Un piccolo spazio per riscoprire grandi cose
Riscopriamo insieme Mick Farren e i suoi Deviants, fondamentali nella controcultura underground britannica degli anni ’60
In questi giorni dove non ci muoviamo da casa se non per le necessità imprescindibili e in cui si alternano preoccupazione e speranza per questo nemico silenzioso che sembra essere ovunque intorno a noi, abbiamo però una grande opportunità. Sono giorni difficili, e speriamo irripetibili, ma che proprio per questo in qualche modo non vanno sprecati. Abbiamo l’opportunità di poterci riprendere in parte quel tempo che spesso ci è stato negato dai ritmi nevrotici della nostra quotidianità. In particolare abbiamo anche la possibilità di riscoprire e riascoltare meraviglie che da tempo non accarezzano i nostri padiglioni auricolari. Non possiamo prevedere quanto durerà questa situazione, per quanto tempo saremo costretti ad agire prevalentemente all’interno delle mura domestiche. La speranza che questi giorni possano essere il meno possibile mi ha convinto a mettere gli episodi di questa nuova rubrica chiamata Music Room in una semplice doppia cifra. Giornalmente su queste pagine ci sarà un’artista, un gruppo, una canzone, un’emozione da riscoprire, per combattere la noia e la paura con la bellezza. Cerchiamo di agire in maniera consapevole, restiamo a casa.
#andràtuttobene #iorestoacasa
La mia idea folle chiamata Rock ‘n’ Roll Time Machine si è materializzata un paio di anni fa, e anche se la sua gestazione sta andando molto più lentamente di quanto io stesso avessi preventivato, non ho mai smesso di pensarci e di cercare di andare più lontano possibile. Questa rubrica, pubblicata naturalmente su radiorock.to, ha per me una duplice funzione: presentare quelle che sono le basi della musica che ascoltiamo tutti i giorni, e riscoprire, al di là dei dischi che sono (quasi) da tutti considerati come fondamentali, altri gruppi o artisti meno conosciuti da parte della grande massa (e anche da me) che hanno dato un contributo importantissimo allo sviluppo della cultura e della musica rock.
Mettendo a punto, con enorme fatica, la scaletta del primo episodio dedicato a quello che può considerarsi una sorta di anno zero per il rock come lo conosciamo oggi, il 1967, mi sono imbattuto nei The Deviants, band che si distingueva dagli altri gruppi del periodo per un notevole impegno sociale e politico associato ad un’attitudine garage e quasi punk con 10 anni di anticipo.
Leader del gruppo era un omone dai ricci capelli afro, Mick Farren, che aveva fondato il gruppo nel 1966 con il nome di Social Deviants, appendice musicale delle sue multiformi attività politiche e giornalistiche. All’interno del loro suono c’era la satira alla Zappa, il blues distorto e l’impegno sociale e politico. Ptooff!, il loro album di esordio, è sicuramente un lavoro da riscoprire per rituffarsi nella cultura alternativa della Londra di 52 anni fa. Come scrittore, nei primi anni ’70 Mick ha dato un contributo notevole alla stampa underground britannica. In seguito ha scritto per la nota rivista musicale NME. Farren ha anche scritto 23 romanzi, specialmente di fantascienza, tra cui 11 opere di saggistica, diverse biografie (tra cui 4 libri su Elvis Presley), libri autobiografici e di cultura, oltre a molte poesie.
Trasferitosi in California, dal 2003 al 2008 è stato editorialista del quotidiano di Los Angeles CityBeat. Nel 2010 Mick è tornato nel Regno Unito e ha continuato a scrivere. Da lungo tempo asmatico, Farren ha contratto un enfisema polmonare, e nonostante tutti i medici glielo avessero sconsigliato, ha continuato a esibirsi in svariate occasioni con una versione riveduta e corretta dei suoi The Deviants, (talvolta facendo uso di una bombola di ossigeno tra una canzone e l’altra). “Sono un pessimo cantante”, ha detto una volta al LA Weekly, “ma un’eccellente rockstar.”
Mick Farren è morto all’età di 69 anni, il 27 luglio 2013, dopo essere crollato sul palco mentre si esibiva con la sua band al The Borderline, noto club nel quartiere londinese di Soho. Probabilmente, da vecchio prankster quale era, non avrebbe potuto scegliere una fine migliore dei suoi giorni terreni.
Farren crea i Deviants nel quartiere londinese di Ladbroke Grove, centro significativo della controcultura britannica negli anni ’60. La timeline della band dal 1966 al 2013 conterà alla fine oltre venti musicisti che si sono alternati alla corte del Re. Farren e il batterista Russell Hunter, unici membri rimasti dopo i primi anni vengono affiancati dal talentuoso chitarrista Sid Bishop e dal bassista Cord Rees. Era il momento di provare a fare le cose sul serio e mettere su carta e vinile le tematiche sociali e musicali che da tempo girano sotto quei capelli da black panther. L’agognato equilibrio tra la satira sociale dei Fugs, il mondo garage, la visione anarchica e underground, il blues allucinato e le suggestioni provenienti dalla New York appena narrata dai Velvet Underground deve trasformarsi in realtà. L’aggancio perfetto è un nuovo amico di Farren. Lui si chiama Nigel Samuel, un ventunenne rampollo di una dinastia di miliardari, cui il gioco di sovvenzionare i The Deviants (nel frattempo il gruppo aveva accorciato la propria ragione sociale) piaceva moltissimo. Viene creata ad hoc una nuova etichetta, la Underground Impresarios, e, con il beneplacito di un nume tutelare come John Peel, la band pubblica Ptooff!, album indimenticabile già dalla meravigliosa copertina apribile a poster. In una delle parti dei fumetti che compongono l’artwork spicca una frase di Tuli Kupferberg, altro grande poeta ed autore di fumetti, anarchico e membro storico dei The Fugs: “When the mode of the music changes, the walls of the city shake!!”.
L’album di esordio riesce nell’impresa di incorporare inni garage e proto-punk come l’apertura “I’m Coming Home” in un contenitore ricolmo di energia, influenze blues, un pizzico di improvvisazione, testi politicizzati, e gags alla Fugs. Non mancano le ballate folk acustiche (“Child Of The Sky” e lo strumentale “Bun” scritte da Cord Rees), un bel blues sporco (“Charlie”), e i deliri industriali free-form alla Red Crayola di “Nothing Man”, con i nastri e le voci sovrapposte a creare il caos. C’è spazio anche per un altro blues dall’andatura allucinogena con i suoi barcollanti cambi di direzione chiamato “Garbage” e per il delirio finale dei nove minuti di “Deviation Street” in cui il tutto viene copiato ed incollato tra filastrocche, passi recitati, suoni di guerra, improvvisazione a chiudere l’album come meglio non si potrebbe. Proprio il contrasto tra le saturazioni sporche e le ballate in punta di sei corde aumenta in maniera esponenziale il fascino ed il valore della tracklist.
Suoni, immagini e parole in Ptoof! vanno a braccetto in una provocazione politicizzata come raramente si era vista in Gran Bretagna, consegnando i Deviants direttamente alla storia del rock. La famosa etichetta discografica Decca s’interessa a questa nuova band e ristampa l’LP in maniera ufficiale nel 1969 per una distribuzione europea su larga scala. Più recenti sono due ottime ristampe: quella in CD del 2009 della Esoteric Recordings curata dallo stesso Farren, e quella più recente in LP pubblicata nel 2018 dalla Tiger Bay disponibile anche in vinile trasparente.
Se volete approfondire la storia di Farren e dei Deviants potete leggere un articolo completo a questo link. Vi assicuro che ne vale la pena.