Serve una lucida consapevolezza dei propri mezzi, una tecnica innovativa, una vivida fantasia ed una dirompente vitalità per poter solo immaginare la forma della batteria del futuro.
Davide Compagnoni, batterista dei mai troppo lodati torinesi Stearica, ha accettato la sfida creando una devastante miscela esplosiva con i seguenti ingredienti: un batterista (e che batterista…), un drum kit convenzionale, 4 triggers, un laptop ed uno step sequencer. Ogni elemento della batteria viene triggerato ed associato ad uno strumento virtuale (sintetizzatore, samplers, ecc.) grazie all’ausilio di un software chiamato Ableton Live, che permette a Davide di suonare melodie ed orchestrazioni reali senza l’uso di backing track, live loops o click. Il nostro eroe per l’occasione si nasconde dietro il potente moniker di KHOMPA e, incappucciato, dirige suoni e tamburi officiando un oscuro ed avventuroso rituale facendo roteare le bacchette e martellando le pelli del suo drum kit in modo da creare suoni compatti, devastanti e suggestivi. L’album si intitola “The Shape Of Drums To Come” ed è stato appena pubblicato dalla Monotreme Records, etichetta prestigiosa che già aveva prodotto l’ottimo ‘Fertile’ degli Stearica. L’album può essere ordinato qui, ed è disponibile in CD ed in 500 copie viniliche (200 nere e 300 colorate rosso trasparente con schizzi neri). Il CD è incluso nella versione in vinile così come sono inclusi adesivi e pins fino ad esaurimento.
Ma veniamo alla musica. Già da un po’ era stato condivisa la prima traccia “Nettle Empire” che lasciava intravedere le linee guida dell’intero album: Davide si è trasformato in una “one man band” potente e precisa, dinamica ed estremamente sofisticata, capace di seminare mine ad orologeria composte da suoni astratti e pattern percussivi capaci di esplodere nei nostri padiglioni auricolari. Sebbene il disco sia prevalentemente elettronico e sperimentale, lo spirito è assolutamente punk hardcore già dal titolo, deviato dal seminale ‘The Shape Of Punk To Come’ degli svedesi Refused. Nell’attacco di “Religion”, nella sua dinamica percussiva e nell’assalto all’arma bianca di sequencer e colpi di rullante che vanno perfettamente a braccetto, sembra di essere al cospetto dei NIN dei bei tempi, mentre la successiva “The Shape” inizia martellando alla Lightning Bolt per poi virare a metà percorso mostrando tutta l’abilità di Davide ad alternare piatti, rullante e cowbell circondato dal suo nuovo esercito di droni oscuri. Il suono è sempre potente, e nuovi adepti aderiscono al culto del sacerdote dei tamburi a mano a mano che ci si inoltra nei solchi del disco, tra sfuriate punk e calcoli matematici sull’asse Damon Che/Doug Sharin come in “D.A.C.” o “Make The Operator More Productive”, una delle mie personali preferenze.
Anche quando il suono compatto della batteria viene sostenuto da un’elettronica così distorta da far pensare ai Fuck Buttons (“Louder”), c’è sempre un perfetto e sorprendente bilanciamento tra i suoni, tra elettronica e percussioni, che rendono questo oggetto sonoro davvero unico e prezioso. C’è spazio anche per le suggestioni hip-(boom)-hop di “Upside-Down World” che vede l’apporto alla voce di Taigen Kawabe, cantante e bassista della band noise rock giapponese Bo Ningen, gruppo che ha a fattor comune con Davide e gli Stearica, la collaborazione con un “mostro sacro” del mondo alternative come Damo Suzuki. Il gran finale di “Wrong Time Wrong Place” esce dagli schemi battuti fino a quel momento: Davide insieme al conterraneo e compagno di etichetta Davide Tomat all’elettronica, disegna un quadro astratto di grande efficacia e suggestione, soffocando leggermente la scura energia che pervade l’intero album con un lavoro sui tamburi estremamente sofisticato, elegante ed astratto, aprendo così nuove possibilità di suono assolutamente inaspettate. Anche nel liquido ambient dell’ultima traccia, il disco non perde mai l’attitudine energica, potente e quasi sofferente che pervade ogni solco, esplodendo in un afflato rivoluzionario, innovativo, coraggioso e perché no, anche un po’ arrogante.
Mettere di nuovo il disco sul piatto per assorbire tutte le sfumature è un imperativo, così come fa sorridere immaginare il ghigno sarcastico di Davide/Khompa sotto il suo cappuccio nero. Altri musicisti in tempi più o meno recenti hanno provato a creare suoni picchiando sui tamburi, dal francese André Diamant aka Duracell a Brian Chippendale, batterista dei già citati Lightning Bolt, che si è esibito sotto il nome di Black Pus, ma nessuno c’era mai riuscito prima in maniera così sofisticata ed innovativa. Se avete avuto la fortuna di vedere Davide on stage con gli Stearica, già sapete quanta energia, cuore e potenza riesca a tirar fuori dal suo drum-kit, immaginarlo produrre anche questi suoni dai suoi tamburi nella veste audiovisiva di KHOMPA è davvero maledettamente eccitante.