione, “nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana”. Fu il professore Gordon Ball, docente di letteratura dell’Università della Virginia, a indicare Dylan all’Accademia Reale Svedese come meritevole del premio nel settembre 1996. A quella prima candidatura se ne aggiunsero poi altre da studiosi americani di importanti università Usa, ottenendo anche l’appoggio del poeta Allen Ginsberg. All’epoca Ball spiegò che Dylan era stato proposto “per l’influenza che le sue canzoni e le sue liriche hanno avuto in tutto il mondo, elevando la musica a forma poetica contemporanea”. L’annuncio, accolto in sala da un vero e proprio boato, ha naturalmente creato una serie di polemiche infinite all’interno del mondo cosiddetto “accademico”, sfociate poi naturalmente, come logico in questa era di comunicazione, sui social networks.
Provo a dire la mia: Dylan non è un songwriter qualunque, Dylan ha inciso in maniera determinante sulla storia della musica moderna, ha ridefinito e ridisegnato da capo il ruolo di cantautore, ha scritto un’infinità di brani immortali. Mi perdoneranno i Welsh, Baricco (sigh) e i Roth di turno, ma personalmente ritengo che l’assegnazione del premio sia assolutamente condivisibile. Credo infatti che la musica rock abbia (naturalmente non sempre) un enorme valore e spessore culturale ed artistico, e da appassionato il semplice fatto che il valore letterario delle canzoni sia stato apprezzato e premiato mi riempie di soddisfazione.
Spiace che alcuni “intellettuali” non siano in grado di comprendere lo spessore letterario di Dylan, e di comprendere che anche i testi delle canzoni possano, in alcuni casi, essere letteratura. Non esiste una sola forma di cultura e di letteratura, l’anno scorso ha vinto il Nobel una giornalista, Svjatlana Aleksievič, e la canzone ha la stessa dignità delle altre forme letterarie, cosa che questa assegnazione del Nobel chiarisce in pieno, alla faccia dei corporativismi e di chi si rinchiude nel suo piccolo modo a sputare sentenze. Per quanto riguarda le polemiche, beh, in questo (brutto) mondo social dominato dagli haters sono pane quotidiano. e credo che ci sarebbero state in ogni caso. Se lo avessero dato al siriano Adonis, qualcuno si sarebbe lamentato perché lo avrebbero ritenuto il modo in cui il mondo occidentale si sarebbe lavato la coscienza, se lo avessero dato ad uno scrittore ultrafamoso sarebbe stata la vittoria del sistema, se lo avesse vinto un uomo si sarebbero lamentate le donne e viceversa, ma le polemiche, come le risposte, se le porta via il vento…
How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, and how many times must the cannon balls fly
Before they’re forever banned?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind